ROMA – Questa mattina ho dichiarato guerra alla Corea del Nord. Non io. Lo ha fatto per me Donald Trunp (la enne non è un refuso), naturalmente con un tweet. Il che ha fatto immediatamente schizzare in alto il numero dei miei follower.
Qualcuno mi ha risposto: Dio mio non farlo! Altri, mi hanno incoraggiato: Era ora! Per fortuna si tratta di un gioco. E contemporaneamente di un esperimento sociale. È il gioco delle fake news, si chiama Bad News ed è stato realizzato da un team dell’Università di Cambridge assieme ad un collettivo di giornalisti e ricercatori olandesi, Drog.
Teoricamente dovrebbe servire a svelare i meccanismi della falsificazione in rete: come nasce una notizia falsa, come si diffonde, che effetti provoca. Già quando atterri sul sito di Bad News si capisce subito a che gioco giochiamo: il navigatore viene accolto da una serie di parole chiave tipo “inventa, falsifica, spaventa, intriga, dividi, distruggi”.
Il gioco si svolge soprattutto su Twitter e il giocatore, che parte da zero follower, deve riuscire a creare il caos usando solo l’arma delle notizie false. Facendo finta di essere qualcun altro per esempio (nel mio caso Trump era scritto con la enne, un refuso di cui pochissimi si accorgono). Oppure creando un falso sito di notizie, come il Cosmo Post, di cui nominarsi direttore. Complimenti!, si legge sul sito, “un minuto fa eri solo un cittadino arrabbiato, ora sei il direttore di un sito di news”.
Il gioco va avanti a lungo e ogni volta il giocatore accumula follower, diventa sempre più rilevante e crea sempre più caos. Tutto abbastanza realistico purtroppo. Anche se abbiamo detto tante che che le notizie false non nascono certo con Internet e che anche il giornalismo non ne è immune, non c’è dubbio che i social media consentono a tutti facilmente di partecipare alla partita della disinformazione.
Lo scopo del gioco sarebbe proprio questo: svelare i meccanismi delle fake news sperando, così, che le persone diventino consapevoli e possano difendersi meglio. Una specie di vaccino. Il rischio è che diventi invece una palestra dove allenarsi. Fra sei mesi i risultati saranno pubblicati su una rivista scientifica. Il giornale dei rischi. In effetti qualche rischio c’è. (agi)
Riccardo Luna
Direttore Agi