BOLOGNA – Rocco Di Blasi, storico capocronista del quotidiano “l’Unità” a Napoli e caporedattore a Bologna, oltre che primo direttore del settimanale (oggi mensile) “Il Salvagente”, è morto a Bologna, la città in cui viveva da tempo, all’età di 72 anni. Nei giorni scorsi era stato ricoverato in ospedale per la rottura di un femore dove, però, sono sorte delle complicazioni a causa del suo precario stato di salute.
Nato a Pagani il 2 giugno 1948, era giornalista professionista iscritto all’Ordine dell’Emilia Romagna dal 23 giugno 1978.
Pensionato dal 2010, ha lavorato fino al 1993 a l’Unità e dal marzo 1994 al dicembre 2009 al Salvagente. Dopo la brillante esperienza di capocronista a Napoli, per l’Unità ha lavorato a Roma e a Bologna dove, dopo aver ricoperto l’incarico di caporedattore, nel 1992 gli fu affidata la direzione del settimanale Il Salvagente, fondato come supplemento del quotidiano fondato da Antonio Gramsci e, presto, lasciato correre con le proprie gambe. Successivamente è stato anche direttore del giornale online Consumatrici.it.
«Quando nel 1992 Rocco Di Blasi accettò la proposta di dirigere quello che sarebbe diventato il futuro settimanale il Salvagente – scrive il giornale contro le truffe ai consumatori – arrivò in una redazione in cui non tirava certo l’aria di euforia che normalmente ci si aspetterebbe in un giornale che sta per nascere.
L’editore (lo stesso dell’Unità) aveva deciso di rompere con la precedente direzione (costituita dallo storico tandem Carlo Ricchini-Tito Cortese che quel giornale lo avevano ideato come supplemento dell’Unità) e per Rocco si trattava di una scommessa e un’esperienza totalmente nuova: passare dalla cronaca di un grande quotidiano alla direzione di un giornale specializzato nei diritti del consumatore che però aprisse le sue finestre anche sull’attualità».
«Rocco – ricorda il Salvagente – lo fece con le qualità che ne avevano fatto un grande giornalista, il capocronista a Napoli, l’inviato nei giorni caldi del terremoto di Napoli, il capo-redattore dell’Emilia-Romagna prima e del centrale a Roma, poi. Prima tra tutte fu la sua capacità di ascolto. Ascoltò tutti noi, grafici, giornalisti e poligrafici; non si portò nessuno da fuori (a eccezione della sua vice, Anna Morelli) e ci coinvolse da subito nel folle progetto di fare “il settimanale dei diritti, dei consumi e delle scelte” che avrebbe dovuto essere traghettato per un breve periodo dall’Unità per poi uscire autonomamente, con un altro editore.
Iniziò così l’avventura del giornale azzurrino, stampato su carta riciclata e diffuso dal 9 maggio 1992 per pochi mesi con il quotidiano fondato da Antonio Gramsci. Pochi mesi, perché fu subito chiaro a tutti noi che l’editore non aveva intenzione di continuare a mandare in edicola il giornale».
«Rocco – sottolinea il Salvagente – in quel momento prese la decisione più difficile e visionaria: mettere sul piatto della trattativa con l’editore tutta la sua carriera, perfino la sua liquidazione per far proseguire quella esperienza. Lo propose a tutti noi e in molti accettammo. Nasceva la cooperativa editoriale che per anni, fino al 2014 avrebbe editato il Salvagente.
Le storie di quegli anni furono bellissime, piene di incoscienza, a volte ci tolsero il sonno la notte (come nei tanti casi in cui dovevamo cercare soldi che non c’erano per pagare la stampa del giornale o quando non riuscivamo a pagare gli stipendi e il primo a sacrificarsi era sempre lui) ma segnarono tutti noi.
L’esempio giornalistico di Rocco era costante ed è stato fondamentale per tutti. Quello umano, se possibile, è stato ancora più toccante. Capace di sontuose cazziate lavorative (concluse quasi sempre con una scatola di cioccolatini che lui non poteva mangiare), non ha mai sottovalutato il lato umano di ogni persona che lavorasse con lui. Una guida per i più giovani e un appoggio per chiunque avesse un problema, lavorativo o personale».
«Di lui – conclude il Salvagente – sono tante le cose che tornano in mente a chi ha avuto la fortuna di lavorargli accanto. Sarebbe impossibile elencarle tutte, vogliamo citare una sola in cui si condensano la sua origine campana e il suo Dna da giornalista navigato: di fronte a un dubbio, una curiosità, un fatto la sua prima osservazione era sempre “Ce vulesse ‘nu giornalista”. Ecco, con quella frase, che potremmo riassumere banalmente in un “ci vorrebbe un giornalista per fare chiarezza”, c’era lo stimolo maggiore per approfondire, scavare e alla fine raccontare». (giornalistitalia.it)