Dal segretario della Fnsi un pensiero supplementare per la missione del fotogiornalista

Andy Rocchelli, omaggio a un testimone di verità

Franco Siddi

Franco Siddi

Andrea Rocchelli

Andrea Rocchelli

ROMA – “Dolore, cordoglio e comprensione verso i familiari e verso i colleghi del suo collettivo di fotoreporter”. Franco Siddi, segretario generale della Federazione Nazionale della Stampa e componente del Comitato Esecutivo dell’Ifj, la Federazione internazionale dei giornalisti, commenta così la notizia della morte di Andy Rocchelli, il fotoreporter italiano ucciso in Ucraina, “sono i primi sentimenti che a nome mio e della Fnsi, sento di esprimere”, sottolinea commosso. L’uccisione di Rocchelli “e di altri operatori dell’informazione impegnati a offrire immagini di verità su vicende tragiche come quelle che stanno insanguinando l’Ucraina – dice Siddi – sono vicende che angosciano e devono interpellare la comunità  civile e soprattutto le istituzioni internazionali per soluzioni diverse delle controversie tra paesi e popoli”.
Quanto accaduto, prosegue, “è un monito grave per tutti e anche un motivo di rabbia per come viene considerato, mortificato, oggi il giornalismo fatto da testimoni di verità, persone che esercitano questa professione con passione e coraggio, come una vera missione e ben oltre i bollini formali che, probabilmente, Rocchelli non si preoccupava neanche di avere.
La sua uccisione – fa notare ancora il segretario della Fnsi – ci riporta indietro di almeno 12 anni, ricordando quella di Alfredo Ciriello, fotoreporter ucciso da una granata a Ramallah, e con lui tutte le vite perse da chi con indipendenza, cerca di fornire al mondo le immagini più vere di verità  tragiche come oggi è diventata quella Ucraina”.
Da Siddi anche “un pensiero supplementare per la missione del fotogiornalista, sempre più espulsa oggi dall’organizzazione tipica dei media e sempre più esercitata da free lance che devono affrontare qualsiasi rischio.
Ecco perché – dice – l’omaggio ad Andy Rocchelli deve diventare un sostegno alla sua memoria e testimonianza che rimane viva, ai familiari e a quei collettivi come il suo che garantiscono una conoscenza fondamentale su fatti altrimenti coperti solo da fonti interessate e con questo rendono un servigio fondamentale alle battaglie per i diritti umani e le libertà  di tutti”.
Bisogna sempre ricordare, conclude il segretario Fnsi, che “giornalisti come Rocchelli non sono soggetti belligeranti e per questo meritano un rispetto e un amore permanenti che non vorremmo che tanti scoprissero solo il giorno che qualcuno muore. Vorremmo sempre più colleghi liberi al lavoro e non riconosciuti eroi da morti”. (Ansa)

I commenti sono chiusi.