BARI – Il 9 maggio di quarant’anni fa, mentre a Roma veniva ritrovato il corpo di Aldo Moro, assassinato dalle Br, la mafia a Cinisi ammazzava un giovane militante e giornalista, Peppino Impastato. Peppino, attraverso una piccola radio autofinanziata, urlò al mondo intero i crimini e gli affari dei mafiosi di Cinisi e Terrasini in primo luogo quelli di un suo parente, il capomafia Tano Badalamenti.
Urlò al mondo quello che a Cinisi tutti sapevano, ma nessuno osava dire: i traffici illeciti della mafia e le collusioni con la politica. Denunciò l’indecenza e l’oscenita di quella mucillagine criminale che si serviva delle complicità, delle coperture e delle collusioni con pezzi del mondo “grigio” (politica, imprenditoria, affari, mondo delle professioni), che rappresentavano e rappresentano ancora oggi la spina dorsale del potere mafioso.
La lezione di Peppino Impastato è racchiusa tutta qui: nella sua (e nostra) convinzione che essere sentinelle della legalità e della giustizia sia un compito di tutti i cittadini di buona volontà, non solo delle forze dell’ordine e della magistratura, e che occorre combattere con l’arma della responsabilità civile, nell’esercizio delle nostre funzioni, qualunque esse siano. Soltanto così riusciremo a marginalizzare la criminalità e la violenza e a sottrarle il terreno di coltura. (giornalistitalia.it)
Michele Emiliano
Presidente della Regione Puglia