TRIESTE – Sergio Canciani, storico corrispondente della Rai da Mosca, è morto oggi nella sua casa di Trieste all’età di 76 anni. Nato il 28 febbraio 1946, era giornalista professionista iscritto all’Albo del Friuli Venezia Giulia dal 13 novembre 1974. Cresciuto professionalmente nella redazione regionale della Rai di Trieste, prima nella redazione slovena e poi in quella italiana, ha raccontato da inviato i funerali di Tito, la caduta di Ceausescu in Romania, la guerra nell’ex Jugoslavia, l’assedio di Sarajevo, l’evolversi del conflitto nei Balcani.
Innumerevoli i suoi servizi per per Tg1, Tg2 e Tg3. Dalla fine degli anni ’90, per 13 anni fino al 2011, è stato corrispondente Rai da Mosca. Quasi profetici i suoi due libri: “Roulette Russia” sulla disfatta dell’ex impero sovietico e “Putin e il neo-zarismo. Dal crollo dell’Urss alla conquista della Crimea”. Fu tra i primi a capire e a parlare della politica di Putin in Ucraina.
Il presidente della Regione Friuli Venezia Giulia, Massimiliano Fedriga, lo ha definito un «giornalista dallo sguardo lungo’ Testimone e cronista delle trasformazioni avvenute nell’area dei Balcani e nell’ex Unione sovietica. Il suo piglio diretto ha sempre puntato all’essenza della notizia».
«Nato professionalmente in una redazione di “frontiera” qual è stata la Rai di Trieste e quindi con una naturale propensione verso ciò che accadeva oltre confine – ricorda Fedriga – il percorso giornalistico lo portò alla fine degli anni ’90 come corrispondente a Mosca. I tredici anni trascorsi in quella redazione gli avevano permesso di vedere da vicino le trasformazioni a cui stava andando incontro il Paese.
Da attento osservatore e fine intellettuale, aveva prefigurato alcuni scenari che ora si stanno dimostrando di stretta attualità, grazie alla grande capacità di analisi che lo hanno sempre contraddistinto nella sua attività lavorativa. Canciani è stato un uomo che ha mantenuto saldo il suo legame con Trieste e la comunità slovena presente nel capoluogo regionale, città in cui ha scelto di tornare al termine della sua carriera». (giornalistitalia.it)