Umanissimo, spiritoso, ha cresciuto tanti giornalisti alla disciplina della cronaca

Annibale Paloscia, addio ad un cronista di razza

Annibale Paloscia

ROMA – Avevamo storie politiche totalmente differenti, ma una identica concezione del giornalismo: un servizio pubblico da svolgere con correttezza e lealtà. Per questo fu facile, specie quando il tramonto della I Repubblica aveva, fra cose detestabili, reso meno impermeabili le barriere dell’appartenenza politica, collaborare negli organismi di categoria e diventare amici.

Giuseppe Mazzarino

Fra gli anni ’90 e l’inizio del nuovo secolo (poi, soppressa la Redazione romana del quotidiano per cui lavoravo, La Gazzetta del Mezzogiorno, e deportato in Puglia, i miei contatti con Roma divennero meno intensi; ma continuammo a sentirci) ci siamo intensamente frequentati. Nel periodo in cui Annibale affiancò Fracassi come “padre nobile” del settimanale Avventi, ed istruì le nuove leve di giornalisti con le quali fu data vita al quotidiano Ultime Notizie, vissuto troppo poco, la frequentazione fu intensa, anche perché si erano create amicizie comuni, come quelle con Simonetta Dezi, Daniela Sanzone, Cristina Scognamillo.
A difendere Avvenimenti in una complessa vertenza sindacale in cui la allora dirigenza dell’Associazione stampa romana remava contro i giornalisti, ricordo, ci trovammo in pochi: Lorenzo Del Boca, vicesegretario della Fnsi (poi ne sarebbe divenuto presidente; quindi presidente nazionale dell’Ordine dei Giornalisti) ed io. Annibale non si capacitava della ingenerosa posizione assunta contro il settimanale ed i suoi redattori.

Lorenzo Del Boca

Ma Avvenimenti era una voce scomoda, anche a sinistra, forse soprattutto a sinistra: che era l’area dei giornale e dei suoi redattori e collaboratori. Ma era una sinistra non conformista e libertaria, non era la sinistra burocratica, opprimente, fatta di uomini d’apparato, che anche nel mondo giornalistico si stava facendo spazio ed avrebbe poi, molti anni dopo, preso il sopravvento. La sua assoluta indipendenza di giudizio si appalesò anche quando affrontò i spinosi retroscena dell’affaire Mitrokhin e delle compromissioni di tanti personaggi coi servizi segreti dei Paesi comunisti.
«Cronista di talento e di fiuto formidabile, con un senso della notizia proverbiale», lo definisce l’agenzia Ansa nel dare notizia della sua morte.
E poi – l’articolo è di Alessandra Magliaro, un’altra amica degli anni della Sala stampa italiana di piazza San Silvestro – prosegue così: «Nato a Bari il 4 giugno 1935, ma da una vita a Roma, con una lunga carriera all’agenzia Ansa, è stato protagonista di un mestiere fatto tutto di prima linea, di fonti dirette, di testimonianza in un’epoca tostissima e priva di quelle connessioni web che oggi sono parte integrante del mestiere e anche facilitatrici».

Aldo Moro

Paloscia era sul posto giusto al momento giusto, rischiando, ma con una passione che era una delle sue belle caratteristiche insieme alla professionalità. Era a Via Caetani il 9 giugno del ’78 primo in assoluto quando nella Renault rossa fu ritrovato il cadavere di Aldo Moro, era a Vermicino nel giugno del 1981 nei giorni del dramma del povero Alfredino, solo due esempi tra i tantissimi che si possono rintracciare nell’immenso archivio dell’agenzia, dove accanto alla sua sigla c’è spesso quella di un’altra cronista eccellente, morta prematuramente, Candida Curzi.
Paloscia si è trovato a raccontare gli anni ’70 delle proteste sindacali, della contestazione studentesca, del terrorismo, delle esecuzioni delle Br, degli scioperi, della strategia della tensione e dei misteri italiani e dei servizi di sicurezza deviati. In Romania da inviato seguì la caduta del dittatore Ceaucescu nel 1990. Era a capo di una pattuglia di cronisti di razza che contava anche Guido Columba, Vitantonio Lopez, Paolo Corallo.
All’Ansa dal 1966, prima alla cronaca di Roma poi caporedattore interni e infine a capo della redazione cultura. È stato anche nel cdr e nel sindacato dei giornalisti. Poi dal 1996 al 2000 vicedirettore del settimanale Avvenimenti diretto da Claudio Fracassi, suo amico di una vita. Ha collaborato anche con il quotidiano Liberazione e con la rivista Polizia Moderna.
La sua grande passione era la storia contemporanea e l’intelligence: tanti libri di ricostruzioni come I segreti del Viminale, sulla storia della polizia dall’unità d’Italia alla riforma, Uccidete Gheddafi sul mistero di Ustica, Al tempo di Tambroni, Benedetto tra le spie. Umanissimo, spiritoso, ha cresciuto tanti giornalisti alla disciplina della cronaca: verifica delle fonti, rapidità, precisione, coraggio. I funerali, annunciano la moglie Marina e le figlie Marta e Francesca, si terranno a Roma lunedì 15 novembre alle 10.30 nella Basilica di San Pancrazio.
Io lo ricordo come amico, persona di grande umanità, di grande cultura, di grande lealtà. È stato un piacere, oltre che un onore, aver percorso inoltre lunghi tratti di strada nella professione, nel sindacato, nell’Ordine, in sua compagnia. (giornalistitalia.it)

Giuseppe Mazzarino

 

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