BUJUMBURA (Burundi) – “Attaccare dei mezzi di informazione non è mai una soluzione, specialmente quando i cittadini hanno la necessità di sapere quello che sta accadendo attorno a loro e coloro che hanno il potere hanno il dovere di ascoltare quello che il popolo sta dicendo”, afferma Sue Valentine, coordinatrice del Programma Africa del Comitato per la Protezione dei Giornalisti (Cpj), in un comunicato inviato all’Agenzia Fides sulla crisi in Burundi. Secondo il Cpj almeno cinque radio private sono state attaccate, durate gli scontri tra dimostranti e polizia e il fallito tentato golpe dei giorni scorsi.
Il 14 maggio alcune persone non identificate hanno tirato delle granate nel compound che ospita le stazioni radio Bonesha Fm, Renaissance Radio, Radio Isanganiro e Radio Publique Africaine (che a dispetto del nome è di proprietà privata), il cui direttore è stato costretto a fuggire all’estero, perché, a suo dire, minacciato di morte.
La sede di quest’ultima emittente è stata bruciata dopo essere stata colpita da un razzo. Il 13 maggio era stata data alle fiamme la radio filo-governativo Rema Fm. Tutte le radio colpite non sono in grado di trasmettere. Un fatto grave, sottolinea Cpj, perché solo l’1,3% della popolazione ha accesso a Internet.
In Burundi la radio continua, dunque, a rimanere la principale fonte di informazione. Tra l’altro anche l’accesso ai social network attraverso gli smartphone è stato reso inaccessibile.
Anche Iwacu, il giornale più diffuso, è stato costretto a sospendere le pubblicazioni, dopo aver ricevuto delle minacce. Come riportato da Fides, i militari fedeli al presidente Pierre Nkurunziza e quelli golpisti, leali al generale Godefroid Niyombare, si sono battuti per il controllo della Radio Televisione Nazionale del Burundi, l’emittente di Stato, l’unica emittente in grado di coprire l’interno territorio nazionale. (lm/Agenzia Fides)
L’unica radio funzionante è quella nazionale
BUJUMBURA (Burundi) – “Bujumbura è vuota, anche se sappiamo che la società civile ha chiesto di riprendere le manifestazioni contro il terzo mandato del presidente Pierre Nkurunziza, il quale secondo voci, sarebbe rientrato in città”: lo dicono all’Agenzia Fides fonti locali, dalla capitale del Burundi, che non citiamo per motivi di sicurezza.
È, quindi, rientrato il tentativo di golpe militare, capitanato dall’ex capo dell’intelligence, il generale Godefroid Niyombare: “I golpisti hanno tentato di impadronirsi della Radio Nazionale, ma non ci sono riusciti. Negli scontri sono morti almeno una decina di militari ed altri sono rimasti feriti. Solo tre dei capi golpisti si sono consegnati ai militari lealisti. Il generale Niyombare invece è sfuggito alla cattura”.
“Non sappiamo se e come gli appelli alla protesta raggiungeranno la popolazione – proseguono le fonti di Fides –, perché l’unica radio funzionante è quella nazionale, in mano al governo. Nei due giorni di scontri, sono state distrutte e incendiate le sedi delle radio indipendenti: una, vicina al presidente, da parte dei militari ribelli, le altre, sembra, dalla polizia (che è schierata con il presidente)”.
I quattro precedenti presidenti del Burundi, due Hutu e due Tutsi, hanno firmato insieme una dichiarazione rivolta al presidente della Comunità dell’Africa Orientale (East African Community – Eac composta da Burundi, Rwanda, Repubblica Democratica del Congo, Tanzania e Uganda) nella quale affermano che il terzo mandato è anticostituzionale.
“Due giorni fa i vescovi hanno chiarito quello che avevano detto prima del tentato golpe, affermando che in queste condizioni sarebbe opportuno procrastinare le elezioni, perché al momento è impossibile andare a votare il 26 maggio per eleggere i deputati e gli organi locali e il 26 giugno per il presidente”. (lm/Agenzia Fides)