GALLIATE (Novara) – Alla biblioteca di Galliate, Bruno Gambarotta – giornalista, commediografo, attore e regista – presenta la sua ultima fatica letteraria: “Non si piange sul latte macchiato” (editrice Manni).
Il titolo sprizza ironia come è ironico l’autore che, nelle pagine del libro e davanti al pubblico che lo ascolta, non si risparmia di dispensare spiritosaggini, battute e arguzie. A cominciare dai protagonisti dei suoi capitoli: il dottore Tramezzino, la moglie del commissario che da grande voleva fare la vedova, il maiale Godiberto e l’associazione degli “amici della prostata”.
Presentato da Eleonora Groppetti, firma prestigiosa delle pagine culturali del Corriere di Novara, Gambarotta precisa che il libro è composto da otto racconti “gialli”. Anche se, più che il thriller, è riconoscibile il comico.
Come si può diversamente definire la storia di apertura? È ambientata a San Venanzio che ospita la sagra del maiale più bello e, per l’occasione, un concorso di pittura. Gli artisti svolgono il tema immaginando delle nature morte con piatti cotti e crudi, trecce di salami, barbecue e spiedi in evidenzia. Però, uno di loro vuole dipingere il ritratto del maiale che è stato premiato dalla giuria. Niente affatto facile. L’animale (prima) non sta fermo (poi) riesce a scappare e (infine) si trova in un campo dove si svolge una gara di tiro con l’arco e viene infilzato dalle frecce.
Poi compare una povera ragazza pugnalata, e, contemporaneamente, soffocata con l’infilarle “un sacchetto di plastica del commercio equo solidale”.
Finisce male – si fa per dire – un cenone di San Silvestro organizzato in un castello. E – altro episodio – durante una ripresa cinematografica, muore il regista al quale tappano il naso e scaricano in gola l’intero contenuto di una bomboletta spray: “la lacca che uccide”.
Ottant’anni, splendidamente portati, con un garbo tutto piemontese, Gambarotta nasconde fra le righe del libro una serie di preziosismi tutti da scoprire: un ruolo, un dettaglio, un richiamo dialettale e, persino, qualche giudizio non del tutto politically correct. Come quello che riguarda i poeti: “18 milioni di verseggiatori che pubblicano i loro lavori a spese proprie ma non leggono le rime degli altri per non rovinare il proprio stile”. (giornalistitalia.it)