Respinto il ricorso sul credito per l’acquisto di beni e servizi derivante dal cambio merce

Benefit Italia Oggi: Inpgi perde in Cassazione

ROMA – La Corte di Cassazione ha definitivamente respinto un ricorso dell’Inpgi per ottenere i contributi sui fringe benefit aziendali concessi ai dipendenti della societàItalia Oggi Editori-Erinne, giornalisti praticanti e professionisti, consistenti in un credito pro-capite da utilizzare per l’acquisto di beni e servizi ricevuti da aziende in cambio di merci e in riferimento a somme erogate mensilmente e qualificate formalmente come indennità di trasferta.
In primo grado l’Istituto Nazionale di Previdenza dei Giornalisti Italiani aveva avuto ragione, ma nel 2014 la Corte d’appello di Roma aveva capovolto il verdetto respingendo le tesi dell’ente, ritenendo che il credito concesso ai dipendenti, per un massimo annuo di 1.549 euro ciascuno, costituisse, in realtà, un premio di produzione, e come tale era assoggettabile alle agevolazioni contributive.
Ora la sezione lavoro della Cassazione, presieduta da Antonio Manna, con ordinanza n. 14068 del 21 maggio scorso, ha bocciato le tesi dell’Istituto di via Nizza condannandolo anche a rimborsare al quotidiano economico circa 10 mila euro per le spese del giudizio. (giornalistitalia.it)

LA DECISIONE DELLA CORTE DI CASSAZIONE

Cassazione sezione Lavoro n. 14068 del 21 maggio 2021
(Presidente Antonio Manna, relatore Rossana Mancino)

ORDINANZA

sul ricorso 13631-2015 proposto da:
Inpgi – Istituto Nazionale di Previdenza dei Giornalisti Italiani “Giovanni Amendola”, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in Roma, via Gabriele Camozzi 9, presso lo studio dell’avvocato Gavina Maria Sulas, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –

contro

Italia Oggi Editori Erinne srl, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, via Virgilio, presso lo studio dell’avvocato Andrea Musti, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati Pietro Emilio Antonio Ichino, Andrea Fortunat;
– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3721/2014 della Corte d’Appello di Roma, depositata il 23 giugno 2014 R.G.N. 11428/2010;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 14 gennaio 2021 dal Consigliere Dott. Rossana Mancino.

RILEVATO CHE

1. la Corte di Appello di Roma, con sentenza n. 3721 del 2014, ha riformato la pronuncia di primo grado e, per quanto in questa sede rileva, ha ritenuto non dovute le somme pretese dall’Inpgi, per omissioni contributive, in riferimento a benefits aziendali concessi ai dipendenti della s.r.I. Italia Oggi Editori-Erinne, giornalisti praticanti e professionisti, consistenti in un credito pro-capite da utilizzare per acquisto di beni e servizi ricevuti da aziende in cambio di merci; e per omissioni contributive in riferimento a somme erogate mensilmente e qualificate formalmente come indennità di trasferta;
2. quanto ai premi di risultato erogati con il sistema del cambio merce e alla correlativa contestata omissione contributiva, la Corte di merito riteneva che, nella specie, il credito concesso ai dipendenti, per un massimo annuo (euro 1.549,00 ciascuno) costituisse, in realtà, un premio di produzione, come tale assoggettabile alle agevolazioni contributive ex art. 2, co. 2 d.l. n. 67 del 1997, per essere l’origine dell’attribuzione patrimoniale riconducibile all’accordo aziendale del 2002, non circoscritto, in via esclusiva, al predetto anno, sicché legittimamente la società vi aveva fatto riferimento anche per gli anni successivi, rispettati i requisiti per l’esonero contributivo – il raggiungimento di incrementi produttivi alla stregua del medesimo accordo – e incontestato che detti incrementi si fossero effettivamente verificati, ininfluente, infine, che l’importo fosse uguale per tutti i dipendenti e fisso per tutti gli anni di riferimento;
3. quanto all’omissione relativa alle somme erogate mensilmente ai dipendenti giornalisti, qualificate formalmente come indennità chilometriche o di trasferta ma ritenute, dagli ispettori, emolumenti retributivi, la società aveva assolto l’onere probatorio con la produzione delle schede chilometriche e tanto escludeva che potesse reputarsi fittizio il sistema di rimborso operato dalla società;
4. avverso tale sentenza l’Inpgi  ha proposto ricorso, affidato a quattro motivi, al quale ha opposto difese la srl Italia Oggi Editore I – Erinne, con controricorso;
5. entrambe le parti hanno depositato memorie;

