LA VALLETTA (Malta) – L’ex primo ministro maltese Joseph Muscat ha annunciato le dimissioni da deputato del partito laburista con un discorso in aula di appena 90 secondi in cui ha rivendicato i suoi successi. È la fine di una parabola politica per certi aspetti sfolgorante: 12 anni in cui non ha mai perso un’elezione a partire dal 2008, anno in cui fu posto a capo del partito laburista, conducendolo al trionfo elettorale del 2013 che avviò il boom economico del più piccolo dei 27 Stati membri della Ue.
Una carriera travolta dall’assassinio di Daphne Caruana Galizia, la giornalista che per dieci anni aveva fustigato usi e costumi dell’isola arrivando anche a rivelare il clamoroso caso di corruzione dietro la progettazione, costruzione e gestione della centrale termoelettrica di Malta, alimentata con gas azero.
Muscat, 46 anni (è nato il 22 gennaio 1974), figlio di un importatore di fuochi artificiali (e per questo in gioventù conseguì la patente per il trasporto di esplosivi), dopo una brillante carriera accademica ed una esperienza come giornalista nella catena radiotelevisiva One di proprietà del partito laburista, nel 2004 fu eletto europarlamentare, e nel giugno 2008 fu scelto dal Labour come successore di Alfred Sant che aveva perso tre elezioni consecutive.
Cinque anni dopo, nel 2013, portò il Labour al trionfo elettorale con un programma di riforme economiche e sociali radicali, incluso il sostegno alla legge per il divorzio invisa alla potente chiesa maltese. Al suo fianco aveva già l’amico ed imprenditore Keith Schembri. A 39 anni era diventato il più giovane tra i leader europei.
Sotto la sua guida il boom economico di Malta è stato travolgente, con una crescita al ritmo del 7-8% annuo grazie anche a programmi controversi come la vendita dei passaporti ed una legislazione al limite del paradiso fiscale. Il successo elettorale fu rafforzato dalle elezioni anticipate del 2017, da lui stesso convocate avendo dato le dimissioni per le rivelazioni di Daphne Caruana Galizia che aveva individuato un flusso di mazzette verso Schembri, diventato nel frattempo potentissimo capo di gabinetto, e Konrad Mizzi, ministro prima dell’Energia e poi del Turismo.
Dopo l’assassinio della giornalista, Muscat – che nel frattempo aveva avuto occasione di gestire il semestre di presidenza europea di turno – respinse tutte le richieste di fare pulizia nel governo e di avviare un’inchiesta pubblica indipendente. Ancora nel 2018 era l’orgoglioso padrone di casa nell’inaugurazione dell’anno di Valletta capitale europea della cultura. Ma nel 2019 le rivelazioni di uno dei sicari arrestati 40 giorni dopo l’assassinio, le pressioni Usa e del Consiglio d’Europa portarono alla svolta decisiva delle indagini con l’incriminazione dell’ex re dei casinò Yorgen Fenech come mandante. A dicembre Muscat fu costretto ad annunciare le dimissioni da premier dopo settimane di proteste di piazza scatenate dalle rivelazioni.
Passata la mano al successore Robert Abela, Muscat anticipò che entro l’anno avrebbe lasciato anche il seggio parlamentare.
Ad agosto scorso è stato interrogato dalla polizia come “persona informata sui fatti”, ma ha sottolineato di non essere sospettato di alcun reato. Oggi le dimissioni dalla politica. (ansa)