Vuoti regolamentari, stranezze, dimenticanze, omissioni, notizie ingannevoli dell’Odg

Caso Allam, intervenga il ministro della Giustizia

Magdi Cristiano Allam

Magdi Cristiano Allam

Pierluigi Roesler Franz

Pierluigi Roesler Franz

ROMA – Il caso Magdi Allam ha posto in evidenza un delicato problema giuridico preliminare di non facile soluzione per il quale sarebbe opportuno richiedere un parere al Ministero della Giustizia.
Si tratta della decorrenza della norma contenuta nel nuovo Regolamento dei Ricorsi al Consiglio di Disciplina nazionale che, pur non ammettendo più la possibilità di ricorso in appello al Consiglio nazionale di disciplina per chi presenta esposti se in 1° grado il Consiglio territoriale di disciplina li respinge nel merito o li archivia, ritiene ugualmente valido il ricorso in appello fino all’approvazione del nuovo Regolamento.
Ed è proprio questo “congelamento” provvisorio della norma che desta molte perplessità giuridiche per il notevole lasso di tempo intercorso tra la prima approvazione della novità da parte del Cnog nel dicembre 2012 per ottemperare al Dpr n. 137 del 2012 (governo Monti) e la successiva delibera finale dello stesso Cnog del 21 gennaio 2014, approvata dal Ministero della Giustizia con Decreto del 21 febbraio 2014, entrato in vigore il 31 marzo 2014, data della sua pubblicazione a pag. 2 sul Bollettino Ufficiale del Ministero della Giustizia n. 6.
Poiché manca sul punto una norma transitoria che stabilisca con precisione e certezza assoluta una data, che purtroppo non è stata precedentemente mai prefissata, si possono infatti determinare situazioni sperequative anche nel caso di Magdi Allam da cui discende la regolarità o meno del giudizio stesso davanti al Consiglio nazionale di disciplina. La delicata e complessa questione giuridica non ha alcun precedente specifico al Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti.
Questi i fatti. In data il 20 febbraio 2014, l’Associazione “Media & diritto” ha presentato ricorso al Consiglio di Disciplina nazionale contro la decisione di archiviazione dell’esposto nei confronti di Magdi Allam, adottata l’11 dicembre 2013 dal Consiglio di Disciplina Territoriale del Lazio.
In base all’art. 40, terzo comma, del Decreto Ministero Giustizia del 18 luglio 2003 era previsto che “nei procedimenti disciplinari definiti con l’archiviazione o il proscioglimento dell’interessato, è legittimato a ricorrere al Consiglio nazionale anche l’esponente dalla cui iniziativa è scaturita l’azione disciplinare. In caso di esito diverso, l’esponente può solo produrre memorie. L’esponente, al quale deve essere notificata la decisione, ha diritto di acquisire copia del fascicolo a norma e nei limiti della legge 241/1990”.
Alcuni anni fa io stesso mi avvalsi di questa norma per presentare ricorso come esponente contro l’archiviazione di un mio esposto da parte dell’Ordine dei Giornalisti della Lombardia nei confronti del noto giornalista Mike Bongiorno, a suo tempo stranamente riconosciuto pubblicista addirittura “honoris causa”, cui avevo contestato di fare pubblicità vietata perché in aperta violazione della Carta dei Doveri del giornalista. A seguito della sua morte il procedimento al Consiglio Nazionale si concluse automaticamente con l’archiviazione, ma furono ugualmente introitati dal Cnog i circa 250 euro di diritti da me versati per il ricorso.
A seguito della riforma degli ordinamenti professionali di cui al Dpr  7 agosto 2012 n. 137 (Regolamento recante riforma degli ordinamenti professionali, a norma dell’articolo 3, comma 5, del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148 in Gazzetta Ufficiale n. 189 del 14 agosto 2012), che ha distinto le funzioni amministrative dalle funzioni disciplinari, attribuendo quest’ultime ad appositi organi, fu stabilito, ai sensi del comma 10 dell’articolo 8 del Dpr n. 137/2012, che “sino all’insediamento dei Consigli di disciplina le funzioni disciplinari restano regolate dalle disposizioni vigenti”.
Sin dal 14 dicembre 2012, quindi, il vecchio Cnog (anche con il mio voto) decise di cancellare la novità contenuta nell’art. 40, terzo comma del Decreto Ministero Giustizia 18 luglio 2003.
Pertanto, a seguito di tale modifica nessun esponente avrebbe potuto più proporre ricorso contro la delibera di archiviazione o di proscioglimento di un giornalista adottata fin da allora dal Consiglio dell’Ordine regionale o successivamente alla riforma dal Consiglio di disciplina territoriale.
