La decisione adottata per i commercialisti vale anche per l’Inpgi. Possibile solo per legge

Cassazione: illegittimo il taglio delle pensioni

ROMA – Una recente decisione della Corte di Cassazione ha ribadito che é del tutto illegittimo il taglio delle pensioni sotto forma di contributo straordinario di solidarietà deliberato dalle Casse previdenziali privatizzate, come l’Inpgi, senza un’apposita norma di legge.

Pierluigi Roesler Franz

Questi enti non possono infatti adottare, sia pure in funzione dell’obiettivo di assicurare l’equilibrio di bilancio e la stabilità della gestione, atti o provvedimenti che, lungi dall’incidere sui criteri di determinazione del trattamento pensionistico, impongano una trattenuta su un trattamento che sia già determinato in base ai criteri ad esso applicabili, dovendosi ritenere che tali atti siano incompatibili con il rispetto del principio del pro rata e diano luogo a un prelievo inquadrabile nel genus delle prestazioni patrimoniali ex art. 23 Cost., la cui imposizione è riservata al legislatore.
Applicando questo principio, già in precedenza affermato dagli stessi “ermellini” di piazza Cavour a Roma, da ultimo con decisioni univoche n. 29292 e 19561 del 2019 e 31875 del 2018, la Suprema Corte con ordinanza n. 27340 del 30 novembre 2020, ha definitivamente respinto il ricorso della Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza dei Dottori Commercialisti nei confronti di un suo iscritto piemontese, condannandola a restituirgli la somma di circa 27 mila 750 euro trattenuta a titolo di contributo di solidarietà per oltre 4 anni e mezzo dal 1° gennaio 2009 al 31 agosto 2013. (giornalistitalia.it)

Pierluigi Franz

LA DECISIONE DELLA CORTE DI CASSAZIONE

Cassazione Sezione Lavoro ordinanza n. 27340 del 30 novembre 2020
(Presidente Umberto Berrino, relatore Luigi Cavallaro)

ORDINANZA

sul ricorso 29445-2015 proposto da:
Cassa Nazionale di Previdenza ed Assistenza a favore dei dottori commercialisti, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via Po 25-B, presso lo studio degli avvocati Roberto Pessi e Francesco Giammaria, che la rappresentano e difendono;
– ricorrente –

contro

Saracco Claudio, elettivamente domiciliato in Roma, Via Germanico 197, presso lo studio degli avvocati Alberto Mezzetti e Mauro Mezzetti, che lo rappresentano e difendono unitamente all’avvocato Stefano Tacchino;
– controricorrente –

avverso la sentenza n. 469/2015 della Corte d’Appello di Torino, depositata l’11 giugno 2015 r.g.n. 933/2014.

                                                                                                                                                                                       RILEVATO IN FATTO

che, con sentenza depositata 1’11 giugno 2015, la Corte d’appello di Torino, in riforma della pronuncia di primo grado, ha dichiarato illegittima la trattenuta effettuata dalla Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza per i Dottori Commercialisti in danno di Claudio Saracco a titolo di contributo di solidarietà per il periodo 1 gennaio 2009 – 31 agosto 2013, condannando la Cassa a restituirgli la somma di euro 27.765,93, oltre accessori;
che avverso tale pronuncia la Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza per i Dottori Commercialisti ha proposto ricorso per cassazione, deducendo due motivi di censura;
che Claudio Saracco ha resistito con controricorso;
che entrambe le parti hanno depositato memoria;

CONSIDERATO IN DIRITTO

che, con il primo motivo, la ricorrente denuncia violazione degli artt. 1, I. n. 147/2013, 3, comma 12, I. n. 335/1995, 1, comma 763, I. n. 296/2006, e 2, d.lgs. n. 509/1994, in combinato disposto con l’art. 22 del Regolamento di disciplina previdenziale della Cassa, per avere la Corte di merito ritenuto che, nell’ambito dei poteri conferitile in ordine alla misura delle prestazioni pensionistiche al fine di assicurare l’equilibrio finanziario di lungo termine, non rientrasse la potestà di prevedere contributi di solidarietà a carico dei pensionati;
che, con il secondo motivo, la ricorrente lamenta violazione degli artt. 1, I. n. 147/2013, 3, comma 12, I. n. 335/1995, 1, comma 763, I. n. 296/2006, e 2, d.lgs. n. 509/1994, in combinato disposto con l’art. 22 del Regolamento di disciplina previdenziale della Cassa, nonché degli artt. 24, comma 24, d.l. n. 201/2011 (conv. con L. n. 214/2011), e 3 e 38 Cost., per avere la Corte territoriale ritenuto l’illegittimità del Regolamento di disciplina previdenziale della Cassa nella parte in cui istituiva il contributo di solidarietà a carico dei pensionati;

La Corte di Cassazione al “Palazzaccio” di piazza Cavour a Roma (Foto Giornalisti Italia)

che i due motivi possono essere esaminati congiuntamente, in considerazione dell’intima connessione delle censure, e sono infondati, essendosi chiarito che gli enti previdenziali privatizzati (come, nella specie, la Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza dei Dottori Commercialisti) non possono adottare, sia pure in funzione dell’obbiettivo di assicurare l’equilibrio di bilancio e la stabilità della gestione, atti o provvedimenti che, lungi dall’incidere sui criteri di determinazione del trattamento pensionistico, impongano una trattenuta (nella specie, un contributo di solidarietà) su un trattamento che sia già determinato in base ai criteri ad esso applicabili, dovendosi ritenere che tali atti siano incompatibili con il rispetto del principio del pro rata e diano luogo a un prelievo inquadrabile nel genus delle prestazioni patrimoniali ex art. 23 Cost., la cui imposizione è riservata al legislatore (così, da ult., Cass. n. 31875 del 2018, cui hanno dato continuità, tra le altre, Cass. nn. 19561 e 29292 del 2019);
che il ricorso, pertanto, va rigettato, provvedendosi come da dispositivo sulle spese del giudizio di legittimità, giusta il criterio della soccombenza;
che, in considerazione del rigetto del ricorso, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, previsto per il ricorso;

P. Q. M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, che si liquidano in euro 3.700,00, di cui euro 3.500,00 per compensi, oltre spese generali in misura pari al 15% e accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, d.P.R. n. 115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale del 26.6.2020.

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