Il presidente del Cnog ricorda che «dovere del giornalista è distinguere cosa è essenziale”

Bartoli (Odg): “Serve rispetto per il dolore”

Giulia Cecchetin e Filippo Turetta

ROMA – «Il dovere del giornalista è distinguere cosa è essenziale per la comprensione dei fatti da ciò che è pura e semplice incursione nel dramma di genitori di fronte a un figlio che ha commesso un crimine terribile. Un dramma umano, quello del padre e della madre, che va rispettato».

Carlo Bartoli

Lo afferma Carlo Bartoli, presidente nazionale dell’Ordine dei giornalisti in merito alla pubblicazione del colloquio in carcere di Filippo Turetta con i genitori.
«Non è in gioco la terzietà del giudice – prosegue Bartoli – così come da quel colloquio non emerge alcun elemento rilevante per le indagini e, quindi, di interesse pubblico. Serve rispetto per il dolore dei genitori di Turetta e rispetto per il rinnovato e atroce dolore dei familiari della vittima».
È il 3 dicembre scorso quando il padre di Filippo Turetta, Nicola si reca in carcere per incontrare il figlio Filippo, reo confesso dell’omicidio di Giulia Cecchettin. Intercettato, afferma: «… non sei un mafioso, non sei uno che ammazza le persone, hai avuto un momento di debolezza… Quello è! Non sei un terrorista, voglio dire… Devi farti forza. Non sei l’unico… Ci sono stati parecchi altri… Però ti devi laureare».
L’Agenzia Italia riferisce che le frasi, pubblicate dal magazine Giallo con la foto che ritrae l’incontro nella sala colloqui del carcere Montorio, e rilanciate da numerosi altri giornali, sono state intercettate dalle microspie degli investigatori e sono state depositate agli atti del procedimento contro Turetta. Faranno parte del fascicolo del processo che si celebrerà davanti alla Corte d’Assise di Venezia, prima udienza il prossimo 23 settembre.
«Chiedo scusa per quello che ho detto a mio figlio. Gli ho detto solo tante fesserie. Non ho mai pensato che i femminicidi fossero una cosa normale. Erano frasi senza senso. Temevo che Filippo si suicidasse»: così Nicola Turetta ha spiegato all’edizione online del Corriere della Sera il senso delle sue parole. «Quegli instanti – ha aggiunto – per noi erano devastanti. Non sapevamo come gestirli. Vi prego, non prendete in considerazione quelle stupide frasi. Vi supplico, siate comprensivi. C’erano stati tre suicidi a Montorio in quei giorni. Ci avevano appena riferito che anche nostro figlio era a rischio, non ho dormito questa notte. Sto malissimo. Sono uscito di casa per non preoccupare ulteriormente mia moglie e l’altro mio figlio. Ora si trovano ad affrontare una gogna mediatica dopo quel colloquio pubblicato dai giornali».
«Io ed Elisabetta avevamo appena trovato la forza di tornare al lavoro», ha aggiunto, «abbiamo un altro figlio a cui pensare, dobbiamo cercare di andare avanti in qualche modo, anche se è difficilissimo. Domani chi avrà il coraggio di affrontare gli sguardi e il giudizio dopo quei titoloni che mi dipingono come un mostro. Ero solo un padre disperato. Chiedo scusa, certe cose non si dicono nemmeno per scherzo, lo so. Ma in quegli istanti ho solo cercato di evitare che Filippo si suicidasse». (giornalistitalia.it)

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