BOLOGNA – Sono passati quattro anni dal 7 giugno 2011, quando ricevetti il testimone della presidenza dell’Aser da Camillo Galba. Rileggendo, con una certa malinconia, l’ultimo editoriale di Galba su di un InformAser ancora cartaceo – «Si volta pagina nel segno della continuità» – pubblicato accanto al programma del mio primo mandato, devo riconoscere che non sono stati centrati tutti gli obiettivi, ma posso affermare con orgoglio di avere garantito la «prosecuzione di una linea sindacale basata sulla difesa dei più deboli e sull’inviolabilità dei principi di libertà e di autonomia che regolano la nostra professione in tutte le sue sfaccettature», come auspicava il mio predecessore. Dallo scorso 25 agosto Camillo Galba è venuto a mancare. E con lui un carico di competenze sindacali e di tenacia nel perseguire – in seno all’Aser e alla Federazione nazionale della stampa, della cui giunta era membro – gli scopi e i valori del nostro incarico.
Uno sterminio di posti di lavoro
«Non sarà un compito agevole», scriveva Galba mettendomi in guardia. Non lo è stato, infatti. Il mio primo mandato ha coinciso con l’appalesarsi ai nostri occhi, forse un po’ miopi per troppo tempo, di una rivoluzione epocale, difficilissima da gestire e dalla quale rischiamo di rimanere travolti, se non tentando di mantenerne il passo. La crisi dell’editoria quotidiana ha picchiato duro nella nostra regione, con una decina di giornali chiusi e oltre cento colleghi rimasti senza lavoro. Una Caporetto che forse ci ha visti inadeguati, ma certo non complici di quanti hanno speculato su questa contingenza, interessati solo al salvataggio dei propri capitali e indifferenti al dovere precipuo, dell’editore quanto del giornalista: informare, senza infingimenti e senza secondi fini. Ecco, l’onestà intellettuale a noi – parlo per me ma anche per il Consiglio direttivo che ho avuto l’onore di presiedere – non è mai mancata. Così come non sono venute meno «passione e disponibilità a fare sindacato sul campo», definite dal mio predecessore «un ottimo punto di partenza» per chi, come me, si incamminava su questa strada con ancora molte lacune ma sapendo di contare sul contributo dei massimi esperti a livello nazionale del fare sindacato per i giornalisti.
In questi quattro anni ho imparato moltissimo da tutti coloro che mi hanno preceduto nel ruolo di presidente dell’Aser e che hanno continuato a lavorare con me. Il loro contributo è evidente a qualunque collega abbia avuto necessità di rivolgersi all’Associazione o si sia trovato nelle tempeste di uno stato di crisi o ad affiancarci, come membro di cdr, a un tavolo sindacale. Così come ho imparato dai colleghi dell’esecutivo e del direttivo dell’Aser, che hanno svolto questa forma di volontariato con impegno, ciascuno per quanto era nelle proprie possibilità. Li ringrazio tutti. E voglio ringraziare in maniera particolare lo staff tecnico-amministrativo dell’Aser, le tre brave dipendenti di cui tutti apprezzano la competenza e il sorriso.
Una legge regionale per sostenere l’emittenza locale
L’onda lunga della crisi ha raggiunto negli ultimi anni l’emittenza locale. Anche qui si sta consumando una piccola rivoluzione, forse più silenziosa ma altrettanto devastante di quella che ha coinvolto la carta stampata. Il rischio concreto è di assistere, nell’arco di vita della generazione che ebbe la fortuna di vederne la nascita negli anni Settanta, all’eclisse dell’informazione televisiva locale. Una generazione che è in bilico anche tra i giornalisti, poiché è quella che più ha patito il fenomeno delle decine di espulsioni dal mondo del lavoro viste in questi anni. Una generazione troppo vecchia per avere appeal agli occhi degli editori, ma sempre troppo giovane per concludere la carriera.
L’informazione televisiva locale rappresenta un patrimonio già pesantemente intaccato dalla crisi, dal taglio dei contributi pubblici, dal calo degli introiti pubblicitari e anche, talora, dalle azioni spregiudicate di imprenditori che in altre occasioni ho definito «pirati dell’informazione». Ma è un patrimonio che abbiamo il dovere di preservare, non tanto e non solo per salvaguardare i posti di lavoro ma per garantire ai tanti cittadini, che ancora cercano di capire attraverso il mezzo televisivo ciò che accade nella nostra regione o nella propria città, un’informazione esaustiva e onesta.
