CATANIA – L’ammissione delle tre parti civili che hanno fatto richiesta (l’Ordine dei Giornalisti di Sicilia, Dario e Gerlando Montana, fratelli del commissario della Polizia di Stato Beppe Montana, ucciso dalla mafia, e Sos Impresa, associazione antiracket della Confesercenti) ha caratterizzato l’udienza preliminare che si è svolta mercoledì 14 ottobre 2015 davanti al Gup del Tribunale di Catania, Gaetana Bernabò Distefano, che deve decidere sulla richiesta di rinviare a giudizio l’editore Mario Ciancio Sanfilippo (a cui fa capo il quotidiano “La Sicilia”, ndr), per concorso esterno all’associazione mafiosa.
In un primo tempo la Procura di Catania aveva chiesto l’archiviazione, ma poi il Gip Luigi Barone in udienza camerale aveva sollecitato nuove indagini. I legali dell’imprenditore hanno presentato un’eccezione di nullità. Il pm si è opposto. Dopo una riunione in camera di consiglio la richiesta è stata respinta. Invece l’udienza per la convalida del sequestro dei 17 milioni di euro di beni dell’editore, 12 dei quali in titoli effettuato il 16 giugno scorso dalla Guardia di Finanza in una banca svizzera, è stata aggiornata al 27 gennaio 2016, per un difetto di notifica. Si svolgerà davanti al Tribunale per le misure di prevenzione. L’editore si proclama estraneo alle accuse contestate e dice di avere “fatto tutto alla luce del sole” e di “essere certo di potere dimostrare qual è la verità dei fatti davanti a un giudice terzo”.
La Procura è stata rappresentata in aula dai sostituti Agata Santonocito e Antonino Fanara. Per la difesa sono presenti gli avvocati Carmelo Peluso, del foro di Catania, e Francesco Colotti, dello studio di Giulia Bongiorno, che assiste l’editore. La “nullità della richiesta di rinvio a giudizio” per “genericità del capo di imputazione” è stata chiesta al Gup di Catania, Gaetana Bernabò Distefano, del collegio di difesa dell’editore.
In aula, l’avvocato Carmelo Peluso ha contestato una difformità di contenuti tra avviso di conclusione indagini e la richiesta di rinvio a giudizio, relativa alla ipotesi di contestare il reato anche per fatti antecedenti al 1982. Ma prima di quell’anno – ha affermato il penalista – il reato non esisteva e secondo la giurisprudenza sul caso Contrada può essere contestato soltanto a partire dal 1994”.
In camera di consiglio il Giudice ha rigettato l’eccezione di nullità. L’avvocato Carmelo Peluso, ha affermato che comunque “la data del 1982, anno in cui entra in vigore il reato, è implicita: a noi sta bene – ha aggiunto – e se sarà rispettata l’ordinanza significa che nessun atto antecedente a quella data potrà entrare nel processo”.
I Pm Antonino Fanara e Agata Santonocito hanno chiesto l’acquisizione di altri documenti: una dichiarazione resa ai Pm dal giornalista Walter Rizzo, che è stato anche ascoltato in commissione Antimafia, il decreto di sequestro di beni per 17 milioni di euro eseguito nel giugno scorso all’editore dalla guardia di finanza, e le dichiarazioni del collaboratore Francesco Di Carlo.
La difesa si è riservata di potere eccepire sulla loro utilizzo. Il Gip non ha ancora fissato il calendario, ma sono previste almeno altre tre udienze: la prossima, il 3 novembre, per la discussione del Pm, e altre due, una per gli interventi delle parti civile e una per la difesa, ancora da stabilire. (Ansa)
Concorso esterno all’associazione mafiosa: l’editore de La Sicilia si dichiara estraneo