ROMA – Dal titolo “Emilio Isgrò – Come cancellare l’inutile”, il documentario di Guido Talarico, editore e direttore di Inside Art, dedicato al maestro siciliano, andato in onda ieri sera su Rai 5, nell’ambito del programma ArtNight condotto da Neri Marcoré, è da oggi disponibile su Raiplay.
Il film, prodotto da FAD, società di produzione di Guido Talarico, e da Lilium Distribution di Simona Garibaldi, in collaborazione con Rai Cultura e con Treccani – Istituto della Enciclopedia Italiana, si presenta come un dialogo franco, profondo tra l’artista e il regista girato in presa diretta nei suoi luoghi più significativi: lo studio, l’archivio, il museo privato, la casa.
Nato il 6 ottobre 1937, giornalista professionista iscritto all’Ordine della Lombardia dall’1 dicembre 1961, il maestro Isgrò è noto a tutti per aver inventato un linguaggio artistico basato sulla “cancellatura”, votato a restituire nuova forza alla parola dei grandi classici della letteratura, dei testi sacri delle religioni, delle dichiarazioni degli uomini non illustri su loro stessi, semplicemente nascondendola. Ma, attenzione, il suo è un gesto che non ha nulla di nichilista: «È un nascondimento – ci tiene a precisare Isgrò – che custodisce e protegge, disvela nel suo significato e ne conferisce di nuovi alla parola cancellata».
Dalla forza del suo messaggio, così poetico e così efficace allo stesso tempo, si sviluppa questo racconto intimo e privato che aiuta il pubblico a comprendere la ricerca di un artista tra i più grandi della storia contemporanea. Attraverso le parole di Guido Talarico possiamo capire meglio gli obiettivi del film che, come afferma lui stesso, è stato una vera e propria sfida più che un progetto.
– Emilio Isgrò – Come cancellare l’inutile è il tuo terzo documentario dedicato al mondo dell’arte. La luce di Roma, il primo, raccontava la capitale provando ad immaginarne il futuro attraverso gli occhi di artisti e personaggi del mondo della cultura contemporanea, mentre ne “L’intuizione di Duchamp” l’eredità del genio del readymade diventava il punto di partenza per l’evoluzione di ogni narrativa moderna e contemporanea. Qual è invece l’obiettivo di quest’ultimo film?
«L’obiettivo è raccontare Isgrò nella sua complessità. Emilio è un artista poliedrico, sofisticato, un vero innovatore. Dai colloqui che ho avuto con lui ho cercato di riassumere non solo la sua poetica creativa ma il suo intero mondo artistico.
Il suo essere giornalista, poeta, drammaturgo: caratteristiche che poi hanno influenzato la sua cifra stilistica, la sua struttura artistica. Ho anche provato a fare emergere la sua grande umanità. Emilio è una persona dai tratti esistenziali non comuni. E poi naturalmente c’è la grande innovazione della cancellatura. Un genere rivoluzionario che Isgrò ha inventato, facendolo diventare un vero e proprio linguaggio artistico internazionale. Cancellare per rileggere, per riscrivere, per dare nuova vita alle parole. Quella di Isgrò è la versione antitetica del revisionismo negazionista della “cancel culture”. Emilio non cancella il passato ma lo ripensa, eliminando appunto l’inutile. Ecco, mettere tutto questo in un film di 50 minuti è la sfida che ho affrontato».
– «Sgomberiamo il campo dalla parola genio perché in giro ce n’è troppo e io non voglio essere dei tanti», ha affermato il maestro Isgrò durante la presentazione del lungometraggio che si è svolta a marzo a Palazzo Mattei di Paganica. Qual è l’eccezionalità di un personaggio come Isgrò e per quali ragioni hai voluto rendergli omaggio?
«Emilio è un personaggio immenso. La sua dimensione concettuale ed intellettuale non è misurabile con logiche comuni. L’innovazione imposta dall’arte di Isgrò è di quelle che entrerà nella storia del contemporaneo perché al pari di artisti come Duchamp, Picasso o lo stesso Andy Warhol Emilio ha saputo cambiare una prospettiva decisiva, una di quelle che impatta nel quotidiano di tutti. Il suo campo da gioco è il linguaggio. Lui lo ha usato sovvertendo i parametri tradizionali e dando una dimensione ulteriore alla parola. Le sue cancellature hanno avuto la capacità di riscrivere l’Enciclopedia Treccani o il Discorso di Pericle, mettendo l’accento la dove andava messo. Una vera rivoluzione, anticipatoria anche delle logiche dell’ipertesto che caratterizzano il linguaggio digitale».
– Cristina Mazzantini, che nel film interviene a commentare da un punto di vista critico il lavoro di Isgrò, ha sottolineato come la cancellatura rappresenti una un’eredità per gli altri artisti. Dalla cancellazione della Costituzione Italiana a quella delle Leggi Razziali, Isgrò racconta nel film il senso profondo della sua pratica. Qual è il significato di questa azione oggi, nella società della cosiddetta “cancel culture”?
«Come dicevo prima, Isgrò va nella direzione opposta rispetto a quella presa dalla “cancel culture” che viene usata come strumento di lotta revisionistica. Nelle cancellature di Isgrò c’è costrutto, c’è rilettura, c’è analisi critica e proposta. Isgrò è positivo, cancella per ridare vita alle parole e quindi al pensiero umano. Cristina Mazzantini, una curatrice brillante che sta contribuendo in modo importante ad aprire le sedi istituzionali del nostro paese al contemporaneo (in primo luogo il Quirinale), nel film interviene in modo molto puntuale nello spiegare la carica innovativa e l’unicità del lavoro di Isgrò».
– Anche questo film, come L’intuizione di Duchamp, è andato in onda su ArtNight in prima serata. Si consolida così il rapporto con Rai Cultura, un legame che ha come filo conduttore rendere accessibile a un pubblico ampio contenuti di approfondimento spesso di difficile comprensione per tutti. Pensi che questo film raggiungerà l’obiettivo?
«Già questo mi sembra indicativo di quanto prezioso sia il lavoro che Rai Cultura svolge nell’assolvere alla propria missione istituzionale di essere servizio pubblico. Inserire nell’offerta televisiva pubblica in prima serata programmi come “ArtNight” significa dare un contributo decisivo al nostro sistema culturale. Noi siamo molto felici di questa collaborazione con Rai Cultura perché abbiamo una comunione d’intenti – e parlo anche come presidente della Fondazione Patrimonio Italia – che va proprio nella direzione della valorizzazione del sistema culturale del nostro paese. In questo senso un grazie sentito va a Silvia de Felice, la responsabile di ArtNight che cura il programma e noi produttori indipendenti in modo autorevole ed efficace. Così come un grazie altrettanto sentito va ai compagni di viaggio di questo mio ultimo film, vale a dire Treccani, che ci ha dato un aiuto apprezzato, la mia coproduttrice, a Simona Garibaldi e a tutto il team di Lilium Distribution, a Camilla Cionfoli per riprese e montaggio e a Francesco Talarico, mio preziosissimo direttore della fotografia». (insideart)
Fabrizia Carabelli