ROMA – “Non vi è alcuna ricostruzione dei fatti che possa indurre a ritenere che gli uffici dell’Inpgi fossero effettivamente a conoscenza della circostanza che la Sopaf non fosse, al momento della sottoscrizione dell’accordo, proprietaria delle quote. Molto più pragmaticamente, nel parere viene sostanzialmente evidenziato come l’attenta stesura del documento da parte di quest’ultima – con l’abile utilizzo di una terminologia generica che, in quanto tale, non ha indotto l’ente a nutrire sospetti sulla titolarità delle quote oggetto di compravendita – non sembri essere tuttavia idonea a configurare una vera e propria «falsa rappresentazione della realtà»”.
L’Inpgi respinge perplessità e interpretazioni sulla vicenda Sopaf sottolineando che è necessario tenere presente non solo dei “contro”, ma anche dei “pro” contenuti nel parere reso, il 5 marzo scorso, dall’avvocato Andrea Marani all’istituto, fondato sull’analisi degli atti del procedimento penale attualmente a carico della famiglia Magnoni, reso noto dal presidente del Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti, Enzo Iacopino.
All’intervento del sindaco revisore dell’Inpgi, Pierluigi Roesler Franz (vedi “Inpgi-Sopaf, ho fatto la figura del peracottaro” pubblicato da Giornalisti Italia il 22 marzo), l’istituto sottolinea “in primo luogo, che l’Inpgi, al fine di acquisire utili elementi di valutazione della questione in esame, ha conferito mandato affinché venissero illustrate le possibili azioni da intraprendere a tutela degli interessi dell’ente e, quindi, degli iscritti, per il risarcimento degli eventuali danni subiti nel corso di tale vicenda”.
«L’avvocato Marani – spiega l’Inpgi – nel fornire un quadro preciso e dettagliato in relazione a tutti gli elementi della vicenda, ha quindi messo in particolare risalto – sia in senso favorevole che sfavorevole – gli aspetti potenzialmente idonei a suffragare la tesi della sussistenza o meno di un danno giuridicamente rilevante causato all’Inpgi dalla Sopaf in relazione al comportamento contrattuale assunto da quest’ultima nel corso della negoziazione.
L’analisi ha investito una serie di fattori e, in tale ambito, la ricostruzione effettuata dal legale ha, tra l’altro, posto in evidenza alcuni dettagli tecnici relativi al contenuto delle clausole negoziali inserite negli atti che hanno portato al perfezionamento dell’acquisto, da parte dell’Inpgi, delle 225 quote del Fondo Immobili Pubblici attraverso una transazione commerciale articolata in più fasi e regolamentata sulla base, tra l’altro, di un accordo (c.d. “escrow agreement”) che prevedeva il coinvolgimento di un terzo intermediario (un Istituto di Credito) in funzione di soggetto garante del buon fine dell’operazione.
E’ noto che le quote sono state regolarmente incassate ad un prezzo scontato rispetto a quello evidenziato dalla società di gestione del Fondo al 30 giugno 2008 (Nav) secondo le normative di legge, disponibile alla data dell’operazione, sono presenti nel portafoglio dell’ente e hanno reso mediamente oltre il 9% annuo negli ultimi sei anni. Non solo. L’accordo contrattuale ha comportato anche l’incasso della cedola maturata nel semestre precedente (circa 900 mila euro) che non sarebbe stata dovuta.
L’esame di questo documento da parte del legale ha evidenziato l’esistenza di alcuni aspetti critici circa le possibilità di avviare una azione di risarcimento in favore dell’Istituto.
In primo luogo, la circostanza che la Sopaf, al momento della sottoscrizione del contratto, non fosse effettivamente proprietaria delle quote oggetto di negoziazione, non costituirebbe – di per sé – un elemento decisivo che possa autonomamente legittimare una pretesa risarcitoria.
