ROMA – Ricorre oggi il 1° centenario della scomparsa di Umberto Boccioni, vittima di un disgraziato incidente a cavallo nei pressi di Verona durante la Grande Guerra. Artista-soldato, considerato l’artista italiano più importante del Novecento, padre del futurismo nel nostro Paese e uno dei maggiori pittori futuristi a livello mondiale oltre che estensore dei Manifesti futuristi della pittura e della scultura. Scultore e scrittore, all’inizio del Novecento ha collaborato con numerosi giornali e autorevoli riviste letterarie.
Per la giornalista e ricercatrice calabrese Carmelina Sicari “Boccioni rappresenta l’incrocio di tradizione ed innovazione e di quanto possa l’arte, unita alla passione, al sentimento, alla convinzione profonda di una missione da compiere”.
Per commemorare i 100 anni della sua morte le Poste Italiane hanno emesso oggi un francobollo, del valore di € 0,95 stampato dall’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato con una tiratura di 800 mila esemplari. La vignetta riproduce un dipinto di Umberto Boccioni denominato “Dinamismo di una testa d’uomo”, realizzato nel 1914 e conservato presso il Museo del Novecento di Milano, che ha concesso la riproduzione dell’opera. La cartolina commemorativa, predisposta a cura dell’Associazione culturale Anassilaos di Reggio Calabria, riproduce il ritratto di Boccioni realizzato dall’artista reggino Alessandro Allegra.
L’immagine del suo capolavoro “Forme uniche della continuità nello spazio” del 1913 (Museum of Modern Art) è stata, invece, riprodotta sulla moneta italiana da 20 centesimi di euro.
Boccioni nacque a Reggio Calabria il 19 ottobre 1882 alle ore 17.55, in via Cavour 41, in una casa che sarà poi devastata dal disastroso terremoto del 28 dicembre 1908 che colpì anche Messina. I suoi genitori, Raffaele (usciere di Prefettura costretto a spostarsi per l’Italia per esigenze di servizio) e Cecilia Forlani erano di origine romagnola. Erano entrambi di Morciano di Romagna (allora provincia di Forlì, oggi di Rimini). Ma dopo soli 20 giorni dalla nascita il piccolo Umberto andò a vivere altrove con il papà, la mamma e la sorella maggiore Amelia.
Particolare curioso: Umberto Boccioni risulta incluso per un madornale errore nell’Albo d’Oro dei Caduti della Lombardia (Caduto n. 02634 progressivo 22, volume 10° pagina 088), anziché in quello della Calabria, perché sulla Gazzetta Ufficiale gli è stata per sbaglio attribuita dalle autorità militari la nascita a Livraga (distretto militare di Lodi).
Il 6 luglio 1900 scrisse il romanzo “Pene dell’anima”. Nel 1901 si trasferì a Roma, dove conobbe Gino Severini, come lui assiduo frequentatore dello studio del pittore torinese Giacomo Balla. Quest’ultimo, all’epoca noto esponente della corrente divisionista, ebbe una notevole influenza sulle concezioni artistiche di Boccioni. L’iscrizione nel 1903 alla Libera Scuola del Nudo di via Ripetta consentì a Boccioni non solo di affinare la propria tecnica, ma anche di entrare in contatto con l’artista Mario Sironi, che rimarrà sempre uno dei suoi amici più cari.
L’internazionalismo di Boccioni fu ravvivato da due viaggi compiuti nel 1906, prima a Parigi e poi in Russia, viaggi che, oltre a consentirgli di incrementare il suo bagaglio artistico, gli fecero apparire la situazione culturale italiana ancora di più come limitata e provinciale. Per questo, e per riavvicinarsi alla madre e alla sorella, decise, nel novembre 1907, di stabilirsi a Milano dove visse per 5 anni fino al 1912 prima in via Castel Morrone 7 (zona Porta Venezia), poi in via Adige 23 (zona Porta Romana).
Nella città lombarda, che vantava allora un notevolissimo fermento artistico e culturale, si avvicinò inizialmente al simbolista Romolo Romani e conobbe il divisionista Gaetano Previati. Queste frequentazioni lo condussero in un primo momento verso un approccio simbolista. Memore della lezione di Balla, infatti, Boccioni iniziò a produrre quadri di periferie industriali connotati da una pennellata divisionista e un taglio di analisi sociale della contemporaneità. Tuttavia, in un ambiente come quello milanese dei primi anni del Novecento, la voce sicuramente più potente è quella di Filippo Tommaso Marinetti. Le sue idee di un’arte innovativa, votata all’espressione del dinamismo e della forza e libera da ogni accademismo retrivo e reazionario, affascinarono Boccioni che, assieme a Carlo Dalmazzo Carrà, Luigi Russolo, Giacomo Balla e Gino Severini l’11 febbraio 1910 firmò il Manifesto del Futurismo, cui seguì due mesi dopo la redazione del Manifesto Tecnico della Pittura Futurista.
