VIBO VALENTIA – Quanto è accaduto a Vibo Valentia al collega Maurizio Bonanno, componente del Collegio dei probiviri del Sindacato Giornalisti della Calabria, strattonato dalla scorta del ministro Lanzetta solo per aver tentato di porle una domanda – da giornalista, che altro avrebbe potuto fare? – è sconfortante. Perchè non si può provare altro che delusione e sconforto di fronte ad un episodio come questo, che vede ancora una volta protagonisti, da una parte gli uomini deputati a garantire la sicurezza di un uomo dello Stato, dall’altra non un criminale o l’esaltato di turno, ma un giornalista. Con in mano la penna, non un coltello o una pistola.
Inutile, poi, sottolineare, nel caso specifico, il carattere mite del giornalista. Certi atteggiamenti di “supremazia”, in nome di una tutela da assicurare ad ogni costo, anche in assenza di pericoli come in questa occasione, non devono semplicemente esistere, nè dovremmo trovarci qui a dover difendere ciò che rappresenta l’esercizio di un diritto, oltre che di una professione: il diritto-dovere di cronaca messo in pratica – con una domanda – da un giornalista.
Rammento, per la verità, che certi episodi non sono nuovi in Calabria: tempo fa, sempre a Vibo Valentia, quel che è accaduto a Maurizio Bonnano accadde ad un altro giornalista, Nicola Lopreiato, spintonato e preso a calci, tanto da finire in ospedale, da un uomo della scorta dell’allora ministro della Sanità, Girolamo Sirchia. Anche lui arrivato sul posto per fare il suo “mestiere”.
Se ai gravi rischi che, quotidianamente, corrono i giornalisti, vittime di episodi di violenza, danneggiamenti e minacce, si aggiungono anche episodi come questo ai danni di chi svolge semplicemente il proprio mestiere di cronista, significa che la libertà d’informazione è quasi arrivata al capolinea”.
Carlo Parisi
Vicesegretario nazionale Fnsi
Segretario Sindacato Giornalisti della Calabria
Quanto è accaduto al giornalista Bonanno è, a dir poco ripugnante, e si fonda su quell’onnipotenza di cui godono i politici, creata, per ironia della sorte, dagli elettori sprovveduti e non del tutto coscienti dell’importanza del voto. Per smontare tanta arroganza e megalomania, secondo me, i giornalisti dovrebbero creare un deserto intorno a loro e non dare alcun rilievo alle loro passarelle specie in periodi elettorali. Forse così la scorta, diventando superflua, potrebbe andare ad ingrossare le fila dei tanti umili ed onesti lavoratori disoccupati. E ancora, secondo me, la violenta gratuita della scorta non è altro che il rispecchiamento della prepotenza di coloro che dovrebbero proteggere. Sarebbe ora, per i giornalisti, di svegliarsi e prendere veramente coscienza della propria dignità umana e professionale adottando strategie incisive e determinanti per il conseguimento di tali obiettivi. Immaginiamo per un istante se i politici non apparissero più in televisione o se non si parlasse più di loro sui giornali. Certamente sarebbero loro a cercare i giornalisti.
Nell’esprimere la mia solidarietà ai colleghi mi trovi pienamente d’accordo con quanto da te scritto. In Calabria stiamo vivendo un periodo abbastanza delicato e mi auguro che, nel breve periodo, si ritorni ad avere rispetto per le persone che svolgono il proprio lavoro. Se riflettiamo tutti e facciamo un passo indietro (compresi alcuni colleghi) e lasciamo da parte certe idee di onnipotenza solo perché si appartiene ad un corpo di polizia o siamo redattori/collaboratori di una testata giornalistica, solo allora riusciremo nel nostro intento.