BERNA (Svizzera) – Una ventina di giuristi svizzeri hanno firmato un appello al Consiglio federale affinché conceda l’asilo a Julian Assange. Il fondatore di Wikileaks è in attesa a Londra di una decisione sulla richiesta di estradizione americana per “pirateria informatica” e a loro avviso rischia negli Usa la tortura e perfino la pena di morte.
Fra i 22 firmatari figurano alcuni nomi noti come l’ex presidente del Tribunale federale Giusep Nay, il consigliere nazionale socialista ginevrino Carlo Sommaruga, il professore di diritto penale all’università di Friburgo Marcel Niggli, l’avvocato di Basilea Andreas Noll e i colleghi zurighesi Marcel Bosonnet, Philip Stolkin e Bernard Rambert, indica un loro comunicato diffuso in occasione della XXVI Giornata mondiale della libertà di stampa proclamata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite.
I firmatari dell’appello considerano la concessione dell’asilo da parte del Consiglio federale “una dichiarazione d’impegno da parte del governo nei confronti della società civile, dei diritti umani e della libertà di stampa”.
Richieste in favore dell’asilo ad Assange in Svizzera c’erano già state in passato. Il Consiglio federale aveva però mostrato poco entusiasmo: in risposta a una interpellanza del consigliere nazionale Jean-Luc Addor (Udc/Vs) il governo aveva scritto nel febbraio 2017 che l’oggi 47enne australiano non può essere considerato un difensore dei diritti umani e quindi non può godere della relativa protezione previste dalle linee guida della Svizzera in materia. Il governo non si era allora pronunciato sull’eventuale asilo per altri motivi.
Secondo l’appello dei giuristi, il giornalismo investigativo non sarebbe stato possibile senza la piattaforma Internet Wikileaks di Julian Assange. Grazie a Wikileaks – aggiunge – sappiamo tra l’altro che la Nsa (il servizio segreto di spionaggio elettronico statunitense) sorveglia le persone sull’intero pianeta, che nessun programma di computer è sicuro dai servizi segreti americani, che in Afghanistan ci sono stati omicidi e torture “extralegali” con l’approvazione degli Stati occidentali.
Assange ha “portato alla luce i crimini di guerra degli Usa in Afghanistan e in Iraq”, aggiungono ancora i giuristi. Gli Stati Uniti – affermano – sono “un paese che ha una lunga storia nel ridurre al silenzio i whistlerblower” e i suoi procuratori accusano l’australiano anche di delitti che prevedono la pena di morte. A loro avviso “non c’è da aspettarsi un processo equo”.
Assange era stato arrestato lo scorso 11 aprile nell’ambasciata dell’Ecuador, nella quale si era rifugiato nel giugno 2012 ma chevoleva ormai sbarazzarsene. Ieri è stato condannato a Londra a 50 settimane di carcere per violazione di termini della libertà provvisoria concessagli nel 2012.
Sempre ieri si è tenuta la prima udienza nel tribunale di Westminster sulla questione che conta davvero: la richiesta di estradizione degli Usa per presunta “pirateria informatica”.
La procedura sull’estradizione potrebbe trascinarsi per molti mesi fra sentenze di vario grado, ricorsi e parere finale del governo britannico.
Assange è inseguito da anni da Washington come una sorta di “nemico numero uno” a causa della diffusione da parte di Wikileaks fin dal 2010 d’imbarazzanti documenti riservati carpiti in particolare al Pentagono dall’ex militare Chelsea Manning e contenenti fra l’altro prove di crimini di guerra commessi dalle forze americane in Iraq o in Afghanistan.
Secondo quanto indicato il giorno dell’arresto, il reato di pirateria informatica prevede al massimo 5 anni di carcere, ma i sostenitori di Assange temono che possa poi essere appesantito su misura con altre contestazioni ben più pesanti, come quella di spionaggio che negli Usa può costare l’ergastolo o addirittura la pena capitale. (adnkronos)