ROMA – “Il collega giornalista Massimo D’Alema dovrebbe ricordarsi che le domande dei giornalisti, in un paese libero, sono sempre legittime”. A dirlo è il presidente della Federazione nazionale della stampa, Santo Della Volpe, che interviene sul caso sollevatosi dopo la gelida risposta riservata ad un cronista di “Virus”, il programma di Rai 2 condotto da Nicola Porro, dall’ex premier, infastidito da una domanda scomoda.
“Possono piacere o non piacere, – sottolinea Della Volpe – essere considerate improprie o inopportune, persino sbagliate (a suo giudizio), ma devono essere sempre libere. Né, tanto meno, possono essere considerate passibili di querele: è altamente inopportuno, invece, che un uomo politico ed impegnato come l’on. D’Alema, già presidente del Consiglio, possa minacciare di querele un cronista che gli ha posto una semplice domanda in occasione di un pubblico incontro con la stampa”.
“Vogliamo ricordare – incalza il presidente della Fnsi – al collega giornalista D’Alema i diritti e doveri dei cronisti: tra i quali c’è quello di porre domande talvolta scomode, nell’interesse, comunque, dell’opinione pubblica. Domande come quella che gli è stata posta da un giornalista a Bari ed alla quale, per altro, aveva anche risposto”.
“Sarebbe meglio ricordarsi sempre – chiosa Della Volpe – dei limiti, non solo dei giornalisti, ma anche degli uomini politici, quando sono a conferenze stampa, per quanto improvvisate. Tanto più se l’intervistato è sia un importante uomo politico, sia un giornalista professionista”.
D’Alema furioso col giornalista di Rai 2: “Io la querelo”
BARI – Massimo D’Alema è furioso: denuncerà tutti, “organi di stampa, televisioni e radio, singoli giornalisti”. Tutti quelli che “si sono esercitati a dire cose false e palesemente diffamatorie” nei suoi confronti. Li vuole “denunciare”, querelare, subito, “da oggi”. È indignato e amareggiato: la possibilità che qualcuno pensi che si sia potuto vendere “per duemila bottiglie di vino” è una cosa non solo “bizzarra” ma “francamente offensiva”. Soprattutto laddove “c’è un sindaco – ricorda in una lunga e travagliata conferenza stampa a Bari, caratterizzata da un duro scontro verbale con un giornalista di Rai 2 – che viene accusato di avere avuto un tangente, non so se sia vero, di 320mila euro”.
C’è una palese sproporzione, dice, tra il clamore suscitato dalle intercettazioni di una persona non indagata e i fatti oggetto dell’indagine. Questione che chiama in causa l’utilizzo delle intercettazioni di persone non indagate che “vengono chiamate in causa per vicende cui sono del tutto estranee, con evidente esclusivo scopo di promuovere delle campagne diffamatorie” o per suscitare clamore attorno ad inchieste che altrimenti non finirebbero sulle prime pagine dei giornali. E visto che “il buon senso sembra non essere sufficiente ad arginare una campagna scandalistica che produce danni”, non gli resta che affidarsi alle carte bollate per tutelare la sua onorabilità. I suo legali sono già sul piede di guerra. Nel mirino, per cominciare, il Corriere della Sera che “ha attribuito in maniera del tutto impropria al nostro assistito di aver ricevuto, attraverso una serie di bonifici, l’importo di 87.000,00 euro”. Ma D’Alema, precisano, “non ha personalmente ricevuto alcunché dalla cooperativa CPL Concordia, né direttamente né indirettamente”. Il secondo a finire nel mirino è il giornalista di Virus, Filippo Barone.
C’è folla di giornalisti, fotografi, telecamere. L’ex presidente del Consiglio si “concede”, con evidente irritazione e diffidenza, al fuoco di fila di domande sull’acquisto dei vini: “Lei ha detto che ho venduto il vino durante una convention del Pd, come si chiama lei, scusi? Devo trasmettere al mio avvocato questa informazione. Avrà una denuncia”, si scaglia contro il giornalista.
Si morde le labbra e gelido cambia argomento quando un altro cronista gli chiede come mai abbiano chiamato la Fondazione per parlare del vino. “La prego di mandare questa registrazione” chiede poi al cronista di Virus. Più tardi d’Alema si dirà dispiaciuto per essersi “arrabbiato con un vostro collega”, ma intanto è accontentato: il video rimbalza on line e si scatena il finimondo.
Interviene il sindacato della stampa, l’Ordine dei giornalisti: minacciare querele, dicono, è un errore. Interviene anche l’Anm che rivolge al contrario un appello alla stampa chiedendo di “fermare l’attenzione sui fatti gravi di corruzione che stanno emergendo, non sulle polemiche”. Interviene, chiamato in causa proprio dall’ex premier, il vicepresidente del Csm, Giovanni Legnini (“il presidente D’Alema pone un tema serio, quello della riservatezza e dell’onorabilità delle persone non indagate”) che torna ad invocare un intervento legislativo. Tema caldo su cui si scatena la bagarre politica.
“Si continua a parlare delle intercettazioni su D’Alema ed è questa la migliore dimostrazione che in questo caso D’Alema ha stra-ragione” commenta il presidente dell’assemblea Pd Matteo Orfini. La deputata di Fi, Gabriella Giammanco, accusa il Pd di “doppia morale” e la collega Elvira Savino ironizza: “con una buona dose di opportunismo Massimo D’Alema oggi si scopre garantista”. Caustico il direttore de il Giornale, Alessandro Sallusti: “gli sta bene, chi di intercettazioni ferisce di intercettazioni perisce” e il consigliere di Berlusconi, Giovanni Toti, è tagliente: le intercettazioni usate a sproposito fanno male alla giustizia? “D’Alema poteva accorgersene prima..”. (Ansa)
Francesca Chiri
D’Alema, dopo queste affermazioni-minacce, andrebbe radiato dall’Ordine dei Giornalisti.