Di contro, da una attenta e obiettiva lettura del parere del legale incaricato, non vi è alcuna ricostruzione dei fatti che possa indurre a ritenere che gli uffici dell’Istituto fossero effettivamente a conoscenza della circostanza che la Sopaf non fosse, al momento della sottoscrizione dell’accordo, proprietaria delle quote. Molto più pragmaticamente, nel parere viene sostanzialmente evidenziato come l’attenta stesura del documento da parte di quest’ultima – con l’abile utilizzo di una terminologia generica che, in quanto tale, non ha indotto l’ente a nutrire sospetti sulla titolarità delle quote oggetto di compravendita – non sembri essere tuttavia idonea a configurare una vera e propria “falsa rappresentazione della realtà”.
Inoltre, appare al riguardo ancor più rilevante l’ulteriore considerazione, svolta dal legale, in merito all’assenza di un preciso obbligo giuridico, in capo alla Sopaf, di rendere nota la circostanza che la stessa non fosse titolare delle quote.
Riassumendo, l’orientamento interpretativo espresso chiaramente dal legale incaricato fa emergere alcuni profili di criticità in merito alla possibilità, per l’Inpgi, di ottenere un eventuale risarcimento dei danni da parte della Sopaf, basandosi principalmente sulla circostanza della mancata comunicazione, da parte della stessa, dell’assenza di titolarità delle quote all’atto della sottoscrizione degli accordi di compravendita, sia in quanto la Società non era giuridicamente tenuta a dichiarare obbligatoriamente questa circostanza, sia in quanto la formulazione letterale degli stessi non conteneva comunque una esplicita affermazione in senso contrario. Sulla base di questi elementi affermare o ipotizzare che l’Istituto fosse a conoscenza della derivazione delle quote appare del tutto fuorviante.
Si deve tenere ben presente che il Fondo in oggetto (F.I.P. – Fondo Immobili Pubblici) è riservato ad investitori qualificati, di tipo chiuso e non quotato su alcun mercato borsistico. Pertanto, non era e non è disponibile sul mercato alcuna informazione sui detentori delle quote e sui prezzi della loro negoziazione tra gli investitori. L’unico dato disponibile, oggi come ieri, è la valutazione formale del valore delle quote, emessa ogni semestre, come prescrive la legge. Su quel valore l’Istituto si è basato, come in altri migliaia di casi che si verificano ogni giorno sul mercato.
L’estrapolazione da un lungo ed articolato documento di singoli elementi o frasi, operata da alcuni esponenti della categoria, ne fa smarrire la logica e il contesto e ne rende incomprensibile e fuorviante il contenuto.
Per quanto riguarda, infine, gli aspetti legati alle modalità di attuazione dell’”escrow agreement”, si precisa che il perfezionamento del contratto di compravendita quote Fip prevedeva l’esistenza di due conti separati aperti presso l’Istituto di Credito: un conto “intermedio vincolato” a favore dello stesso Istituto di Credito incaricato di svolgere l’attività di garante del buon fine dell’operazione ed uno di “destinazione finale” intestato alla Sopaf. L’avvenuto pagamento del corrispettivo delle quote direttamente sul conto corrente bancario di destinazione finale intestato alla Sopaf invece che su quello vincolato, oltre ad essere frutto di un mero errore materiale posto in essere in evidente buona fede dagli uffici dell’ente, è del tutto irrilevante ai fini di qualsiasi qualificazione della fattispecie.
Peraltro, è necessario sottolineare che dagli atti del procedimento a carico dei sigg. Magnoni, a cui i legali dell’Ente hanno avuto accesso a partire dall’inizio del mese di febbraio di quest’anno, è emerso che il giorno successivo a quello nel quale era stato effettuato il versamento in oggetto, la Sopaf ha provveduto a “girocontare” l’intera somma sul conto “intermedio vincolato” (vale a dire, quello corretto sul quale gli importi sarebbero dovuti transitare sin dall’inizio) con valuta al giorno precedente.
Ogni diversa interpretazione del parere reso dall’avvocato Marani – così come di ogni altro elemento finora disponibile – appare, evidentemente – conclude l’Inpgi – del tutto strumentale ad alimentare una ricostruzione dei fatti completamente estranea al contenuto, alla finalità e alle conclusioni dell’indagine svolta dal legale».