Storico direttore dell’Ansa aveva 102 anni. “Un serio giornalista non si schiera mai”

Addio Sergio Lepri, Maestro di giornalismo

Sergio Lepri

ROMA – È morto Sergio Lepri. Direttore dell’Ansa dal 1962 al 1990, aveva 102 anni. Nato a Firenze il 24 settembre 1919, era giornalista professionista dal 1945. È stato caporedattore de “Il Giornale del Mattino” di Firenze dal 1953 al 1956; capo del Servizio stampa della Presidenza del Consiglio nel governo di Amintore Fanfani dal 1958 al 1959, per assumere due anni dopo la guida dell’Ansa.

Sergio Lepri

Per trenta anni, amava ripetere, la sua direzione ha assicurato «a tutta la stampa scritta e parlata e anche ai più importanti organi pubblici e privati una informazione completa e imparziale». Lepri si era dedicato dagli anni ’90 ad un’intensa attività di saggistica e di docente di Linguaggio dell’informazione presso la Scuola di giornalismo dell’Università Luiss dal 1988 al 2004.
Per festeggiare i 100 anni, il 24 settembre di due anni fa, l’agenzia di stampa aveva organizzato un forum nel quale tre direttori a confronto – lo stesso Lepri, Giulio Anselmi e Luigi Contu – avevano fatto il punto sul giornalismo, ieri oggi e domani. Rapporto con il potere, momenti complicati da risolvere in cui garantire autorità a indipendenza, il principio di non far mai capire la propria posizione politica, sempre con la schiena dritta. E qualche delizioso aneddoto. Un secolo nel quale la professione rinasce e si rinnova, e va verso novità come l’intelligenza artificiale. Ma sempre «con l’affidabilità continuativa di un’agenzia. La garanzia che le informazioni siano sempre vere», chiosa Anselmi, attuale presidente dell’Ansa, di cui è stato direttore dal 1997 al 1999.
Ricorda Contu – attuale direttore dell’Ansa – che quando Lepri assumeva un redattore – come accadde anche nel suo caso – diceva: «senta non le chiedo per chi vota, non me lo faccia capire da quello che scrive». Dividere fatti da opinioni. «Il privilegio di un serio giornalismo è quello di non schierarsi. Io sono arrivato al giornalismo alla fine della guerra. Giovani come me decisero di fare il giornalista perché era uno strumento per arricchire il patrimonio informativo di tutti. Strumento di conoscenza, di democrazia e libertà, come servizio», racconta Lepri.
«Una propensione dei giornalisti italiani è dipendere dal potere – aggiunge Anselmi – servendo i potenti addirittura prima che arrivino a chiedere. La tentazione di compiacere è bene che giornalisti e direttore non ce l’abbiano mai». Consigli a chi vuole fare il giornalista oggi? «Io chiedo “dove”. I quotidiani sono schierati», spiega Lepri, «se dove è l’Ansa va bene, se è una testata al servizio di qualcuno o qualcosa lo sconsiglio».

Da sinistra: Luigi Contu, Sergio Lepri e Giulio Anselmi oggi a Palazzo Vecchio, Firenze

Per Anselmi, «non bisogna avere paura né dei poteri, né delle cose. Cercare di affrontare le notizie capendole. Avere conoscenza di base e conoscere le tecnologie. E poi prendere posizione e con chiarezza sui fatti e quello che succede. Non significa fare giornalismo fazioso, ma dire «questo è successo, noi pensiamo che… Mentre un’agenzia è al servizio di tutti i giornali».
Lepri, dall’alto del suo secolo, si fregia anche del titolo di innovatore. Dalla sua intuizione è  nato ad esempio il primo archivio digitale delle notizie, il primo in Europa. «Erano gli anni Settanta e quel milione di notizie si accumulavano come carta negli scaffali: ora tutto sta su un telefonino. Nel giro di qualche decennio è cambiato tutto. L’Ansa fu la prima agenzia ad avere un archivio elettronico».

Sergio Lepri alla festa dei 100 anni con Stefano Fabbri, Giulio Anselmi, Sergio Lepri e gli altri storici capo redattori

Anselmi ha dato, invece, vita al primo sito web dell’Agenzia, ma anche introdotto i servizi finali, pronti per essere pubblicati. «Una agenzia deve essere guida, non deve imporre delle cose – racconta Anselmi – ma deve aiutare a capire. Farlo con rapidità. Quando arrivai mi sentiti in un acquario, tutto era uguale. Io non capivo l’importanza. Alla fine della prima settimana dissi a mia moglie “io me ne vado. Non è il mio mestiere”. Per la prima volta pensai ad una rinuncia. Poi con l’aiuto dei capi immaginai i titoli, una graduatoria di importanza e formammo una sorta di prima pagina del giornale».

Sergio Lepri

Tanto è stato importante, spiega Contu, che ora tra i nuovi servizi dell’agenzia c’è quello delle pagine pronte per i quotidiani. Momenti di cambiamenti storici. «È cambiata l’informazione – afferma Lepri – perché sono cambiati gli strumenti. Le nuove tecnologie sono state un grande modo per migliorare l’informazione». Racconta quando nei primi anni Novanta una stazione tv «ci dette i missili iracheni che cadevano su Tel Aviv. Immagini che furono trasmesse in tutto il mondo e tutti pensammo alla guerra in diretta. Poi il giorno dopo capimmo che non erano missili ma erano solo razzi luminosi. Ci fece capire che non bastava fidarsi delle immagini che a volte sono più bugiarde delle parole».
Anselmi: «noi siamo mezzo, credibilità e rapidità. Dare notizie in tempi velocissimi è spesso in controtendenza rispetto alla verifica. Si deve riuscire a far convivere queste due esigenze spesso contrapposte». Alla fine non è mancato un bellissimo momento di memoria, quando ha chiesto Contu delle notizie che li avevano messi in difficoltà.
Anselmi: «Tante volte. Da giovane redattore di Stampa sera venni a sapere che per il fratello di Milena Sutter, figlia di un industriale rapita e uccisa, era stato chiesto un riscatto. Il padre mi confermò la notizia dicendomi: “se mi rubano anche il figlio lei me lo restituisce?”.

Sergio Lepri

Io chiesi istruzioni al mio capo torinese che mi disse: “sei bravo Anselmi ma te lo ha mai detto nessuno che sei un cretino?”. Io la detti. Un altro caso fu la storia brutta di Lapo Elkann, io ero direttore de La Stampa. Col fratello del tuo padrone non è facile. Io decisi di fare una pagina intera e richiamo in prima pagina. Feci quello che andava fatto. Non sto qui a dire che la cosa mi provocò qualche problema”.
È accaduto anche a Lepri, tante volte all’Ansa dal 1959 agli anni Settanta. Ma ricorda in particolare quando ha ricevuto «una telefonata da Pajetta che mi disse «si vergogni direttore, l’Ansa ha trasmesso una notizia falsa. Era il primo manifesto all’università che diede vita alla sinistra extraparlamentare. Ma evidentemente lo stesso Pajetta lo ignorava. Sembrava incredibile anche a lui ma era vera». (ansa)

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