Il presidente dell’Inpgi: “Il giornalismo italiano è morto: da molti siti nessun contributo”

Camporese: “Onore alla storia della Fnsi”

ROMA – “Il mio compito non è quello di dire se questo Contratto è giusto o sbagliato: certo io vi ho partecipato, insieme alle altre parti sociali, cioè Fnsi e Fieg. Io vi dico, però, che chi ha lavorato a questo, sbagliando o facendo bene, di certo non lo ha fatto in malafede. Questo no”. Sgombra il campo a dubbi e illazioni il presidente dell’Inpgi, Andrea Camporese, nell’incipit del suo intervento al Consiglio nazionale della Fnsi. E dice, forte e chiaro, come la pensa sul Contratto giornalistico appena siglato. Quindi, guarda avanti: “Cosa mi aspetto nei prossimi anni? Io mi aspetto che il giornalismo italiano torni a vivere: il giornalismo italiano è morto. Perdere il 6% dell’occupazione – tuona Camporese – nel 2013, dopo 5 anni di colpi terribili, significa segnare la morte del presidio di una professione nel Paese”.
Ma, attenzione: “Questo non è dovuto a colpe particolari, mie o di qualcun altro, è determinato da tanti fattori che andrebbero approfonditi ben oltre il mio intervento, però, nel frattempo, il presidio del giornalismo professionale non c’è più, il riconoscimento da parte del Paese di un soggetto costituzionalmente rilevante è in discussione – incalza il presidente dell’Istituto di Previdenza dei giornalisti italiani – e ci sono migliaia di giornalisti del web che non versano i contributi all’Inpgi. Li cerchiamo, abbiamo fatto ispezioni su siti web che hanno migliaia di contatti, ma che sono basati legalmente nella casa delle persone: hanno aperto agli ispettori in pantofole. Questo è il nuovo mondo, è complicato, può darsi che noi siamo inadeguati, ma sicuramente è un mondo che mi mette addosso un senso di responsabilità molto rilevante”.
“Cosa farà il Cda dell’Inpgi? Osserverà l’andamento del mercato del lavoro – prosegue Camporese – e quindi dei flussi contributivi nei prossimi 6-8 mesi e cercherà di capire se qualcosa si muove, come si muove e in quale direzione. Al termine di questa periodo di osservazione, che porterà certamente una crescita della contribuzione effettiva all’Istituto, ma non sufficiente, cercheremo di capire cosa abbiamo di fronte: se avremo il vuoto, saremo ancor più preoccupati di oggi e sicuramente dovremo assumere delle iniziative, non certo per volontà nostra”.
“Un’ultima considerazione sul dissenso: il dissenso – sottolinea il presidente dell’Inpgi – è il sale della democrazia e va trattato come merce preziosa, però oltre le regole della democrazia non c’è niente. Qui non è in discussione la singola persona, Andrea Camporese o Franco Siddi, che sono persone che transitano in un mondo che poi trova la sua evoluzione e i suoi rappresentanti. Potremmo discutere legittimamente dell’ampiezza della nostra rappresentanza, della capacità di portare i colleghi dentro i nostri Istituti di categoria, ma non possiamo discutere delle regole democratiche. Perché, ripeto, oltre la democrazia non c’è nulla, oltre la Federazione della Stampa credo ci sia qualcosa di incerto e difficile: io, quando un Segretario della Fnsi, chiunque egli sia, entra nel mio ufficio, mi alzo in piedi in onore alla storia della Federazione della Stampa”. (giornalistitalia.it)

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