SESTO SAN GIOVANNI (Milano) – Giornalismo in lutto per la scomparsa di Sergio Stimolo, storico caporedattore del servizio Politico del Corriere della Sera. Nato il 4 marzo 1946, era giornalista professionista iscritto all’Ordine della Lombardia dal 1 giugno 1971. Nei mesi scorsi aveva reso noto di essere malato di tumore. Lascia la moglie Alba e i figli Simone e Andrea.
Profondo cordoglio viene espresso da Franco Siddi, presidente di Confindustria Radio Tv e storico segretario generale della Fnsi, per il quale «Sergio è stato testimone e ha documentato i cambiamenti politici e sociali dell’Italia di fine secolo e la prima parte del nuovo millennio. E nella professione, curata e incardinata sull’esperienza del cronista autentico, è stato protagonista abile e vivace nell’alimentare la partecipazione a stagioni di intenso confronto civile».
A ricordarlo due suoi colleghi di lungo corso: Giuseppe Gallizzi e Giancarlo Perego. «Questa – afferma Gallizzi – è una delle giornate più tristi della mia vita. Ho perso un grande amico, un collega esperto e preparato, un giornalista di razza e un maestro nel perfezionare i testi scritti dai colleghi. Ci eravamo conosciuti in via Solferino nelle stanze del “Corrierone”. Sergio cronista del “Corriere d’Informazione”, io del “Corriere della Sera”. Erano i tempi in cui i corridoi del primo piano erano frequentati da Montanelli, Montale, Mosca, Di Bella, Cavallari, Ostellino, Moravia e Barbiellini Amidei. Spesso ci fermavamo per discutere e per scambiare opinioni davanti alla mitica macchinetta del caffè dove incontravamo Biagi, Barzini Jr, Afeltra e altri grandi firme del Corriere.
Tanti incontri, tanti confronti e tante battaglie a sostegno della professione giornalistica e dei colleghi. Ricordo come fosse ieri, caro Sergio, il tuo rientro nella redazione Lombardia (dopo l’esperienza al quotidiano “L’Occhio” di Maurizio Costanzo) e la tua grande professionalità. Oltre che un “uomo macchina”, Sergio Stimolo era un maestro di scrittura. I pezzi da lui corretti diventavano capolavori, pronti per la pubblicazione anche in prima pagina.
Per me Sergio Stimolo era bravo quanto Dino Buzzati. Questo lo rivelo adesso perché conoscendo la sua modestia sono certo che Sergio si sarebbe “incazzato”. Alla Stimolo. Eppure è così. Ma, caro Sergio, i tempi del tuo e del nostro “Corriere” erano abbastanza diversi da quelli del grande Dino Buzzati. Gli articoli di Sergio Stimolo pubblicati sul “Corriere della Sera” restano nel gotha del giornalismo italiano, testimonianza del bel scrivere. Scrivere in punta di penna, come dicevano i grandi maestri in via Solferino.
Anche i libri di Sergio (come “Onorevole parli chiaro”, scritto insieme a Gianna Fregonara), che finora non hanno avuto il successo che meritano, sono destinati a conquistare le vette delle classifiche. Mentre piango la grande dipartita di un amico ineguagliabile, ricordo quel maledetto pomeriggio di alcuni mesi fa quando Sergio mi telefonò per dirmi: “Ho un brutto male ma sono forte e lotterò per sconfiggerlo. Nella mia vita ho vinto tante battaglie“. Io mi misi a piangere e fu Sergio a confortarmi con tono deciso e fraterno. Addio Sergio, compagno di tante battaglie, alle quali siamo sempre stati accomunati dalle nostre origini di uomini del Sud. Tu siciliano, io calabrese. Che il Signore ti accolga tra i buoni».
«È andato oltre le nuvole velocemente», ricorda dal canto suo Giancarlo Perego, che non riesce a dimenticare le parole con le quali Sergio aveva resa pubblica la sua malattia: «Maledetta sigaretta, con il quale aveva detto a tutti che gli era stato diagnosticato un tumore. Sergio Stimolo, intelligente giornalista del Corriere della Sera e appassionato sindacalista, appartenente alla corrente di Stampa Democratica, aveva parlato chiaro a tutti, come era sua abitudine. “Sono malato, affrontiamo anche questa…”. Da qualche anno era andato in pensione, giocava a golf e si occupava dei suoi amatissimi nipotini. Sergio che abitava con la moglie, Alba in viale Casiraghi a Sesto San Giovanni, se n’è andato nel giorno che si ricorda la scomparsa di un grande amico e fondatore di Stampa democratica, Giorgio Santerini (morto nel 2013). Giorgio e Sergio ne hanno fatte di lotte per migliorare la categoria.
Sergio al Corriere si è sempre battuto per gli ultimi, lavorava come caporedattore al Politico e aiutava i neo assunti ad ambientarsi in un luogo di lavoro complesso. Era diventato autorevolissimo. In assemblea quando parlava spostava i consensi. Duro, preciso, paterno. Nei corridoi di via Solferino, un sorriso per tutti. Ho visto leggere una busta paga di un neo assunto e in pochi minuti dire: “ti hanno fregato, torna indietro e chiedi questo. È un tuo diritto” Molti colleghi si rivolgevano a lui quando c’erano in ballo i diritti-doveri dei giornalisti in redazione. A me è sempre piaciuto di Sergio la velocita, velocità di pensiero e di azione. Era un uomo del fare. Per me è un grande dolore, se ci fossero in giro ancora tanti colleghi-uomini, dovrebbero ricordarsi della parola riconoscenza. Essere riconoscenti verso Sergio dedicandogli una giornata di rispettoso silenzio. Ma dubito, dubito, dubito. Nel mondo del giornalismo la riconoscenza è una parola abolita.. ciao Sergio, tranquillo ci siamo noi, i tuoi amici. Grazie per tutto». (giornalistitalia.it)