ROMA – «Per ventisei anni ho sacrificato la mia vita e la mia famiglia. Sono sotto scorta da 12 anni per aver sempre lavorato a testa alta». È Cesare Sirignano, magistrato in prima linea contro la camorra, che ha portato all’arresto di molti esponenti di punta del clan dei casalesi, a parlare in un’intervista al quotidiano Il Dubbio pubblicata oggi ma effettuata prima della decisione del Csm di trasferire Sicignano dalla Dna, dove prestava servizio dal 2015, per “incompatibilità ambientale”. Per Sirignano sono stati fatali i colloqui con l’ex presidente dell’Anm Luca Palamara, contenuti nel fascicolo di Perugia aperto nei confronti del pm romano e che hanno anche portato alle dimissioni del capo di gabinetto del ministro di Giustizia.
«Potevo andarmene io in prevenzione un anno fa – spiega Siringano – e non l’ho fatto. Se avessi chiesto il trasferimento di ufficio ero già al primo anno di quattro, prima di andarmene da qualche altra parte». Sulla questione Borrelli, Sirignano afferma che «vi è stato un corto circuito. Lo conoscevo da anni, ho sempre avuto – continua Sirignano – stima della sua storia professionale. Borrelli aveva un suo interesse personale. Aveva coltivato per anni rapporti con tutti quelli che ora stanno sul banco degli imputati. Io, senza alcun interesse, per garantire la sua imparzialità davanti a Palamara che aveva espresso invece dei dubbi, mi trovo ad affrontare questa situazione di cui no sapevo nulla. Ho sempre solo agito per garantire che Borrelli venisse considerato una persona per bene. Senza altri fini».
«Borrelli aveva paura di essere coinvolto nei rapporti con le correnti. Rapporti che molti seguono. Mi investiva quotidianamente delle sue ansie e delle sue preoccupazioni», continua Sirignano spiegando che poi Borrelli decise di incontrarlo e di registrare il colloqui. «Durante il colloquio – ricorda – Borrelli ricevette una telefonata di una giornalista che fornì una ricostruzione diversa di quanto avevo detto su di lui a Palamara. E presentò un esposto che travisava quanto effettivamente accaduto. Sul contenuto dell’esposto si è aperta la procedura di trasferimento a mio carico».
E alla domanda quindi lei non voleva che Borrelli diventasse procuratore di Perugia dove era in corso l’indagine contro Palamara? Sirignano risponde «non c’è cosa più falsa di queto mondo! E si capisce dalla trascrizione del colloquio che ebbi con Borrelli. La trascrizione, poi, è avvenuta perché l’ho voluta io. Infatti ho fatto presente che quanto era scritto nell’esposto, una sintesi, era diverso dal contenuto della registrazione. Ho poi depositato altri messaggi e Borrelli ha chiarito meglio l’accaduto quando la pratica per la sua nomina a Salerno era tornata in Commissione per gli incarichi direttivi».
«Io ho sempre fatto il magistrato con passione. È vero – prosegue Sirignano – che ho affermato che se non hai l’appoggio della tua corrente non puoi aspirare a incarichi di rilievo, ma la responsabilità di questo sistema, che sarebbe ipocrita negare, non è certo la mia. Confido in una valutazione obiettiva dell’intera vicenda. Io non mi sono mai sottratto. Mi hanno accusato di millantare, insinuando ogni genere di accus. Io, voglio dirlo, ho grande rispetto per le istituzioni, sono un magistrato, e mi difendo nelle sedi deputate».
«Io ho fatto la guerra ai clan in questi anni – sottolinea Sirignano – non ha mai fatto le “trastole” (azioni poco chiare in dialetto napoletano, ndr) per garantire impunità o fare indagini nei confronti
di chi non le merita – un trasferimento sarebbe un sacrificio e una battuta di arresto a cui, però non ho voglia di credere». (adnkronos)