FIRENZE – È stata rinviata al 10 giugno 2021 l’udienza del processo davanti alla Corte d’Appello di Firenze che vede imputato Denis Verdini con altre quattro persone con l’accusa di bancarotta fraudolenta per il fallimento della Società Toscana di Edizioni (Ste). In primo grado, il 13 settembre 2018, il Tribunale di Firenze aveva condannato l’ex senatore di Forza Italia ed Ala a 5 anni e 6 mesi di reclusione. La Ste era la società che editava “Il Giornale della Toscana”, che cessò le pubblicazioni nel 2012. Due anni dopo, il 5 febbraio 2014, la società venne dichiarata fallita dal Tribunale.
Il rinvio dell’udienza è stato chiesto questa mattina, quando poteva essere attesa la sentenza, da uno dei difensori dei cinque imputati, l’avvocato Gabriele Terranuova, difensore di Enrico Luca Biagiotti. Il legale ha chiesto l’acquisizione delle motivazioni della sentenza con cui la Corte di Cassazione lo scorso 3 novembre ha condannato in via definitiva Verdini a 6 anni e mezzo per la bancarotta dell’ex Credito Cooperativo Fiorentino.
Nella vicenda processuale dell’ex Ccf rientravano anche reati legati alla truffa sui contributi all’editoria; da qui l’interesse della difesa di Biagiotti a conoscere le motivazioni addotte dalla Cassazione. L’ex parlamentare sta scontando la pena inflitta dalla Suprema Corte nel carcere romano di Rebibbia.
Il procuratore generale, Luciana Piras, non si è apposto alla richiesta e ha sostanzialmente aderito all’istanza dell’avvocato Terranova e così il presidente della terza sezione della Corte d’Appello, Silvia Martuscelli, ha disposto il rinvio al prossimo 10 giugno in attesa del deposito delle motivazioni da parte della Cassazione.
In primo grado Verdini era stato condannato a 5 anni e 6 mesi nella sua veste di socio di maggioranza e “amministratore di fatto” della società editrice. Con Verdini erano stati condannati anche l’ex deputato Massimo Parisi, ex coordinatore regionale toscano di Forza Italia e già amministratore delegato della Ste (pena di 5 anni); Girolamo Strozzi Guicciardini, ex presidente del consiglio di amministrazione della Ste (3 anni); Enrico Luca Biagiotti, ex membro del cda (3 anni); Pierluigi Picerno, ex amministratore delegato e poi liquidatore della Ste dichiarata fallita nel febbraio 2014 (3 anni).
Secondo il tribunale, mentre la Ste era in stato di insolvenza gli imputati avrebbero compiuto atti di distrazione di capitali dal suo patrimonio quando già era in grave perdita. Il pm Luca Turco aveva chiesto 3 anni per Verdini e 2 anni per Parisi. Per quanto riguarda le parti civili, alla curatela del fallimento Ste è stata assegnata una provvisionale di 300mila euro, mentre a 4 ex giornalisti del quotidiano che si erano costituiti parte civile è stata assegnata una provvisionale di 15mila euro ciascuno. I risarcimenti dei danni sono stati demandati in sede civile.
Nelle motivazioni della condanna il Tribunale di Firenze, presieduto dal giudice Maria Filomena De Cecco, ha sostenuto che Verdini avrebbe distratto una somma di circa 2,6 milioni, realizzando «un indebito arricchimento per sé e per l’amico Parisi, il quale si trovava nella duplice veste di consigliere di amministrazione della Ste e beneficiario del milione e trecentomila euro». Sempre secondo i giudici, i membri del cda della Ste «erano all’evidenza manovrabili e manovrati da Denis Verdini».
Così, con una nota, allora Verdini commentò la sentenza: «C’è a Firenze una strabiliante efficienza “ambientale” quando si tratta di me. Ne prendo atto, ma non cesserò di battermi. Perché questa sentenza non sta né in cielo né in terra. E spero di trovare prima o poi un giudice. Ho sempre pensato di dovermi difendere nel processo e non dal processo. Col senno di poi, la sentenza di oggi dimostra che ho sbagliato. È stato chiarito in ogni modo nel corso del processo ed è stato accertato da sentenze civili, che il fallimento del Giornale della Toscana è stato causato dall’interruzione dell’erogazione dei contributi pubblici per l’editoria. Ed è altresì dimostrato – rispetto alle cifre che si sostiene io avrei sottratto dalle casse di quel giornale ben otto anni prima del fallimento (ripeto: otto anni prima del fallimento) – che ho versato nelle casse della società più del doppio di quelle cifre. I miei avvocati e altri penalisti fiorentini mi dicono che non si è mai visto, in un processo per bancarotta fraudolenta, il raddoppio della pena richiesta dei pubblici ministeri e il deposito contestuale delle motivazioni della sentenza».
Nel corso del processo, in aula, Verdini aveva raccontato: «Ho solo dato a questo giornale, l’ho sempre fatto, dall’inizio alla fine per tenerlo in vita. Mi fa enorme dispiacere che con un debito sanato e lo sforzo, siamo arrivati lo stesso al fallimento. Con l’iniziativa del pubblico ministero sono stati sospesi i contributi di 2,5 milioni all’anno: il giornale è fallito per questa ragione». (adnkronos)