Purtroppo, però, la delibera del Cnog ha avuto varie vicissitudini (il testo originario della riforma fu di fatto cestinato dal ministro Guardasigilli Annamaria Cancellieri perché in contrasto con il Dpr n. 137 del 2012) per cui si rese necessaria una nuova delibera del Cnog il 21 gennaio di quest’anno che (anche con il mio voto) ha rielaborato l’intera materia.
Questa delibera é stata, poi, materialmente approvata dal Ministero della Giustizia con il Decreto Ministeriale del 21 febbraio 2014, entrato in vigore il 31 marzo 2014 giorno della sua pubblicazione a pag. 2 sul Bollettino Ufficiale del Ministero della Giustizia n. 6.
Si è, così, portata a definitivo compimento la parte della riforma dell’ordinamento professionale dei giornalisti di cui al Dpr 137/2012 che ha distinto le funzioni amministrative dalle funzioni disciplinari, attribuendo quest’ultime ad appositi organi.
Nel frattempo, cioè nelle more della definitiva approvazione del nuovo Regolamento, si sono svolte due elezioni del Consiglio di Disciplina Nazionale: la prima durante il vecchio Cnog con l’elezione di 12 componenti del vecchio Cnog e con l’elezione del presidente Rino Felappi, mentre la seconda, l’8 luglio 2013, con l’elezione di 12 componenti del nuovo Cnog e con la riconferma a presidente di Rino Felappi.
L’art. 1 del nuovo Regolamento intitolato “Ricorso al Consiglio di disciplina nazionale” prevede che “Le deliberazioni pronunciate in materia disciplinare possono essere impugnate dall’interessato (cioé dal giornalista, e non più da chi ha presentato un esposto, ndr) e dal Procuratore generale competente con ricorso al Consiglio di disciplina nazionale nel termine di trenta giorni. I termini per la presentazione del ricorso sono perentori e decorrono dal giorno in cui è notificato il provvedimento. Separatamente o nello stesso ricorso può essere presentata richiesta motivata di sospensiva della sanzione”.
Il successivo art. 13, intitolato “Divieto di reformatio in pejus”, recita: “Nelle deliberazioni dei ricorsi, il Consiglio di disciplina nazionale, su ricorso del Procuratore generale competente può riformare il provvedimento del Consiglio territoriale procedendo, se necessario, a tutti gli adempimenti formali ed istruttori. Il Consiglio nazionale può applicare una sanzione più grave rispetto alla sanzione di primo grado solo nel caso in cui il ricorso sia proposto dal Procuratore generale competente. Se il ricorso è proposto solo dall’interessato (cioé dal giornalista, e non più da chi ha presentato un esposto, ndr), vale il divieto di reformatio in peius delle sanzioni di primo grado”.
Infine, nell’art. 18 del nuovo Regolamento, intitolato “Decorrenza”, si legge espressamente: “Il presente Regolamento si applica ai procedimenti dinanzi al Consiglio di Disciplina Nazionale introdotti con ricorso depositato o trasmesso in data successiva alla sua entrata in vigore. Ai procedimenti già introdotti e pendenti alla stessa data si applica il Regolamento precedente”.
Circa un mese fa il Consiglio Nazionale di Disciplina avrebbe deliberato di ritenere non manifestamente infondato l’esposto dell’Associazione “Media & diritto” presentato il 20 febbraio 2014 al Consiglio di Disciplina nazionale, annullando la decisione del Consiglio di Disciplina Territoriale del Lazio che l’11 dicembre 2013 aveva archiviato l’esposto nei confronti di Magdi Allam. Questo é il quadro della situazione.
Preliminarmente segnalo, però, alcune stranezze. Appare innanzitutto curioso, alla luce di quanto sopra, che ad oggi nel sito dell’Ordine nazionale http://www.odg.it/content/decreto-ministero-giustizia-18-luglio-2003-0 non risulta ancora modificato l’art. 40, terzo comma, del Decreto Ministero Giustizia 18 luglio 2003. Tale norma prevede che “Nei procedimenti disciplinari definiti con l’archiviazione o il proscioglimento dell’interessato, è legittimato a ricorrere al Consiglio nazionale anche l’esponente dalla cui iniziativa è scaturita l’azione disciplinare. In caso di esito diverso, l’esponente può solo produrre memorie. L’esponente, al quale deve essere notificata la decisione, ha diritto di acquisire copia del fascicolo a norma e nei limiti della legge 241/1990”. Ma, come visto sopra, tale norma é stata sostanzialmente azzerata dall’art. 1 del Decreto Ministeriale del 21 febbraio 2014, entrato in vigore il 31 marzo 2014.
