RIAD (Arabia Saudita) – La chiusura di tutte le sedi di Al Jazeera in Arabia Saudita è la decisione che meglio di ogni altra illustra le ragioni della rottura decisa dai vicini arabi nei confronti del Qatar. Nei suoi 20 anni di vita, l’emittente panaraba con sede a Doha ha spesso indispettito gli altri Paesi sunniti della regione con la sua indulgenza verso i gruppi militanti islamici, Fratelli musulmani in testa, ma anche l’Isis e le formazioni qaediste.
“Il ministero dell’Informazione ha chiuso l’ufficio di al Jazeera e ha ritirato la licenza per le trasmissioni”, riferisce l’agenzia ufficiale Saudi Press Agency, mentre secondo il portale “Ajil” le autorità saudite avrebbero anche espulso tutti i giornalisti alle dipendenze di Al Jazeera in Arabia Saudita.
Le ragioni del successo (e del declino)
All’inizio degli anni 2000 la “Cnn araba” ha raccontato dall’interno Al Qaeda e l’Intifada palestinese e ha presentato le regioni dell’Asia e dell’Africa più dimenticate, riscuotendo grande popolarità in un mondo arabo poco abituato a un’informazione schietta e pungente. Dopo il 2011, le Primavere arabe hanno segnato il trionfo di Al Jazeera ma hanno anche fatto emergere le contraddizioni di un’emittente che predica la democrazia senza mai criticare l’emirato che la ospita. Il calo dell’audience e soprattutto quello del prezzo del petrolio hanno portato nel 2016 al taglio di 500 posti di lavoro, circa il 10% dei dipendenti.
Appena un mese fa il sito di Al Jazeera è stato messo al bando in Egitto per “sostegno al terrorismo” proprio per i legami con la Fratellanza, messa al bando dopo la caduta di Morsi. Un anno fa al Cairo tre suoi giornalisti erano stati condannati a 10 anni di carcere per terrorismo.
L’emittente ricalca la linea di politica estera dell’emirato da cui trasmette 24 ore su 24 in inglese e arabo: quindi, pur attaccando raramente gli Stati Uniti, di cui Doha è stretta alleata, ha una linea benevola verso talebani, Hamas, ribelli siriani e milizie libiche.