Il giornalista condannato all’ergastolo racconta il carcere turco: “Passo oltre i muri”

Ahmet Altan: “Non rivedrò più il mondo”

Ahmet Altan

ROMA – «Scrivo queste parole da una cella in carcere. Ma non sono in carcere. Sono uno scrittore. Non mi trovo né dove sono, né dove non sono. Potete mettermi in carcere, ma non potete tenermi in carcere. Io faccio una magia. Passo attraverso i muri». Sono le parole con cui Ahmet Altan, uno dei giornalisti e scrittori più famosi in Turchia, conclude il suo straordinario diario di prigionia, “Non rivedrò più il mondo”, che in Italia è appena uscito con Solferino.
Altan, classe 1950, processato più di 100 volte per il contenuto politico dei suoi articoli (era già stato arrestato nel 1995 per un suo pezzo in difesa delle minoranze curde), nel 2016 è finito nell’ondata di arresti seguita al fallito golpe contro Erdogan.
Accusato di aver favorito il tentato colpo di stato è stato condannato a inizio 2018, insieme, fra gli altri, al fratello Mehmet (poi liberato dopo 21 mesi di carcere, ndr), in un processo definito da molti osservatori farsa, all’ergastolo senza condizionale.
Una pena che «potrebbe essere rivista in un’udienza d’appello fissata per il 2 ottobre» spiega all’Ansa la giornalista turca Yasemin Congar, compagna dello scrittore, che come Altan è da sempre in prima linea per la libertà d’opinione e per questo è spesso finita nel mirino delle autorità.
“Non rivedrò più il mondo” «racconta la forza e il potere interiore che ti viene dall’essere una persona libera e indipendente nel proprio modo di pensare. Parla di come il potere dell’immaginazione possa salvarti anche nelle situazioni più disperate. È un omaggio alla forza che può venire all’uomo dalla sua creatività».
Per la liberazione di Altan e di altri giornalisti e scrittori vittime di carcerazioni e condanne giudicate “ingiuste e senza prove”, si sono mobilitate decine di personalità e associazioni, e a febbraio, con una lettera ad Erdogan, anche 38 premi Nobel, tra i quali JM Coetzee, Kazuo Ishiguro e Mario Vargas Llosa.
Pensa che la pena possa essere rivista il 2 ottobre? «Io cerco di essere sempre ottimista – spiega la giornalista che dal momento dell’arresto di Altan, nel 2016, non ha più potuto incontrarlo, visto che gli sono concesse solo le visite del suo avvocato e dei figli –. Ahmet ha scritto una magnifica difesa, io leggendola mi sono commossa. Ma lo ascolteranno? Valuteranno i fatti? Possiamo solo sperarlo. Come ha detto anche David Kaye (relatore speciale sulla promozione del diritto alla libertà di opinione ed espressione per l’Onu, ndr), procedimenti come quello contro Ahmet sono processi spettacolo».
Nel libro, Altan traccia una cronaca intima e coinvolgente di tutto il periodo in carcere, dall’arresto, ai primi durissimi giorni di prigionia («In poche ore avevo percorso cinque secoli ed ero arrivato nelle segrete dell’Inquisizione medievale»), dagli incontri alla convivenza con i suoi compagni di cella, dalle dimostrazioni inaspettate di crudeltà a quelle di empatia, che incontra nel “mondo parallelo” della prigione.
«Avrei circondato gli incendi scatenati da coloro che mi avevano ingabbiato con il fuoco della mia mente – racconta Altan –
Scriverò per poter vivere, resistere, lottare, per volermi bene e perdonarmi i miei fallimenti».
Le pagine scritte a penna da Altan sono state battute al computer da Yasemin Congar, che ha anche tradotto il libro per la versione inglese: «Leggendo quelle pagine, ho provato grande gioia, per la forza che riflettevano, ma mi hanno anche spezzato il cuore – spiega la giornalista, che nella sua carriera è stata corrispondente anche per Bbc e Cnn – è stato difficile emotivamente leggerle e ancora di più tradurle».
Questo è il primo libro di Altan che esce prima all’estero: «Per ora non è programmata un’uscita in Turchia, è più sicuro così».
Ora lo scrittore sta lavorando a un nuovo testo: «Torna a scrivere un romanzo». Nonostante lo stretto controllo sui media in Turchia «penso che stragrande maggioranza dell’opinione pubblica, al di là delle opinioni politiche, vorrebbe più libertà d’espressione. E c’è ancora chi ha il coraggio di battersi per ciò che è giusto». (ansa)

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