Il Cnog dovrebbe ora correggere la dimenticanza con un’apposita nota in calce all’art. 40, così come già fatto nel 2009 con una nota in calce al successivo art. 46 (che fu modificato dalla delibera del Consiglio nazionale dell’11 febbraio 2009, approvata con decreto dirigenziale del 23 febbraio 2009, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 58, serie generale, dell’11 marzo 2009). Altrimenti chiunque leggesse oggi l’art. 40 sul sito del Cnog potrebbe essere ingiustamente indotto in errore.
Analogamente si dovrebbe segnalare al Ministero della Giustizia che il decreto ministeriale del 21 febbraio 2014, pur essendo stato pubblicato sul Bollettino del ministero, non é stato per errore ancora inserito tra i decreti ministeriali del sito internet dello stesso ministero, né tantomeno pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale. E’ quindi molto difficile per ogni cittadino reperirlo, se non sfogliando uno ad uno tutti i Bollettini ministeriali.
Un’ulteriore grave anomalia consiste nel fatto che – contrariamente a quanto previsto dalla legge – il Ministero della Giustizia non ha sino ad oggi coordinato il testo della legge n. 69 del 1963, né del Dpr, n. 115 del 1965 con quello della riforma del 2012. Ma come si giustifica questo inusuale ritardo, che non facilita la comprensione della riforma a tutti i cittadini, giornalisti in testa?
Per assurdo, da questo mancato coordinamento è derivato l’omesso aggiornamento della riforma del 2012/2014 sul sito del Cnog – oltre che nel citato decreto ministeriale del 2003 – anche per quanto riguarda sia la legge 3 febbraio 1963 n. 69 e in particolare gli articoli 20 punto d), 60, 61 e 62, vedere http://www.odg.it/content/legge-n-691963, sia il Regolamento per l’esecuzione della legge 3 febbraio 1963 n. 69 approvato con Dpr n. 115 del 1965, e in particolare gli articoli da 59 a 65, vedere http://www.odg.it/content/dpr-n-1151965. E cosa aspetta il Cnog ad aggiornare tutti e tre questi testi che di fatto creano un’enorme confusione ed incertezza interpretativa?
Un’altra stranezza é che nel sito dell’Ordine nazionale dei giornalisti, tranne i comunicati di pochi giorni fa successivi all’articolo de “Il Giornale”, non vi é alcuna comunicazione ufficiale della decisione adottata all’inizio di agosto dal Consiglio nazionale di disciplina sul caso di Magdi Allam. L’ultima notizia pubblicata é quella relativa alle decisioni del 16-17 luglio 2014, vedere http://www.odg.it/attivita_consiglio_disciplina. Ed anche in questo caso non sarebbe opportuno rimediare al più presto? E veniamo ora alla problematica giuridica vera e propria.
Premesso che in base all’art. 18 del nuovo Regolamento intitolato “Decorrenza”, approvato con Decreto Ministeriale del 21 febbraio 2014, il Consiglio nazionale di Disciplina dell’Ordine dei Giornalisti ha ritenuto ammissibile il ricorso dell’Associazione “Media & diritto” contro la decisione di archiviazione dell’esposto nei confronti di Magdi Allam, adottata l’11 dicembre 2013 dal Consiglio di Disciplina Territoriale del Lazio, perché presentato il 20 febbraio 2014, cioè un mese dopo la delibera del Cnog, ma prima del 31 marzo 2014 (giorno della pubblicazione del Decreto Ministeriale del 21 febbraio 2014 sul Bollettino Ufficiale del Ministero della Giustizia n. 6 a pag. 2), al Ministero della Giustizia andrebbero posti i seguenti quesiti:
1) da quale data esatta tra le 4 sottoindicate è stato abolito l’art. 40, terzo comma, del Decreto del Ministero della Giustizia del 18 luglio 2003:
a) dalla prima delibera del Cnog del 17 dicembre 2012;
b) dall’8 luglio 2013, data in cui è stato eletto il nuovo Consiglio nazionale di Disciplina. Ricordo che, in base al comma 10 dell’articolo 8 del Dpr n. 137/2012, “sino all’insediamento dei Consigli di disciplina le funzioni disciplinari restano regolate dalle disposizioni vigenti”;
c) dal 21 gennaio 2014, data di approvazione da parte del Cnog del nuovo Regolamento dei Ricorsi al Consiglio Nazionale di Disciplina;
d) dal 31 marzo 2014, data di pubblicazione sul Bollettino Ufficiale del Ministero della Giustizia in base all’art. 18 intitolato “Decorrenza” del nuovo Regolamento, approvato con Decreto Ministeriale del 21 febbraio 2014. Ricordo che è proprio questa la data scelta in questo caso dal Consiglio nazionale di Disciplina.
Ma se questa data fosse confermata dal Ministero della Giustizia:
a)  sarebbe davvero rispettato il comma 10 dell’articolo 8 del Dpr n. 137/2012, secondo cui “sino all’insediamento dei Consigli di disciplina le funzioni disciplinari restano regolate dalle disposizioni vigenti”?