Nella pittura futurista riversò alcuni dei temi già affrontati nel periodo divisionista, come i cantieri e lo sviluppo urbano; essi sono affrontati però in chiave dinamica, grazie a una pennellata più decisa, meno filamentosa e a un’impostazione spaziale dialettica rispetto alla pittura cubista, conosciuta nell’occasione delle importanti mostre europee del futurismo tra 1912 e 1913.
Nel febbraio 1912 inaugurò con Marinetti la 1ª Esposizione futurista a Parigi. Espressione del futurismo in pittura. Sua é “La città che sale” (la versione definitiva si trova al Museum of Modern Art di New York). Nell’ambito dell’elaborazione di una nuova estetica futurista per una disciplina come il calcio, dipinse “Dinamismo di un footballer” in cui è rappresentata la sensazione provocata dalla corsa di un calciatore come se si stesse svolgendo proprio nel momento in cui lo spettatore osserva il dipinto. Il quadro, esposto nella Mostra di Londra del 1914, é conservato a New York presso il Museo of Modern Art.
Un altro importante capitolo della produzione di Boccioni è rappresentato dal suo Manifesto della scultura futurista dell’11 aprile 1912. L’artista abolì i materiali tradizionali per privilegiare legno, ferro e vetro.
Nel settembre 1914 Boccioni partecipò assieme a Marinetti alla primissima dimostrazione anti-austriaca organizzata dai futuristi e furono entrambi arrestati.
In tutte le occasioni Boccioni espresse sempre la sua istintiva e incontenibile gaiezza come avvenne quando improvvisò una mirabile conferenza in una galleria di Parigi per illustrare una sua Esposizione di scultura e quando discusse per ben 6 ore in una sala d’arte di Bruxelles con 200 pittori e scultori lì convenuti per confutarlo e condannarlo.
Alcune sue illustrazioni furono pubblicate nel 1915 nell’Almanacco de “La Voce” di Giuseppe Prezzolini. Collaborò con le più autorevoli riviste letterarie dell’epoca e scrisse numerosi articoli su “Lacerba” (del 15/3/1913 n. 6, 1/4/1913 n. 7, 1/7/1913 n. 13, 15/8/1913 n. 16, 1/9/1913 n. 17, 1/10/1913 n. 19, 15/11/1913 n. 22, 15/12/1913 n. 24, 1/2/1914 n. 1, 1/3/1914 n. 5 e 15/3/1914 n. 6), “Vela Latina”, “Avvenimenti” e anche su giornali locali catanesi.
Interventista, partì per la Grande Guerra come soldato volontario del 29° Reggimento Artiglieria da campagna e combatté sul Garda. Era addetto alle bombarde. Si era arruolato nel BLVCA (Battaglione Lombardo Volontari Ciclisti Automobilisti) assieme all’amico Carlo Carrà e ad altri futuristi come il noto architetto comasco Antonio Sant’Elia che morì anch’esso il 10 ottobre 1916, combattendo sul Monte Zebio.
Nell’ottobre 1915 Boccioni coniò la sua famosa equazione, secondo cui la guerra “quando si attende di battersi non é altro che questo: insetti + noia = eroismo oscuro…”.
Nei giorni “eroici” della presa di Dosso Cassina scrisse: “Vivo in un rumore terribile. Meraviglioso! Dieci giorni di marcia in alta montagna al freddo, fame, sete! I volontari ciclisti trasformati in alpini… La guerra è una cosa bella, meravigliosa, terribile! In montagna poi sembra una lotta con l’infinito. Grandiosità, immensità, vita e morte! Sono felice! … Sono felice e orgoglioso di essere soldato semplice e umile cooperatore all’opera grandiosa. W l’Italia”.
Ma, durante il suo impegno bellico si ricredette sulla teoria futurista enunciata da Marinetti, secondo cui la guerra “è solo igiene del mondo”. In una lettera dal fronte datata all’agosto del 1916, pochi giorni prima di morire, Umberto Boccioni scrisse: “… Da quest’esistenza io uscirò con un disprezzo per tutto ciò che non è arte. Nulla è più terribile dell’arte. Tutto ciò che vedo al presente è un gioco di fronte a una buona pennellata, a un verso armonioso, a un giusto accordo. Tutto, in confronto a ciò, è una questione di meccanica, di abitudine, di pazienza, di memoria. C’è solo l’arte”. Va sottolineata la profonda differenza tra le sue prime lettere del settembre-dicembre 1915, entusiaste e cariche di una vitalità bellica coerente con i principi del futurismo professati dall’artista, e quelle degli ultimi giorni di vita del 1916.
Per un paio di mesi – dal 7 giugno 1916 a poco prima della morte – visse sull’Isolino di San Giovanni, la più piccola delle Isole Borromee sul lago Maggiore, una segreta quanto intensa storia d’amore con la principessa Vittoria Colonna, moglie del duca Leone Caetani di Teano, quindicesimo duca di Sermoneta.
