La saggia decisione della Rai come al solito trasforma la decisione in scontro politico

Battistini e Traini in Italia: prima la sicurezza

Stefania Battistini

ROMA – La polemica sulla decisione della Rai di far rientrare in Italia i giornalisti Stefania Battistini e Simone Traini, inviati del Tg1 sul fronte di guerra russo – ucraino, ripropone il solito cliché delle opposte tifoserie e dei 60 milioni di italiani che, in occasione di ogni partita di calcio della Nazionale, si sentono commissari tecnici.
A innescare la polemica lo scoop mondiale che l’inviata Stefania Battistini ha realizzato con Simone Traini dopo l’incursione ucraina in territorio russo. «Abbiamo raggiunto le posizioni conquistate dalla brigata ucraina – ha spiegato la Battistini – che ha consentito di portarci, embedded su un mezzo blindato, nella città conquistata da Kiev».
«Abbiamo pensato – ha aggiunto – fosse giusto mostrarvi anche questa parte della guerra, senza voler violare le leggi della federazione russa o prendere le parti di qualcuno, ma pensando solo di seguire i fatti, come abbiamo sempre fatto. Il racconto di guerra è per definizione un racconto parziale, perché possiamo raccontarvi soltanto quello che ci ha consentito vedere e documentare. Ma ci sembrava importante esserci e raccontare almeno quella parte della realtà».

Stefania Battistini e Simone Traini “embedded” sul blindato dell’esercito ucraino

«Un reportage – ha spiegato, dal canto suo, la Rai – che ha rispettato le norme del diritto internazionale sulla figura specifica del corrispondente di guerra e che aveva come solo scopo quello di testimoniare, di vedere con i nostri occhi, di documentare la realtà di un conflitto».

Roberto Sergio

L’amministratore delegato e presidente facente funzioni della Rai, Roberto Sergio, ha motivato la scelta con la più ovvia e saggia delle decisioni che avrebbe potuto assumere il Servizio Pubblico: «L’Azienda, in linea con i protocolli di sicurezza, ha ritenuto, esclusivamente per garantire sicurezza e tutela personale, di far rientrare, temporaneamente in Italia, la giornalista Stefania Battistini e l’operatore Simone Traini».
Il Servizio federale per la sicurezza della Federazione Russa, Fsb, appellandosi al terzo paragrafo dell’articolo 322 del codice penale russo, ha infatti aperto un procedimento penale contro i due giornalisti della Rai accusati di «aver attraversato illegalmente il confine» con la Russia ed effettuato riprese video a Sudzha, nella regione di Kursk. Procedimento che sarebbe stato avviato anche nei confronti del giornalista Nick Paton Walsh della Cnn.

Stefania Battistini e Simone Traini a Sudzha

A innescare la polemica lo scoop mondiale che l’inviata Stefania Battistini ha realizzato con Simone Traini dopo l’incursione ucraina in territorio russo. «Un reportage – ha spiegato la Rai  – che ha rispettato le norme del diritto internazionale sulla figura specifica del corrispondente di guerra e che aveva come solo scopo quello di testimoniare, di vedere con i nostri occhi, di documentare la realtà di un conflitto».

Stefania Battistini sale sul blindato dell’esercito ucraino

Dal canto suo, Stefania Battistini ha spiegato: «Abbiamo pensato fosse giusto mostrarvi anche questa parte della guerra, senza voler violare le leggi della federazione russa o prendere le parti di qualcuno, ma pensando solo di seguire i fatti, come abbiamo sempre fatto. Il racconto di guerra è per definizione un racconto parziale, perché possiamo raccontarvi soltanto quello che ci ha consentito vedere e documentare. Ma ci sembrava importante esserci e raccontare almeno quella parte della realtà».

Cecilia Piccioni, ambasciatrice d’Italia a Mosca

La reazione di Mosca, con l’ambasciatore Cecilia Piccioni convocata al Ministero degli Esteri russo e le polemiche scoppiate in Italia sul sì o no al rientro Ion patria di Battistini e Traini, hanno animato la giornata di ieri trasformando il caso in uno scontro politico. Se Maria Elena Boschi (Italia Viva), vicepresidente della commissione di Vigilanza Rai, «con la scelta di richiamare Battistini in Italia sembra che l’azienda anziché pensare alla libertà di stampa, all’importanza di dare notizie, al dovere di informare cittadine e cittadini, metta quasi in atto una punizione all’inviata per aver fatto il suo lavoro al meglio», per Benedetto Della Vedova (Più Europa) si è chiesto se il richiamo in Italia «risponda a esigenze di sicurezza e tutela personale. Operare in teatri di guerra, come fa Battistini da tempo, mette i giornalisti costantemente a rischio. Confidiamo che le parole di Sergio siano sincere e che la Rai abbia individuato specifici fattori di pericolo imminente che non sono a nostra conoscenza. In ogni caso, la Rai e Sergio stesso farebbero bene a specificare se ci siano state richieste da parte del Governo oppure no».

Stefania Battistini con le truppe di Kiev

Ma dall’opposizione c’è anche chi la pensa diversamente. Dario Carotenuto, capogruppo del Movimento 5 Stelle in Commissione di Vigilanza Rai, si dice sollevato dal loro rientro in patria: «Ci rammarichiamo, però, che non siano potuti restare nella regione russa di Kursk per indagare sull’uso di armi e mezzi italiani da parte delle truppe di Kiev.

Il reportage trasmesso dal Tg1 Rai

Inoltre, considerato il tenore del reportage mandato in onda dal Tg1 chiaramente favorevole all’operato delle forze ucraine, presenteremo in Vigilanza Rai un’interrogazione ai vertici dell’azienda per sapere se da parte dei militari di Kiev vi siano state limitazioni al pieno esercizio della libertà di cronaca dei reporter italiani».
«Solidarietà ai colleghi Stefania Battistini e Simone Traini del Tg1, inviati sul fronte di guerra russo – ucraino e ferma condanna nei confronti di chi cerca di mettere a repentaglio la libertà d’informazione e l’incolumità dei giornalisti» è stata espressa da Unirai, il dipartimento Figec Cisal dei Liberi Giornalisti Rai che «resta al fianco di tutti i professionisti che lavorano all’estero e che ogni giorno danno il massimo per offrire un prodotto di qualità ed autenticità al servizio pubblico». (giornalistitalia.it)

 

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