MILANO – Lavoro, contratti, pensioni, contributi: un’analisi della professione giornalistica a tutto tondo quella tracciata al Circolo della Stampa di Milano in occasione del corso di formazione sul tema “Il welfare ai tempi della crisi: ammortizzatori sociali, pensioni, salute, nuove tutele per i freelance”, organizzato dall’Ordine dei giornalisti nazionale e della Lombardia in collaborazione con il Circolo.
Incalzati dai colleghi, con cui non è mancato un serrato e coinvolgente confronto, coordinato da Daniela Stigliano, presidente del Circolo della Stampa di Corso Venezia e componente della Giunta esecutiva della Fnsi, Carlo Parisi, della stessa Giunta Fnsi e direttore di “Giornalisti Italia”, Enzo Iacopino, presidente dell’Ordine nazionale dei giornalisti, Carlo Gariboldi, vicepresidente della Casagit, Luigi Ronsisvalle, consigliere nazionale della Fnsi, Franco Abruzzo, presidente emerito dell’Ordine della Lombardia e attuale presidente dell’Unpit, Eleonora Voltolina, direttore de “La Repubblica degli stagisti”, sono stati i protagonisti di una seria e articolata riflessione sull’essere giornalisti oggi. In una fase, cioè, in cui “il numero dei giornalisti si è ridotto di 2.045 unità, dal 2007 al 2014, – ha fatto subito notare la padrona di casa Daniela Stigliano – a fronte di un aumento di 2.140 pensioni dirette erogate dall’Inpgi. Ad aumentare, poi, per effetto della crisi, è il numero di freelance e collaboratori”.
Va da sé che, stritolati dalla morsa della precarietà, attuale o paventata con cognizione di causa, i giornalisti italiani non se la passino tanto bene. “Anzi, va sempre peggio – ha ammesso Carlo Gariboldi – se è vero che, qualche giorno fa, una collega mi ha confidato che, se non avesse avuto ‘fortunatamente’ la Casagit, non si sarebbe potuta permettere un accertamento diagnostico in ambito ginecologico del costo di 250 euro”.
Ecco che, in un quadro che assume per un numero crescente di colleghi i contorni del dramma, “la sanità integrativa – ha incalzato Gariboldi – gioca un ruolo fondamentale e lo avrà sempre più in futuro”.
Presenti, tra gli altri, Paolo Pirovano (segretario Odg nazionale e consigliere Alg), Antonello Capone (Gruppo Cronisti Lombardi), Francesco Caroprese (vicepresidente Alg e consigliere nazionale Odg), Letizia Mosca (consigliere Alg), Adriana Paolini (consigliere Alg), Giuseppe Tropea (Gruppo Pensionati Alg).
I dati, purtroppo certi, fanno paura: “Il numero di giornalisti dipendenti con un lavoro stabile è sceso inesorabilmente negli ultimi trent’anni, passando da 20.000 occupati nel 1980, a 18.859 nel 2009 e a 15.891 nel 2015”.
A darne contezza, nel corso dell’incontro milanese, è stato Luigi Ronsisvalle, ricordando che “i principali gruppi editoriali sono piegati dalla crisi, come mettono drammaticamente in evidenza gli stati di crisi e le altre misure richiesti più volte da quelle che, fino a qualche anno fa, erano realtà solide. Basti pensare, ad esempio, al Gruppo Editoriale L’Espresso, al Gruppo Caltagirone, o al Gruppo Riffeser, quest’ultimo già al quarto ‘giro’ in termine di stati di crisi e con la richiesta di 38 prepensionamenti”.
A lamentarsi, però, sono anche i pensionati. Quelli che una pensione ce l’hanno e pure consistente, considerando che il costo di una pensione media per l’Inpgi oscilla tra i 66 ed i 75mila euro l’anno, con una buona percentuale attestata sui 90mila.
A difendere strenuamente “i diritti di chi la pensione se l’è guadagnata perché ha sempre lavorato e versato i contributi” ci ha pensato il loro presidente, Franco Abruzzo, che ha anche sottolineato che “non sono certo i pensionati a doverci rimettere per la crisi generale e delle Casse di categoria: io, ad esempio, – ha detto Abruzzo – non sono mai stato senza lavorare e come me altri. Perché eravamo bravi”.
Abruzzo sentenzia, più di uno tra i giornalisti in “platea” storce la bocca, Eleonora Voltolina risponde: “Sorvoliamo sul fatto che per lavorare e ottenere un contratto oggi basti essere bravi, ma se Abruzzo dice che ‘le cose devono essere uguali per tutti, giovani e pensionati’, ecco io credo che la mia generazione, quella dei 30-40enni, sottoscriverebbe in pieno questa affermazione, ma purtroppo per noi si tratta di un’utopia”.
“Noi non vogliamo essere aiutati dai nonni – ha alzato il tiro, e il tono, il direttore della Repubblica degli stagisti –, non abbiamo bisogno dei nonni! La casa vogliamo comprarcela da soli, il mutuo vogliamo pagarcelo noi. Quel che vogliamo è lavorare e poter contare un giorno su una pensione che, al momento, possiamo stimare in 100 euro al mese!”.