Solo nel 1921 il duca Caetani abbandonò poi la moglie, il figlio Onorato e le immense proprietà della famiglia per rifugiarsi a Vernon in Canada assieme alla sua nuova fidanzata Ofelia Fabiani e alla loro bimba. L’epistolario segreto con le lettere d’amore di Vittoria Colonna a Umberto Boccioni fu ritrovato da Marella Caracciolo Chia, nipote della nobildonna romana, che lo svelò nel libro “Una parentesi luminosa”, pubblicato da Adelphi nel 2008.
Boccioni morì all’Ospedale militare di Verona all’alba del 17 agosto 1916 a seguito delle gravi ferite alla testa riportate in modo del tutto casuale per un’accidentale caduta dalla sua cavalla “Vermiglia” durante un’esercitazione militare del giorno prima. L’artista, cavallerizzo inesperto, doveva recarsi ad un appuntamento nella frazione di Sorte di Chievo con il suo amico commilitone e pittore futurista Giorgio Ferrante. Prelevò quindi “Vermiglia” dalle scuderie del reggimento e caracollando stava percorrendo il tratto di strada verso i sobborghi per vedersi con l’amico, che mancò, però, all’appuntamento. Purtroppo, poco dopo, al passaggio di un autocarro ad un incrocio il cavallo si imbizzarrì e fece un brusca impennata. Boccioni fu disarcionato, restando, però, impigliato con lo stivale sinistro nella staffa e battendo violentemente la testa sui sassi. Inerte e sanguinante, fu trasportato all’Ospedale Militare di Verona dove giunse ormai agonizzante. Morì la mattina dopo.
Per un singolare segno premonitore del destino appena due mesi prima aveva disegnato proprio un cavallo sul 1° numero de “L’Italia futurista” dell’1/6/1916 a pag. 3, mentre nell’ormai lontano 1900, nel romanzo lasciato in dono all’amico catanese Mario Nicotra (che un tragico segno del destino morì anch’egli in combattimento il 7 agosto 1916 sul monte San Michele e fu decorato con la medaglia d’argento al valor militare), Boccioni aveva tracciato sopra un foglio il disegno di un cavaliere disarcionato. Insomma, il disegno si é così drammaticamente trasformato in realtà.
Sul luogo dell’incidente a Sorte di Chievo (Verona) un cippo lo ricorda con queste parole: “Qui Umberto Boccioni artista e soldato d’Italia trovava la morte 16-VIII-1916”.
Boccioni é sepolto dal 1927 nel Cimitero monumentale di Verona dove sono anche custodite le spoglie dello scrittore Emilio Salgari. Sulla sua tomba, che si trova nella curva del semicerchio di sinistra del 2° ingresso, si legge: “Boccioni artista e soldato che alla Patria volontario sacrificò vita e gloria” e vi sono riportati anche gli autografi di altri noti artisti come Gino Severini, Giacomo Balla e Giorgio Ferrante. Questi fino al 1989, cioé poco prima della sua morte avvenuta l’anno seguente a 92 anni, non tralasciò mai di andare ad omaggiare il suo maestro, quasi sentendosi responsabile di quel tragico incidente per aver mancato all’appuntamento.
Dettero notizia della morte di Boccioni “La Stampa” del 19/8/1916 a pag. 2, “La Guerra Italiana” n. 16 del 1916 a pag. 256 e l’ “Italia futurista” n. 6 del 1916 a pag. 1, n. 22 del 1917 a pag. 1 e n. 38 del 1918 a pag. 1.
Il futurista e suo grande amico Filippo Tommaso Marinetti elaborò così il suo ricordo: “È morto Umberto Boccioni caro grande forte migliore divino genio futurista ieri denigrato oggi glorificato superarlo superarlo superarlo durezza eroismo velocità giovani futuristi tutto dolore sangue vita per la grande Italia sgombra ingigantita elettrica esplosiva non lagrime acciaio acciaio”.
Su Boccioni vi é una bibliografia ricchissima, mentre la sua biografia compare in tutte le enciclopedie. La sua opera letteraria completa fu poi raccolta dall’editore Campitelli di Foligno. È stato anche più volte commemorato negli anniversari della nascita e della morte (per la Mostra retrospettiva al castello Sforzesco di Milano in occasione del 50° anniversario della sua nascita vedere La Stampa della Sera del 15/6/1933 a pag. 2 e La Stampa del 15/6/1933 a pag. 4).
Sono stati intitolati a suo nome scuole e licei anche artistici a Milano, Como, Verona, Roma, Napoli, Catanzaro e Reggio Calabria, mentre vie, viali, larghi e piazze a Milano, Monza, Padova, Reggio Emilia, Morciano di Romagna, Firenze, Roma (nel quartiere Parioli), Morlupo, Brindisi, Crotone e Reggio Calabria.
Nella primavera di quest’anno Milano gli ha reso omaggio con una grande mostra a Palazzo Reale, intitolata “Boccioni 100. Genio e Memoria”, in cui é stata celebrata la personalità dell’artista ed é stato offerto un percorso espositivo molto ricco e completo, comprendente quasi 300 opere tra disegni, dipinti, sculture, incisioni, fotografie d’epoca, libri, riviste e documenti.
Pierluigi Roesler Franz
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