BOLOGNA – Oggi ha compiuto cento anni Gianni Brera. Molti, giustamente, gli hanno dedicato un pensiero e un tributo (anche coloro che… non lo hanno mai conosciuto).
Io che con lui ho affrontato i mari professionali del mondo in tanti e tanti anni di vita; io che gli porterò una riconoscenza perenne dal giorno in cui mi accolse nel suo ufficio di Direttore del Guerin Sportivo e mi disse “Tèl chì” regalandomi con una ruvida carezza le chiavi del futuro; io che non ho mai fumato in vita mia se non il suo sigaro toscano, la sua pipa e le sue Gauloises quando ero sottovento in tribuna stampa; io che ho dettato agli stenografi centinaia di suoi pezzi da tutti gli stadi del Pianeta (perché un giovane giornalista doveva comportarsi così con un collega più anziano); io che ho sofferto per le malinconie e il difficile senso di riallineamento che lo accompagnarono negli ultimi anni dell’esistenza; io che finché camperò scriverò anche sui muri che il giornalismo sportivo italiano gli deve TUTTO (anche quello che non sa di dovergli); io – suo indegno allievo – Giuanbrerafucarlo lo abbraccio (cosa che ho fatto solo una volta) dovunque sia! Perchè la riconoscenza non si esaurisce con gli anni!
Lo voglio ricordare con tre immagini: quella di un ragazzo di poco più di vent’anni a cui spesso offriva una cena perché sapeva che non poteva sempre permettersela; quella della sua espressione classica e più significativa; quella di una delle tante caricature che mi dedicò (perché Gianni era anche un grande disegnatore) in questo caso vergandolo su una pagina del suo celebre taccuino a spirale su cui appuntava tutti i suoi pensieri.
La terra non può non esserti stata lieve, Maestro mio!
Marino Bartoletti
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