REGGIO CALABRIA – «Ho grande ammirazione per i giornalisti, per la loro pazienza, per la loro capacità di correre appresso a gente che, il più delle volte, si atteggia a personaggio e magari è famoso perché ha scritto un libro copiandolo da Wikipedia». Non si smentisce Nicola Gratteri, procuratore capo di Catanzaro dopo anni trascorsi, sempre in prima linea, a Reggio Calabria, arrivato stamane all’Auditorium Nicola Calipari di Palazzo Campanella, a Reggio Calabria, per celebrare, proprio insieme ai giornalisti, la Festa del lavoro organizzata dalla Federazione nazionale della stampa italiana.
«La parola chiave è credibilità – ha rimarcato il magistrato che da trent’anni vive sotto scorta perché combatte senza sosta la più potente al mondo, oggigiorno, delle mafie, la ’ndrangheta – che parte dalla serietà con cui si fa il proprio mestiere. I giornalisti non devono fare i “piacioni”, né tantomeno innamorarsi dei magistrati: abbiamo bisogno – ha rimarcato Gratteri – di giornalisti che raccontino con coraggio la verità, i fatti. Che abbiano il coraggio di raccontare come stanno veramente le cose. In quanto a noi magistrati, vogliamo essere valutati e giudicati per quel che facciamo».
Quindi, in perfetta sintonia con lo spirito che anima, da sempre, le battaglie e le iniziative del sindacato unitario dei giornalisti italiani, il procuratore Gratteri punta il dito contro le condizioni da fame con cui tante, troppe volte, chi ha scelto di fare dell’informazione il proprio “mestiere” si trova a dover affrontare. «So che ci sono tanti giornalisti – ha chiosato, con la sua schiettezza, il magistrato simbolo della lotta alla ’ndrangheta – che vengono pagati 10 euro ad articolo. Ecco, io credo che non si possa considerare quale opinionista credibile e degno di rispetto un professionista trattato in modo non credibile e rispettoso».
Lascia il microfono, Nicola Gratteri, non prima, però, di pungolare memoria e coscienze: «Ricordatevi che non si ruba perché si ha fame. La fame è un’altra cosa, non è per fame che si diventa criminali, mafiosi. Sono i valori con cui si cresce che fanno la differenza: bisogna educare i bambini, così pure i cittadini, la gente, le persone a quelli che sono i veri valori a cui ispirarsi». Quelli distorti sappiamo già da quale parte arrivano. (giornalistitalia.it)