KABUL (Afghanistan) – Dall’inizio del 2018 sono stati uccisi 13 giornalisti in Afghanistan. Un numero record in questi 17 anni di guerra che fa dell’Afghanistan il Paese più rischioso per i reporter.
Hamid Haidary di 1tv è vivo solo perché si è allontanato dal luogo dell’ultimo attacco una manciata di secondi prima.
“Quando lasciamo le nostre case – racconta il giornalista – non sappiamo se torneremo vivi o no, la situazione è davvero brutta per i giornalisti in Afghanistan. Nessuno sa cosa gli potrebbe succedere durante il giorno”.
L’aumento della violenza e dei rischi ha convinto alcuni media stranieri ad evitare l’invio sul campo.
“È un divieto rigoroso – spiega Rod Nordland, capo della redazione del New York Times a Kabul –, la nostra posizione è di non andare a meno che non ci siano ragioni eccezionali. Ma nella maggior pare dei casi non ci sono”.
Il punto è che ormai i giornalisti sono diventati un obiettivo per assicurarsi massima visibilità e copertura sui media internazionali: dopo il primo attacco, i terroristi aspettano che arrivino i reporter per sferrarne un secondo nello stesso luogo. (askanews)
La testimonianza: “Quando lasciamo le nostre case non sappiamo se torneremo vivi”