COSENZA – Il decreto Cartabia «silenzia il diritto di cronaca e, oltre a rappresentare una censura, incoraggia l’abuso perché, spegnendo i riflettori sull’illegalità, passa il messaggio che si possa agire nell’ombra, si possa delinquere tranquillamente, tanto la macchina della giustizia è lenta e quando arriverà tutti se ne saranno già dimenticati». Lo ha dichiarato Carlo Parisi, direttore di Giornalisti Italia e consigliere nazionale dell’Ordine dei giornalisti, intervistato da Maria Teresa Santaguida a Buongiorno Regione Calabria, il programma della Tgr Rai guidata da Pasqualino Pandullo, coordinato da Riccardo Giacoia.
Ospite della trasmissione di oggi, sul tema “Giustizia e libertà di stampa”, Parisi ha evidenziato che il decreto legislativo 188/2021 è un «vero e proprio bavaglio che disorienta e crea un vuoto enorme perché molte battaglie di civiltà e democrazia nel nostro Paese sono state vinte grazie al sostegno e al conforto dell’opinione pubblica». Pubblicare i nomi degli arrestati è cronaca, non pubblicarli è censura. In cronaca, soprattutto nera e giudiziaria, i giornalisti non devono, infatti, esprimere opinioni personali, ma raccontare i fatti».
L’edizione di oggi di Buongiorno Regione, all’indomani della Giornata internazionale della libertà di stampa, ha coinciso con il giorno della scelta del procuratore nazionale antimafia, da parte del Csm, che vedeva in corsa il procuratore di Catanzaro, Nicola Gratteri, che – ha ricordato Maria Teresa Santaguida – si è subito espresso molto negativamente rispetto alla riforma della giustizia voluta dal ministro Marta Cartabia. Una riforma molto criticata dai magistrati italiani perché rivoluziona il processo, il sistema di avanzamento di carriere e tocca la libertà di stampa.
In trasmissione anche Veronica Calcagno, sostituto procuratore della squadra antimafia diretta da Gratteri, che ieri ha scioperato contro la riforma assieme all’Associazione Nazionale Magistrati.
E alla osservazione della Santaguida su «un problema che condiziona anche il nostro lavoro», Calcagno non ha esitato a parlare di «riforma negativa perché tende ad addomesticare i magistrati perché ne limita l’autonomia decisionale, quindi l’accertamento dei fatti». Quindi, sui rapporti con la stampa, ha ricordato che «anziché avere informazioni complete, il giornalista le riceverà da qualcun altro, alimentando quindi la disinformazione».
Entrando nel merito dei rapporti tra stampa e magistratura, Maria Teresa Santaguida ha, quindi, evidenziato «l’importanza della cronaca giudiziaria che, in questo momento, non sta vivendo una bella fase. Che bisogna ricordare sempre la presunzione di innocenza in fase di indagine, noi giornalisti lo sappiamo benissimo e già ci attenevamo a questa regola. Con questo decreto, però, la comunicazione tra i tribunali, le procure in particolare, e i giornalisti, se unilaterale, cioè se è sempre il procuratore ad averne la responsabilità, mette dei paletti molto chiari. Ingessa molto. Quello che sorprende, però, da parte di chi fa questo lavoro, è che non c’è stata una grande sollevazione. Forse anche noi dovevamo fare di più. Partiamo con un po’ di un’autocritica, considerato anche che il procuratore Gratteri ci ha dato una strigliata».
«Assolutamente sì. L’autocritica – ha sottolineato Carlo Parisi – è legittima perché quando si discuteva la riforma c’è stata un’assenza colpevole degli istituti di categoria. In Commissione né l’Ordine dei giornalisti, né la Federazione Nazionale della Stampa si sono presentati e, su questo tema, mi trovo perfettamente d’accordo con quanto denunciato dal procuratore Gratteri, secondo il quale avrebbero dovuto , invece, presentarsi per contestare le cose che non andavano. Evidentemente anche la categoria dei giornalisti risente di quella crisi di identità che da un po’ di anni a questa parte ha colpito il nostro Paese».
Sulla mancata sollevazione della categoria contro la riforma Cartabia, Maria Teresa Santaguida ha ricordato anche la dichiarazione molto forte del procuratore di Milano Riccardo Targetti, che ha addirittura detto: «se fossi un cittadino mi preoccuperei perché si dà troppo potere in mano ai procuratori e, in fondo, questa riforma introduce le veline di regime». «Questo pericolo – ha, quindi, chiesto a Parisi – lo ravvedi?».
«Assolutamente sì perché, intanto, terrorizza il fatto che, in uno stato democratico, l’informazione possa essere decisa da una persona sola. Deve sempre preoccuparci l’uomo solo al comando. Comprendo perfettamente che, con il decreto legislativo 188/2021, il tentativo è stato quello di difendere un diritto costituzionalmente garantito, che è appunto la presunzione di innocenza, però allo stesso modo di diritti fondamentali se ne penalizzano due, che colpiscono non tanto la categoria dei giornalisti, quanto i cittadini: il diritto di informare e quello di essere informati. In pratica ci troviamo davanti a un bavaglio».
«La questione del nome dell’arrestato – ha ricordato Santaguida – non è una semplice curiosità del giornalista, ma una garanzia per tutti. Perché l’arresto è un atto pubblico che dev’essere, naturalmente, giustificato e perché, purtroppo, in passato ci sono stati periodi in cui i nomi degli arrestati non venivano dati; non si sapeva neanche che quelle persone erano finite in galera, salvo poi ritrovarle in fondo al mare, come avveniva nelle dittature del Sudamerica. Quindi, la massima trasparenza è una garanzia per tutti…».
«È una garanzia per tutti – la conclusione di Carlo Parisi – e soprattutto per i cittadini. Non a caso, la richiesta di correttivi al decreto legislativo Cartabia è stata avanzata, ad aprile, dal Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti che ha approvato, all’unanimità, un ordine del giorno con il quale si chiede di garantire un’applicazione uniforme in tutta Italia del decreto e rivedere delle limitazioni che sono assolutamente delle norme bavaglio che limitano la libertà di stampa. È, ovviamente, un provvedimento tardivo, ma importante». (giornalistitalia.it)
Pino Nano
LA PUNTATA DI OGGI DI BUONGIORNO REGIONE CALABRIA