Se le risorse mancano, occorrerebbe uno sforzo da parte della politica e delle istituzioni di questa regione per garantire – a chi lo merita e a chi davvero impiega giornalisti (e paga gli stipendi ai dipendenti e un equo compenso ai collaboratori) – la sopravvivenza in un mercato fiaccato anche dal moltiplicarsi indiscriminato dell’offerta. E per garantire ai cittadini la pluralità e la completezza dell’informazione locale. Per questo faccio appello al presidente della Regione Emilia-Romagna, Stefano Bonaccini, e ai capigruppo regionali affinché, anche qui come già avviene in altre realtà, venga promulgata una legge regionale a sostegno della nuova occupazione e della lotta al precariato nell’editoria e nell’emittenza radiotelevisiva.
Un incentivo alle emittenti virtuose, che fanno informazione vera e non pubblicità mascherata, intenzionate a investire e a rilanciare un comparto in grandissima difficoltà. Credo sarà compito del prossimo Consiglio direttivo dell’Aser portare avanti queste istanze chiedendo un incontro con chi governa questa Regione.
Contratti giornalistici negli uffici stampa
Un rapporto stretto con le istituzioni locali dovrà esserci, a mio parere, anche per sviluppare politiche occupazionali negli uffici stampa degli enti locali, ad esempio pensando a forme associate tra i piccoli comuni. La nuova giunta della Fnsi ha in corso un monitoraggio sugli uffici stampa pubblici e privati sull’intero territorio. Nella nostra regione assistiamo a una realtà frastagliata e poliedrica, dove la comunicazione a volte non viene nemmeno svolta da un giornalista e dove spesso non viene applicato il contratto giornalistico. Il Sindacato ha il dovere di trovare soluzioni che permettano a tutti gli enti di disporre di un professionista incaricato di comunicare e, nello stesso tempo, che garantiscano a chi lavora negli uffici stampa omogenei percorsi contrattuali, d’inquadramento e retributivi.
Sportello Fiscale e Sportello Legale Antiquerele
Sono solo due esempi delle emergenze che il prossimo Direttivo dell’Aser dovrà affrontare. Un supporto dovrà essere offerto anche ai colleghi freelance che, secondo quanto rivelano gli ultimi dati Inpgi, in Emilia-Romagna stanno ormai raggiungendo il numero dei colleghi contrattualizzati. Penso si potrebbe proporre uno Sportello Fiscale, che metta in contatto a prezzi molto competitivi i lavoratori autonomi con commercialisti e fiscalisti in modo che possano risparmiare, ad esempio, sulle spese per la tenuta della Partita Iva. Ma penso anche a uno Sportello Legale Antiquerele, per mezzo del quale i giornalisti non tutelati da un editore possano essere affiancati da un penalista esperto nei reati tipici della categoria, diffamazione in primis, a tariffe concordate e calmierate.
Continueremo con l’esperienza della formazione per i colleghi, avviata per contribuire all’offerta dell’Ordine regionale e che ci ha dato soddisfazione per i feedback positivi ottenuti. C’è sempre tanto da imparare in questa professione, dai più anziani certamente ma – forse per la prima volta nella storia – dalle giovani generazioni, che in alcuni settori dimostrano di avere già una gamba nel futuro. Sono piccole cose, certo, che vanno però ad affiancare quello che è il «core business» dell’attività sindacale, cioè le vertenze per il salvataggio dei posti di lavoro e la tutela delle leggi e dei contratti.
Una squadra che rappresenta tutte le anime della professione
Un lavoro sempre più impegnativo, che richiederà il contributo di tutti i componenti il prossimo Direttivo. La squadra proposta dal Consiglio uscente cerca di rappresentare un po’ tutte le anime della professione, dalla carta stampa alle tivù locali al web. Ci sono diverse nuove proposte tra i candidati, colleghi giovani e motivati a trovare soluzioni per tutti, anche per quanti la vedono diversamente da loro o sono lontani dall’attività sindacale.
Spesso sento chiedermi: «Ma che cosa fa il Sindacato per me?». Credo che si debba cominciare a porsi in un’ottica diversa e a chiedersi: «Che cosa posso fare io per il Sindacato?» Qualsivoglia rapporto, personale o associativo, non può prescindere dall’interazione e dalla reciprocità. Si ottiene soltanto se si comincia a dare, se si è interessati ai bisogni dei colleghi e non alle poltrone. Perché da fare, nel Sindacato dei giornalisti, oggi c’è veramente tantissimo. Conto sulla motivazione della nuova squadra e anche di quanti, non eletti, vorranno affiancarla per remare tutti insieme nella stessa direzione.
Serena Bersani
Presidente Associazione della Stampa Emilia Romagna