CONSIDERATO CHE

6. con i motivi di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 cod. civ., dell’art. 1 e ss. d.lgs. n. 314 del 1997, art. 2 dl. n. 67 del 1997, convertito in legge n.1 35 del 1997, in ordine all’omessa contribuzione relativamente ai benefits aziendali concessi pari ad un credito annuo di euro 1.549,00 pro-capite da utilizzarsi per acquisito di beni e servizi ricevuti da aziende inserzioniste di pubblicità in cambio di merce (primo motivo); violazione e falsa applicazione dell’art 1362 cod. civ. in relazione all’accordo aziendale 24 gennaio 2002, in ordine all’applicabilità anche per gli anni successivi al 2002 e alla possibilità di usufruire del bonus non utilizzato, anche negli anni successivi, pur sforando il limite del 3 per cento annuo della retribuzione percepita (secondo motivo); violazione dell’art. 132, n. 4 cod. proc. civ. e nullità della sentenza, per motivazione inesistente ed apparente sul predetto punto – dell’applicabilità del predetto accordo aziendale anche agli anni successivi nonostante la esplicita previsione della pattuizione del premio, nella già detta misura del limite percentuale annuo massimo – stante la previsione negoziale della fissazione, di volta in volta, all’esito di incontri fra l’organizzazione sindacale e la direzione aziendale (terzo motivo); omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, non corrispondendo a vero che non siano state contestate le erogazioni per i due titoli azionati (benefits e indennità chilometriche) e non avendo la società messo a disposizione degli ispettori verbalizzanti alcun tipo di documentazione attestante e comprovante l’effettuazione delle trasferte;
7. il ricorso è da rigettare;
8. va ricordato che questa Corte di Cassazione (v., fra le altre, Cass. n. 8264 del 2020) ha affermato il principio consolidato secondo il quale le espressioni violazione o falsa applicazione di legge, di cui all’art. 360 comma 1, n. 3, cod. proc. civ. descrivono i due momenti in cui si articola il giudizio di diritto: a) quello concernente la ricerca e l’interpretazione della norma ritenuta regolatrice del caso concreto; b) quello afferente l’applicazione della norma stessa, una volta correttamente individuata ed interpretata;
9. il vizio di violazione di legge investe immediatamente la regola di diritto, risolvendosi nella negazione o affermazione erronea della esistenza o inesistenza di una norma, ovvero nell’attribuzione ad essa di un contenuto che non possiede, avuto riguardo alla fattispecie in essa delineata; il vizio di falsa applicazione di legge consiste, o nell’assumere la fattispecie concreta giudicata sotto una norma che non le si addice, perché la fattispecie astratta da essa prevista – pur rettamente individuata e interpretata – non è idonea a regolarla, o nel trarre dalla norma, in relazione alla fattispecie concreta, conseguenze giuridiche che contraddicano la pur corretta sua interpretazione;
10. non rientra nell’ambito applicativo dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ. l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa che è, invece, esterna all’esatta interpretazione della norma e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, sottratta perciò al sindacato di legittimità;
11. il vizio di violazione e falsa applicazione del d.l. del 25 marzo 1997, n. 67 art. 2 conv. in L. n. 135 del 1997, poi abrogato dalla L. n. 247 del 2007, non si correla, dunque, al tipo di denuncia fatta valere nel caso di specie, posto che il motivo, ad onta della sua intitolazione, non denuncia alcuna scorretta interpretazione del D.L. 25 marzo 1997, n. 67, art. 2 conv. in L. n. 135 del 1997, ma una errata interpretazione del contratto aziendale costituente il nocciolo della controversia;
12. il meccanismo di legge che si assume essere stato violato, prevede(va) (d.l. n. 67 del 1997) un regime di automatica e totale esclusione dalla retribuzione imponibile a fini previdenziali delle erogazioni, disposte dai contratti decentrati, di cui fosse incerta «la corresponsione o l’ammontare e la cui struttura (…) (fosse) correlata (…) alla misurazione di incrementi di produttività, qualità ed altri elementi di competitività assunti come indicatori dell’andamento economico dell’impresa e dei suoi risultati» (art. 2);
13. la disposizione impone(va) la presenza di un’alea legata alla attribuzione del premio, delegando alla contrattazione collettiva il compito di individuare nel concreto i citati parametri;
14. da quanto sin qui esposto, emerge anche che la denuncia di erronea interpretazione del contenuto dell’accordo aziendale, quanto alla possibilità di fruire del bonus, anche quanto alla fruibilità per gli anni successivi e alle modalità asseritamente esclusive per interventi negoziali, confermativi o modificativi, per gli anni successivi al 2002, andava necessariamente veicolata, nel giudizio di cassazione, attraverso la denuncia di violazione delle regole del codice civile in materia di interpretazione dei contratti e cioè degli artt. 1362 c.c. e ss., facendo valere l’errata applicazione dei criteri legali di interpretazione del contratto;
