NEW YORK (Usa) – L’Fbi ha aperto la caccia alla talpa che ha fornito a Wikileaks migliaia di file della divisione cibernetica della Cia, da cui emerge l’uso di sofisticati sistemi di spionaggio attraverso i cellulari e gli apparecchi tv.
La fuga di notizie ha messo in agitazione l’amministrazione Usa e l’industria tecnologica, anche perchè i dati e i documenti, sulla cui autenticità sembrano non esservi dubbi, espongono i rischi di intercettazioni diffuse e la vulnerabilità dei principali sistemi di messaggistica.
Il contrattista arrestato con 50 terabyte di file riservati
Così, con Wikileaks che ha già annunciato altre ondate di file con nuove scottanti rivelazioni, si prova a individuare chi sia stato a far uscire da Langley i file sul potentissimo arsenale informatico degli 007. Insomma, il nuovo Chelsea Manning o Edward Snowden, i cui casi eclatanti di “leaks” ai media nel 2010 e 2013 hanno portato a un giro di vite sulla protezione dei documenti riservati, con la creazione della National Insider Threat Task Force per addestrare i funzionari pubblici a individuare potenziali talpe.
Nell’ottobre scorso l’Fbi aveva arrestato Harold T. Martin, un contrattista del Maryland della National security agency (Nsa) che si era portato a casa documenti su alcune delle principali cyber-armi dell’agenzia, poi finiti su Internet, anche se non è chiaro se lui abbia avuto un ruolo. Martin ha negato di aver violato le leggi anti-spionaggio ma il suo sarebbe il più grande caso di furto di dati nella storia Usa, con ben 50 terabyte. Le armi e i pizzini trovatigli in casa e il fatto che avesse studiato il russo sono ulteriori elementi che verranno portati al processo.
Il colpevole avrebbe lavorato per il governo
Anche stavolta la fonte di Wikileaks, stando alle prime indiscrezioni riportate dai media Usa, sarebbe un hacker che lavora o ha lavorato per il governo americano e le agenzie di intelligence devono nuovamente fare i conti con l’imbarazzo di un “tradimento” dai propri ranghi.
«Chiunque abbia pensato che Manning e Snowden erano casi unici si sbagliava di grosso», ha spiegato l’ex capo del controspionaggio Usa presso la Direzione nazionale dell’Intelligence, Joel Brenner, al Washington Post.
«Ben Franklin sosteneva che tre persone possono mantenere un segreto se due di loro sono morte», ha ricordato Brennan, «se i segreti sono condivisi su sistemi a cui hanno accesso migliaia di persone, quei segreti potrebbero non essere piu’ tali. Questo problema non e’ destinato a scomparire, e’ una condizione della nostra esistenza». (agi)