CATANIA – Avevano avviato un’attività imprenditoriale, “La Fenice”, che imponeva agli agricoltori di Pachino di conferire solo a lei prodotti delle loro serre e così i commercianti e i grandi centri di distribuzione erano obbligati a comprare da quest’unica società. Così il clan Giuliano, secondo la Dda della Procura di Catania, controllava e condizionava il mercato ortofrutticolo della zona, grazie anche al suo potere intimidatorio.
È quanto emerge dall’operazione “Araba fenice” della squadra mobile di Siracusa che ha eseguito un’ordinanza di custodia cautelare del Gip di Catania nei confronti di 19 persone indagate e disposto il sequestro della società “La Fenice”.
Grazie a questo collaudato meccanismo, gli indagati pretendevano il pagamento di una “provvigione”, calcolata in percentuale del raccolto prodotto e ceduto agli operatori della piccola e grande distribuzione, che costituiva il corrispettivo per la presunta attività di mediazione contrattuale svolta tra produttori e commercianti. Ma le attività illecite del sodalizio non si limitavano al condizionamento illecito del mercato ortofrutticolo.
La capacità di penetrazione del clan era tale da colpire anche le altre principali attività economiche della zona, come i parcheggi a pagamento, situati a ridosso delle zone balneari e furti di macchinari agricoli e lo spaccio di droga. Contestata anche l’estorsione al titolare di un lido balneare stagionale, costretto a versare una somma di denaro in cambio di un presunto servizio di “guardiania” svolto in suo favore. Al clan si era rivolto anche un assistente capo della polizia, Nunzio Agatino Loreno Scalisi, per non pagare tre mesi di affitto al proprietario della casa che aveva preso in locazione.
Secondo la polizia a capo della cosca ci sarebbe boss Salvatore Giuliano, arrestato assieme al figlio Gabriele, e grazie alla forza di intimidazione esercitata dai suoi appartenenti, era in grado di condizionare le attività economiche della zona, traendone indebiti vantaggi, nonché di perpetrare una serie di attività illecite che spaziavano dalle estorsioni, al traffico di sostanze stupefacenti, alla commissione di furti ad abitazioni ed aziende agricole tra Pachino e Porto Palo di Capo Passero. “Potere” che aveva esteso grazie ai legami con il clan Cappello di Catania e al patto di non belligeranza siglato con la consorteria rivale dei Trigila. (ansa)
«È una bella giornata – commenta la Federazione nazionale della stampa italiana – per la legalità e per la lotta alla mafia. Il capomafia Salvatore Giuliano, il figlio Gabriele ed altre 17 persone sono stati arrestati. Si tratta di coloro che, fra l’altro, stavano progettando un attentato per far saltare per aria con un’autobomba il giornalista Paolo Borrometi».
19 arresti nel clan mafioso Giuliano che, tra l’altro, progettò l’attentato a Borrometi