PALERMO – La Procura di Palermo ha iscritto nel registro degli indagati i giornalisti dell’Espresso, Piero Messina e Maurizio Zoppi, autori dell’articolo sulla presunta intercettazione telefonica tra il presidente della Regione Siciliana, Rosario Crocetta, e il suo medico, Matteo Tutino, nella quale quest’ultimo avrebbe augurato all’ex assessore alla salute, Lucia Borsellino, di fare la fine del padre Paolo, il magistrato ucciso dalla mafia nella “Strage di via D’Amelio”, il 19 luglio 1992, assieme ai cinque agenti di scorta Emanuela Loi, Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina.
L’accusa mossa nei confronti dei due cronisti è di “pubblicazione o diffusione di notizie false, esagerate o tendenziose, atte a turbare l’ordine pubblico”. Messina è, inoltre, chiamato a rispondere del reato di calunnia, perché avrebbe indicato quale sua presunta fonte un investigatore che, però, ha negato di avergliela mai riferita.
Il settimanale sostiene che il primario di chirurgia plastica Matteo Tutino avrebbe detto che “Lucia Borsellino va fatta fuori come il padre”, ma le Procure di Palermo, Catania, Caltanissetta e Messina hanno smentito l’esistenza della stessa. La Procura di Palermo ha convocato oggi i due giornalisti che, alla presenza del loro legale di fiducia, Fabio Bognanni, si sono, però, avvalsi della facoltà di non rispondere.
Rosario Crocetta ha anche annunciato “l’avvio di un’azione civile risarcitoria, che è molto più veloce di quella penale, chiedendo all’Espresso la somma di 10 milioni di euro di danni, non solo al settimanale ma anche ai due giornalisti dell’articolo e al direttore Vicinanza, non solo per omesso controllo, ma anche per avere più volte confermato l’esistenza della intercettazione”.
Piero Messina e Maurizio Zoppi oggi si sono avvalsi della facoltà di non rispondere