TORINO – “Roberto del Dausin non c’è più”. Roberto Pelleriti aveva 39 anni, s’è aperto un vuoto improvviso ed enorme, in quel suo ristorante di San Salvario sempre pieno e nel quartiere intorno. Mancheranno il sorriso con cui portava i suoi piatti ai tavoli e la passione con cui li aveva portati dalla tradizione nel cuore giovane della città. Se ne è andato inseguendo un’altra grande passione, la bicicletta, e non c’è da meravigliarsi: lui faceva solo quello che gli piaceva. Un malore durante la sgambata del sabato – era ad Avigliana con un gruppo di amici – la corsa all’ospedale di Rivoli. Un infarto.
Sette anni fa Roberto aveva aperto Dausin, il ristorante dei cibi vicini all’angolo tra via Galliari e via Goito, ritagliandosi un angolo del tutto originale nelle vie della movida. Spiegava: “Compro le materie prime da chi vive e lavora qui, voglio che i soldi di chi mangia da noi restino sul territorio”, interpretando il chilometro zero come impegno sociale prima che ecologico. Una sfida alla grande crisi condotta a suon di ricette di famiglia. Raccontava del padre scomparso troppo presto, di mamma Dorina al lavoro in un locale a Santa Rita: “Sono cresciuto tra i tavoli e la cucina”. E sorrideva stringendosi a Martina, accanto a lui nell’avventura di Dausin e in quella di crescere la loro figlia.
Così Dausin è diventato anche il ristorante delle persone vicine. In sala trovi gli amici di Roberto e Martina (quelli che lo erano prima) e altri amici di Roberto e Martina, quelli che lo sono diventati frequentando il locale. Raccolti da Santa Rita a San Salvario, due centri dell’anima popolare di Torino così distanti, per storia e collocazione, da diventare vicini per forza di entusiasmo. Perfino Chiara Appendino e Piero Fassino, durante la fase più calda della campagna elettorale, tra il primo turno e il ballottaggio, si sono trovati a pranzo con i rispettivi staff ai tavoli di Dausin lo stesso giorno. Così lontani, così vicini.
Dausin è il chilometro zero e il quartiere degli immigrati, eppure non ha nulla del retrogusto modaiolo tipico del pret à porter enogastronomico. Il marketing di Roberto non conosce le tovaglie a quadri. Quest’estate, dopo una brutta rissa davanti al suo locale, s’è buttato in pista per l’ennesima volta: “Facciamo una serata di musica in piazza. Se qui si spaccia, se c’è violenza, non è un buon motivo per blindare le strade. Dobbiamo portare il quartiere in strada, vigileremo noi”.
La cena solidale per Amatrice, quelle per le famiglie povere, le cucine itineranti che portavano da mangiare a chi non ne ha sono solo alcune delle voci del suo menu di ristoratore. Anche così Roberto vedeva l’innovazione ai fornelli, e anche così onorava la sua tradizione personale, quella di uno che ha fatto la gavetta della bella persona. Vent’anni fa accompagnava le scorribande benefiche di un padre gesuita atipico (almeno per gli standard di allora): si saltava su un furgone per ritirare il cibo in scadenza dai supermercati. Quasi di nascosto, dopo l’orario di chiusura, perché nessuno sapeva se si potesse fare ma tutti erano sicuri che fosse necessario e giusto farlo.
Il padre che guidava la banda tagliava corto: “I poveri hanno fame, non gli importa delle date di scadenza. Basta che sia buono”. E ne mangiava, con i ragazzi del furgone e con i suoi poveri, consapevole che stando vicini i sapori migliorano e qualunque cibo diventa “come quello servito alla tavola della Regina Elisabetta”. Così San Salvario oggi si stringerà intorno al suo ristorante dei cibi vicini e allo chef ripieno di sorrisi, entusiasmo e parole incoraggianti. Dausin, vicino. (La Stampa)
Marco Sodano
Prima di aprire il ristorante Roberto Pelleriti aveva fatto il giornalista, lavorando per le riviste “Sprint & Sport” e “Il Punto”. Al precariato, sette anni fa, aveva preferito quella che, nel giro di pochi anni, era diventata un’attività di successo, svolta con onestà e con la determinazione di favorire l’imprenditoria locale a cui si rivolgeva per acquistare le materie prime per il suo ristorante.
Un uomo di gran cuore, Roberto, che, nei giorni scorsi, aveva organizzato una cena solidale in favore dei terremotati di Amatrice e che, da sempre, è stato vicino ai poveri portando loro da mangiare con una cucina itinerante appositamente attrezzata per fare del bene al prossimo. (giornalistitalia.it)