Una querelle in cui si è infilato volentieri il presidente dell’Ordine nazionale Enzo Iacopino, che ha colto l’assist e ha rilanciato: “Io odio le guerre. Tra pensionati e giovani. Tra contrattualizzati e precari. Perché così si perde. Le battaglie le dovremmo fare contro chi guarda dall’altra parte mentre tutto questo succede e preferisce coltivare il suo orticello. Come stanno facendo in queste ore a Fiuggi…”.
Spina per spina, “vogliamo parlare della deportazione – ha continuato Iacopino – a cui stiamo assistendo in questi giorni? 4982 colleghi alla volta di Bastia Umbra con la speranza di entrare in Rai. Per capire la genialità di questa operazione, basta guardare come sono lievitati i costi degli alberghi nel giro di qualche ora, costringendo un esercito di precari che guadagna poco o niente a sborsare 150 euro o più per poter andare a dare il concorso. Siamo alla stupidità più elevata”.
Precari sempre più numerosi e sconfortati – c’è solo Abruzzo che inneggia alla meritocrazia e ci crede pure – “ragazzi, più e meno giovani, che vengono da me e mi chiedono non un aiuto economico – dice Iacopino –, ma dignità, tant’è vero che, in alcuni casi, ho dovuto ‘fare’ il sindacato, pur essendo presidente dell’Ordine”.
“Forse è successo laddove il Sindacato non funziona – ha esordito Carlo Parisi, parlando da segretario del Sindacato Giornalisti della Calabria e fiduciario Inpgi –, perché, in regioni come la Calabria dove il Sindacato risulta essere l’unico in Italia a registrare un costante incremento di iscritti (dai 519 del 2002 ai circa 1400 attuali) e gli iscritti all’Inpgi hanno raggiunto quota 1728 con ben 1464 posizioni attive (delle quali oltre 300 relative a posti di lavoro dipendente), è evidente che l’azione sinergica di Sindacato e Istituto di previdenza, che con il suo Servizio ispettivo ha fatto emergere numerose posizioni irregolari e recuperato, attraverso le sanzioni, contributi per milioni di euro, funziona eccome”.
L’Ordine, insomma, faccia l’Ordine, il Sindacato la sua parte. Ed è all’Ordine che Parisi si rivolge, snocciolando qualche numero: “Gli iscritti all’Ordine dei giornalisti in Italia sono 103.036. Ebbene, di questi, 58.589 professionisti e pubblicisti non hanno mai aperto una posizione all’Inpgi. Sono, cioè, totalmente sconosciuti all’Istituto di previdenza dei giornalisti italiani. Tolti i pensionati ante 1996, significa che tutti gli altri non hanno mai lavorato. E, allora, come fanno a rimanere iscritti all’Ordine?”.
L’amara verità è che “in questa cifra – ha rimarcato Parisi – c’è anche tantissima gente che è stata iscritta all’Ordine con retribuzioni minime, finalizzate alla mera iscrizione. Per non parlare delle disparità che emergono da una regione all’altra, se è vero che, in taluni casi, c’è chi è stato iscritto con compensi pari a 11,42 euro, ovvero la metà del compenso minimo fissato (il 19 giugno 2014) nell’accordo sottoscritto dalla Commissione governativa per la valutazione dell’Equo compenso nel lavoro giornalistico (con il voto favorevole di Governo, Ministero del lavoro, Ministero dello Sviluppo economico, Fnsi, Inpgi e Fieg) che aveva fatto gridare all’Odg (che ha, invece, votato contro) «vergogna, vergogna». Ciò che significa che, in queste regioni, l’Ordine dei giornalisti è arrivato a legalizzare compensi indecenti”. Iacopino, ahinoi, conferma e rincara, ammettendo: “È vero, li hanno iscritti anche con meno”.
Tra una frecciata ad Abruzzo – “Nessuno pensa di mettere al muro i pensionati per impossessarsi dei loro soldi: ci sono altri metodi, come mettere gli editori nelle condizioni di assumere con contratti di lavoro dipendente con contribuzione all’Inpgi 1, invece di co.co.co. con contributi alll’Inpgi 2” – e una alla Rai – “Ma è in crisi o non è in crisi? Se sì, questo concorso per assumere altri 100 giornalisti è una vergogna!” –, Carlo Parisi tira dritto anche con il Governo.
“Ci vuole un attacco frontale – dice Parisi – da parte nostra, cioè da tutti gli Istituti di categoria, Sindacato, Ordine e Inpgi in testa perché, di fronte a una crisi senza precedenti che coinvolge i gruppi editoriali piccoli al pari dei colossi, e soprattutto di fronte ad un uso distorto degli ammortizzatori sociali, non dobbiamo dimenticare che l’Inpgi è un mero ente erogatore, ma è lo Stato, il Ministero a gestire gli stati di crisi”. giornalistitalia.it
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