NEW YORK (Usa) – Il 2020 è stato un anno da dimenticare per la libertà di stampa, con un numero record di giornalisti incarcerati in tutto il mondo (di cui 34 per aver pubblicato “fake news”). Il rapporto stilato ogni 12 mesi dal Committee to Protect Journalists (Cpj) rivela che al 1 dicembre sono stati 274 i giornalisti finiti in prigione a causa del loro lavoro. Cifra che peraltro non include coloro che sono stati arrestati e rilasciati.
Per il secondo anno consecutivo la bandiera nera spetta alla Cina, con 47 membri dei media dietro
le sbarre, seguita dalla Turchia con 37. In Egitto invece i giornalisti incarcerati sono 27, e 24 in Arabia Saudita. Quindici sono in prigione in Iran, dove il 12 dicembre è stato giustiziato Ruhollah Zam dopo aver affrontato 17 capi di imputazione tra cui spionaggio e diffusione di notizie false all’estero.
Nel dossier si afferma che l’incarcerazione dei membri dei media è aumentata quest’anno «quando i governi hanno represso la copertura del coronavirus o hanno cercato di sopprimere le notizie sui disordini politici».
Il segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, si è definito “sgomento” per i risultati del rapporto. In una nota, il leader del Palazzo di Vetro ha invitato nuovamente i governi a «rilasciare immediatamente i giornalisti detenuti solo per aver esercitato la loro professione», ribadendo «le sue precedenti richieste di sforzi concertati per contrastare la diffusa impunità per tali crimini».
«Nella nostra vita quotidiana – ha aggiunto – i giornalisti e gli operatori dei media sono fondamentali nell’aiutarci a prendere decisioni informate. Mentre il mondo combatte la pandemia di Covid-19 quelle decisioni sono ancora più cruciali e possono fare la differenza tra la vita e la morte». (ansa)