15. il sindacato di legittimità su tali contratti, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., per violazione delle norme di cui agli artt. 1362 c.c. e segg., può promuoversi a condizione, peraltro, che i motivi di ricorso non si limitino a contrapporre una diversa interpretazione rispetto a quella del provvedimento gravato, ma prospettino, sotto molteplici profili, l’inadeguatezza della motivazione anche con riferimento alle norme del codice civile di ermeneutica negoziale come canone esterno di commisurazione dell’esattezza e congruità della motivazione stessa (Cass. n. 21888 del 2016);
16. infatti, l’interpretazione del contratto può essere sindacata, in sede di legittimità, solo nel caso di violazione delle regole legali di ermeneutica contrattuale, la quale non può dirsi esistente sul semplice rilievo che il giudice di merito abbia scelto una piuttosto che un’altra tra le molteplici interpretazioni del testo negoziale, sicché, quando di una clausola siano possibili due o più interpretazioni, non è consentito alla parte, che aveva proposto l’interpretazione disattesa dal giudice, dolersi in sede di legittimità del fatto che ne sia stata privilegiata un’altra (Cass. n. 8262 del 2020 cit. ed ivi ulteriori riferimenti);
17. conseguentemente si palesano inconferenti le ulteriori doglianze volte a censurare, per motivazione inesistente o apparente la sentenza impugnata, sempre in riferimento al contenuto e all’applicabilità dell’accordo per gli anni successivi al 2002;
18. quanto alla denuncia di omesso esame di un fatto decisivo in ordine alle modalità di erogazione del premio – tramite il cambio merce ovvero sotto forma di beni o servizi anziché con l’erogazione di somme di denaro – lamentando che la Corte di merito, senza alcuna spiegazione, abbia ritenuto legittima detta trasformazione e modalità, va osservato che la Corte di merito ha argomentato e motivato, al riguardo, affermando l’irrilevanza, agli effetti dell’esenzione contributiva, delle modalità di corresponsione del premio (in denaro o in natura), e rimarcando la decisività della fonte negoziale collettiva del premio, legato a incrementi produttivi;
19. del pari risulta inammissibile la censura, per omesso esame di un fatto decisivo, in riferimento al possibile superamento della soglia del 3 per cento della retribuzione annua lorda, sia perché inerente a questione esaminata dalla Corte sia perché la decisività risulta smentita dalla stessa parte ricorrente che configura e illustra circostanza, devoluta in sede di legittimità con evidenti profili di novità, come meramente possibile;
20. quanto alla contestata regolazione dell’onere probatorio per essere stato onerato l’Inpgi della prova in ordine alla natura retributiva dei fringe beneftis, la censura non si confronta con la sentenza impugnata che, come già rimarcato nei paragrafi che precedono, ha dato atto, in linea generale, applicando la regola affermata al caso di specie, dell’ininfluente modalità, agli effetti esonerativi dell’obbligazione contributiva, del premio di produzione, e non onerato, dunque, l’Inpgi di provare la natura del credito per acquisito di beni e servizi;
21. inammissibile risulta, poi, la censura per motivazione contraddittoria, inesistente o apparente, in ordine all’esistenza dell’incremento di produttività ovvero all’erronea regolazione dell’onere della prova in ordine alla medesima circostanza a fondamento dell’erogazione del premio, non solo perché l’insufficienza motivazionale non è più spendibile alla stregua del novellato art. 360, n. 5 cod. proc. civ., ma anche perché neanche si ravvisa il vizio di motivazione inesistente o apparente nella motivazione svolta dalla Corte di merito dando atto che sull’effettivo verificarsi degli incrementi produttivi, nel periodo, non vi fosse stata contestazione;
22. quanto alle indennità chilometriche o di trasferta, ritenute dall’Inpgi emolumenti retributivi, le censure si risolvono, inammissibilmente, nella richiesta di riesame del compendio probatorio;
23. spetta al giudice di merito, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, assumere e valutare le prove, controllarne l’attendibilità e la concludenza, scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad essi sottesi, dando così liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive, dovendo ritenersi implicitamente disattesi tutti i rilievi e le circostanze che, sebbene non menzionati specificamente, sono logicamente incompatibili con la decisione adottata (v., fra le tante, Cass., n. 13485 del 2014);
24. le spese vengono regolate come da dispositivo;
25. ai sensi dell’art.13, co.1-quater, d.P.R.n.115/2002, sussistono i presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso ex art.13, co. 1, se dovuto. (ovvero vengono compensate;

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese, liquidate in euro 200,00 per esborsi, euro 8.000,00 per compensi professionali, oltre accessori di legge e rimborso forfetario del 15 per cento, Ai sensi dell’art.13, co.1-quater, d.P.R.n.115/2002, sussistono i presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso ex art.13, co. 1, se dovuto.
Così deciso nella Adunanza camerale del 14 gennaio 2021

Il Presidente
Antonio Manna

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