b) pur ammettendo che nel caso di Magdi Allam si potesse applicare ancora l’art. 40, terzo comma, del Decreto del Ministero della Giustizia del 18 luglio 2003, come si risolve il problema della disapplicazione di una norma più favorevole per il collega alla pari di quanto avviene, ad esempio, in materia penale dove si applica retroattivamente la legge più favorevole al “reo”?
In proposito,la Corte Costituzionale (con sentenza n. 236 del 2011 con annesso autorevole parere giuridico),  ha esaminato analiticamente la giurisprudenza della Cedu – Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, che nel 2009 – in un caso concernente proprio il nostro Paese – aveva riconosciuto a tale principio il rango di vero e proprio diritto fondamentale, dedotto direttamente dal principio di legalità in materia penale di cui all’art. 7 Cedu.
c) il mantenimento in vigore per circa 1 anno e mezzo (dal Dpr n. 137 del 2012 al 31 marzo 2014) dell’art. 40, terzo comma, del Dm del 18 luglio 2003 sarebbe in linea – o no – con il Patto Onu del 1966 sui diritti civili e politici, ratificato in Italia con la legge del 1977?
2) l’art. 18 del nuovo Regolamento intitolato “Decorrenza”, approvato con Decreto Ministeriale del 21 febbraio 2014, è una norma corretta per tutti i casi, tranne quello (che, purtroppo, non é stato previsto) del ricorso in appello da parte di un esponente contro una decisione di rigetto o di archiviazione emessa in 1° grado. In mancanza di una data prestabilita come termine di decadenza dal ricorso, ma agganciata solo ad un’ipotetica data di pubblicazione sul Bollettino del Ministero della Giustizia, si potrebbe verificare un’ingiustificata sperequazione rispettivamente a danno o a vantaggio, da un lato, di giornalisti incolpandi o di esponenti.
Difatti, poiché la decisione del Consiglio di disciplina territoriale di 1° grado su un esposto di parte può essere emessa in qualsiasi tempo senza un preciso termine perentorio di decadenza, vi potrebbero essere casi in cui essa venga decisa prima del 31 marzo 2014 oppure dopo tale data. Nel secondo caso sarebbero ingiustamente preclusi gli appelli agli esponenti, salvando automaticamente i giornalisti incolpandi, mentre nel primo caso – come per Magdi Allam – l’appello dell’Associazione “Media & diritto” sarebbe valido. Insomma, si creerebbero figli e figliastri legati alla casualità della data della decisione disciplinare di 1° grado.
Per far meglio comprendere il mio pensiero ed evidenziare le sperequazioni ricordo che se il Consiglio Territoriale di Disciplina del Lazio avesse archiviato dopo il 1° aprile 2014 l’esposto dell’Associazione “Media & diritto”, quest’ultima non avrebbe potuto appellarsi al Consiglio di Disciplina nazionale. Avendolo, invece, fatto prima il ricorso sarebbe valido. In pratica la legittimità ed ammissibilità del ricorso é legata alla discrezionalità di una data mai prefissata espressamente prima, ma che può cambiare a piacere a seconda della lentezza o della rapidità del giudizio disciplinare di 1° grado. Si può allora davvero parlare di “certezza del diritto”?
Conclusivamente, non appare forse strano che, nonostante la riforma del 2012, il vecchio testo dell’art. 40, terzo comma, del D.M. del 18/7/2003 sia rimasto in vigore per circa 1 anno e mezzo fino al 31 marzo 2014, creando comunque delle ingiustificate disparità di trattamento sia tra i giornalisti incolpandi, sia tra gli esponenti?
Per risolvere in modo equo il problema vi sarebbe, a mio avviso, una possibile soluzione, cioè quella che il vecchio testo dell’art. 40, terzo comma, del D.M. 18 luglio 2003 continuasse ad applicarsi fino ad esaurimento esclusivamente per tutti i casi in cui l’esposto al Consiglio dell’Ordine regionale o al Consiglio di disciplina territoriale fosse stato presentato prima della riforma. Pertanto, l’eventuale appello da parte di un esponente sarebbe sempre valido a prescindere dalla data di deposito della decisione di 1° grado.
Questa soluzione, tuttavia, se evita la sperequazione oggi creatasi con il combinato disposto degli articoli 1 e 18 del D.M. 21 febbraio 2014, lascia pur sempre aperta la possibilità per il giornalista incolpando, come nel caso specifico Magdi Allam, di invocare – in base alle decisioni della Cedu – la norma a lui più favorevole entrata in vigore nel frattempo, cioè quella che non è più ammesso il ricorso dell’esponente.
Ecco perché per risolvere l’intricata matassa giuridica e dissipare qualunque dubbio ritengo opportuno che il Cnog acquisisca in merito un parere del Ministero della Giustizia.

Pierluigi Roesler Franz
Consigliere nazionale dell’Ordine dei giornalisti

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