MILANO – Un controllo terzo sulla raccolta dei dati e sulla profilazione degli utenti web per il nuovo sistema di rilevazione Audiweb 2.0, voluto da Audiweb per migliorare l’osservazione dell’audience online. Una supervisione per garantire massima tutela e trasparenza nel processo di raccolta e “colorazione” dei dati degli utenti web, per età e sesso, affidato da Audiweb a Nielsen e a Facebook. È quanto chiede l’Upa, l’associazione italiana delle imprese che investono in pubblicità, dopo le polemiche, poi rientrate, per il coinvolgimento del social network nello scandalo di Cambridge Analytica.
“Noi abbiamo chiesto in Audiweb che ci siano dei controlli di terzi su tutta la filiera della produzione di dati, incluso l’intervento di Facebook. Detto questo poi, a noi la cosa va bene”, spiega Lorenzo Sassoli de Bianchi, presidente dell’Upa, interpellato dall’Adnkronos.
Le recenti polemiche nascono dal coinvolgimento di Facebook, noto fin dallo scorso novembre, nella ricerca Audiweb 2.0, che punta a una rappresentazione del mercato più completa e obiettiva per rilevare l’audience online dei contenuti editoriali distribuiti su tutte le piattaforme e fruiti su pc, smartphone e tablet.
La gara di Audiweb è stata vinta da Nielsen, la quale fa “colorare” i dati da Facebook, che profila i dati in termini di età e sesso. Visto il coinvolgimento del colosso del web nello scandalo dei dati ceduti a Cambridge Analytica e i timori, poi rientrati, di alcuni editori e investitori pubblicitari la cautela è d’obbligo. “Le preoccupazioni del momento sono comprensibili”, spiega il presidente dell’Upa, “per cui noi chiediamo sempre più trasparenza, responsabilità e tutela dei dati delle persone, che devono poter decidere come, se e quando possono essere utilizzati i loro dati”.
Un controllo terzo su tutto il processo è però già previsto da Audiweb 2.0 ed è affidato a Pwc. “Tutto il processo è sottoposto ad audit” spiega Marco Muraglia, presidente di Audiweb. “Pwc ne verifica l’aderenza con quello che Nielsen si è obbligata contrattualmente a fare nei vari step”.
La rilevazione Audiweb 2.0 si basa su un Sdk, un Software Development Kit, di proprietà della Nielsen. Gli editori e i publisher taggano con l’Sdk i contenuti che mettono in rete, sulle loro pagine web o via Facebook. Nielsen invia quindi a Facebook delle informazioni criptate, in forma di cookie, che Facebook associa a dei profili di sesso ed età e li restituisce in forma aggregata a Nielsen, che a sua volta li decripta, trasformandoli in dati di audience. Questi dati vengono ulteriormente confrontati con il panel di Audiweb, curato da Nielsen, che è composto da oltre 40mila persone.
“Dall’incrocio tra i dati del panel e quello che arriva da Facebook è possibile verificare la bontà delle informazioni, e correggere eventuali storture, con una percentuale di aderenza alla realtà che nel caso italiano arriva fino al 90%”, evidenzia il presidente di Audiweb.
Ma la preoccupazione dell’Upa “è che tutta la filiera sia controllata e che Facebook dia l’accesso a un controllo terzo per quello che riguarda la colorazione dell’algoritmo”, sottolinea Sassoli De Bianchi. Su questo punto, però, il presidente di Audiweb, spiega che “non è materialmente fattibile” poter mettere uno specifico controllo nel passaggio in cui Facebook, all’interno dei propri server, attribuisce un contenuto associandolo a un utente specifico. Anzi, “paradossalmente metterebbe concretamente in discussione il momento chiave del dato fornito in termini di privacy”, dice Muraglia.
Lapo Curini Galletti, socio fondatore dello studio legale Dgrs ed esperto di diritto di internet e di editoria online, spiega che se i dati forniti da Nielsen e Facebook ad Audiweb “sono del tutto statistici, aggregati e anonimi sia ai sensi del Codice della privacy sia del Gdpr, allora non ci sono implicazioni in materia di protezioni dei dati personali”.
In altre parole, “in un ambito in cui Facebook raccoglie questi dati in qualità di titolare del trattamento e poi, anonimizzandoli, li fornisce ad Audiweb, ad esempio informazioni su quanti soggetti hanno espresso un interesse per un dato portale, allora, trovandoci nell’ambito di dati anonimi, non si applica la normativa sulla privacy. Se questa fosse pertanto la reale struttura, l’unico a portare avanti un’attività di profilazione dei propri utenti sembrerebbe essere Facebook”.
Alessio Semoli, general partner e membro del cda di Prana Ventures, una società di venture capital che investe in società innovative, sottolinea che “l’obiettivo nell’accordo Audiweb-Facebook deve essere quello di profilare in maniera più precisa i dati”.
E anche se quello che è successo con Cambridge Analytica “non è poi così sconvolgente”, il punto è “come si usano questi dati: se i dati sono usati per capire meglio il consumatore o se sono utilizzati con tecniche per modellare l’opinione del consumatore. La tecnologia è neutra, il punto è l’intento che la utilizza”.
Il business model di Facebook “è quello di utilizzare i dati per rendere la pubblicità più targettizzata, ma non è che espropria questi dati. Siamo noi utenti che decidiamo di utilizzare un prodotto o un sistema e implicitamente gli diamo i nostri dati”. Se l’obiettivo “è far avere all’utente finale della pubblicità più targettizzata e meno invadente su cose che non interessano, ben venga. È un beneficio per tutto il sistema, sia per publisher che editori, inserzionisti o concessionari di pubblicità”. Qualche anno fa, ricorda Semoli, “andava di moda non dare i propri dati a Google. Oggi è di moda non darli a Facebook. La storia si ripete” (adnkronos)