Per la giornalista musulmana, nata in Italia da genitori siriani, “Dio è solo amore”

Asmae Dachan: “Isis, multinazionale del terrore”

Asmae Dachan

Asmae Dachan

ISOLA DEL GRAN SASSO (Teramo) – La giornalista e scrittrice musulmana Asmae Dachan, è stata la protagonista della 36ª edizione della Tendopoli di San Gabriele, che si conclude oggi ad Isola di Gran Sasso. Nata ad Ancona da genitori siriani, vive a Rosora, è iscritta all’Ordine dei giornalisti delle Marche, è autrice del blog “Diario di Siria”, nel quale scrive per riscoprire il valore della vita umana, e collabora con il settimanale Panorama.
Per lei “Il nome di Dio non può essere usato per uccidere, il nome di Dio è amore. È una bestemmia uccidere in nome della religione. L’Isis non è altro che un’organizzazione terroristica, una multinazionale del terrore che, per darsi una parvenza di legalità, usa la bandiera della religione. Dobbiamo combattere insieme questa battaglia culturale”.
“Potrei paragonare la mia vita a un ponte, teso, intento a collegare due sponde: la Siria, mia terra d’origine, e l’Italia, mia patria adottiva”, così aveva esordito Asmae Dachan. “Il mio essere giornalista mi porta ad ascoltare chi non ha voce, raccontare ciò che non viene detto, rinnegare l’evidenza e cercare ciò che va oltre “le cose note”. Questo è il motivo per cui nel 2013, a tre anni dallo scoppio della guerra, con lo zaino in spalla, sono partita per la Siria. Sono entrata da clandestina passando per la Turchia. In quel momento – ha osservato – mi sono sentita clandestina in casa mia. Ma avevo il desiderio di stare tra la gente comune e non entrare lì come giornalista, scortata. Quando sono arrivata in Siria, dal confine turco, ho visto centinaia di migliaia di persone intrappolate in una terra di confine”.
“Il colpo d’occhio, arrivando da lontano – ha proseguito Dachan – è stato impressionante: un’infinita distesa di tende che sembrano formare una vera città in mezzo agli olivi e alla terra rossa. Una città precaria che è arrivata ad accogliere fino a 28 mila persone, mi raccontavano i responsabili, nonostante fosse stato costruito per ospitarne 2 mila. La tendopoli ospita profughi provenienti da diverse zone della Siria ed è sorta quando la Turchia ha cominciato a limitare gli ingressi. Sono diverse le Ong che operano nel campo, ma il carico è davvero impegnativo e le mancanze, purtroppo, sono molte. Sono stata ospite nella tenda di una giovane madre di tre bambini che – ha ricordato la giornalista musulmana – a soli 24 anni, ha perso sotto le bombe il marito e la sua casa. In questa tendopoli si vive nella precarietà, ci sono pozzi ma non acqua corrente. Più della metà delle persone che la abitano sono donne, bambini o uomini mutilati poiché gli altri uomini sono in guerra o sono morti. C’è un’umanità che vive là dentro da 6 anni. E allora ti chiedi perché? E cosa posso fare io? Ti senti impotente. Eppure loro mi dicevano “Noi, al di sopra di questo telo, abbiamo le mani di Dio che ci proteggono. Questa Tendopoli è un po’ una scorciatoia per noi, per essere più vicini a Dio. Ho vissuto sulla mia pelle la paura di quelle persone. Ho sentito il rumore delle bombe. Così al mio ritorno in Italia – ha aggiunto la giornalista – ho creato un’associazione umanitaria che si raccorda con le associazioni che lavorano sul confine siriano. Raccogliamo ambulanze rottamate, le rimettiamo a nuovo e le carichiamo di farmaci. Siamo dei tramite, dei ponti. La Siria è da tempo scomparsa dalle prime pagine dei giornali, ma i massacri nel Paese mediorientale purtroppo non si sono mai arrestati” e “le conseguenze per la popolazione civile sono drammatiche. E allora ragazzi – ha infine esortato Asmae Dachan – preghiamo insieme per la pace. Siamo tutti figli dello stesso Dio: cristiani o musulmani non fa la differenza”. (Agi)

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