CROTONE – Un caso unico nel calcio e nello sport in Italia: sette arbitri di calcio – all’epoca dei fatti in B e oggi in serie A – querelano per diffamazione il giornalista calabrese Bruno Palermo, da anni anche collaboratore di Sky Sport e Tuttosport, ma e il gip archivia perché il direttore di CrotoneNews ha semplicemente fatto il suo mestiere esercitando, seppur “con toni piuttosto aspri”, il diritto di critica.
Il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Crotone, Romina Rizzo, ha infatti archiviato la querela presentata da uno studio legale di Bologna a nome e per conto di Davide Ghersini, Ivan Pezzuto, Livio Marinelli, Antonio Rapuano, Marco Piccinini, Francesco Forneau Alessandro Prontera e Gianluca Aureliano.
Al giornalista veniva contestato il contenuto, a detta degli arbitri diffamatorio, di un suo editoriale pubblicato il 19 febbraio 2019 nel quale venivano messi in evidenza, con tanto di “aspra critica”, una serie di accadimenti nel corso delle partite del campionato 2018-2019 di Serie B.
Il pubblico ministero, Alessandro Rho, aveva chiesto l’archiviazione, ma i sette arbitri, attraverso il proprio legale, avevano presentato opposizione. Il gip Romina Rizzo ha, dunque, convocato una udienza nella quale per Palermo, difeso dall’avvocato Aldo Truncé, oggi è arrivata l’archiviazione.
«Dalla lettura degli atti – in particolare dell’articolo incriminato – si ricava che – scrive il Gip – pur in presenza di una critica aspra nei confronti delle persone offese, appaiono comunque condivisibili le articolate argomentazioni – supportate da orientamenti della giurisprudenza di legittimità – formulate dal pubblico ministero».
Sempre nel decreto di archiviazione è scritto: «Nel dettaglio, deve rilevarsi come nel caso di specie l’articolo di stampa in oggetto contiene comunque una ricostruzione degli accadimenti sportivi, e dunque una serie di fatti realmente accaduti, ai quali fa seguito una valutazione del giornalista, che pur connotata da toni critici piuttosto aspri, non si ritiene sia supportata dal dolo della diffamazione, ma dalla mera volontà di criticare l’altrui operato secondo una valutazione, personale, ma comunque ancorata ad accadimenti reali.
Peraltro, tali valutazioni trovano giustificazione anche nel fatto che il settore in cui si è sviluppata la vicenda è quello delle competizioni calcistiche ove ordinariamente i toni critici sono piuttosto aspri».
Quanto al fatto che gli arbitri lamentassero di essere stati paragonati nell’articolo al Marchese del Grillo, nella richiesta di archiviazione il pm Rho scrive che, per quanto discutibile sia il personaggio del film, la figura evocata rappresenta un cult della satira italiana e come tale deve essere valutata. (giornalistitalia.it)