REGGIO CALABRIA – Non ascolteremo più dal vivo la voce di Otello Profazio, primo cantastorie a conquistare il disco d’oro per la vendita di oltre un milione di copie del suo “Qua’ si campa d’aria”; primo cantore meridionale a incidere la “tradizione” per etichette autorevoli come Fonit Cetra e Rca; raffinato ricercatore di storie e melodie altrimenti perdute per sempre, cultore della memoria che ha saputo cantare e diffondere la propria arte non solo in note, bensì anche attraverso una instancabile attività pubblicistica.
Otello Profazio è morto oggi agli Ospedali Riuniti della sua Reggio Calabria dopo una vita dedicata a divertire e commuovere, strappare un sorriso mentre una lacrima ti bagna gli occhi: che canti l’amore o la morte, i miti antichi o le paradossali cronache di ieri e di oggi. Otello è sempre riuscito a catturare con la parola arguta, e il fraseggio di un motto antico, il senso più profondo delle cose e delle storie, in un dialetto lirico che nel suo canto è divenuto lingua universale.
Nato a Rende il 26 dicembre 1934, ma reggino di adozione, giornalista pubblicista iscritto all’Ordine della Calabria dal 26 settembre 1981, il 1° maggio 2018 era stato chiamato da Carlo Parisi a fare da “colonna sonora” alla prima festa del lavoro nella storia della stampa italiana, celebrata appunto a Reggio Calabria.
Il miglior modo per celebrare non solo la libertà di espressione, di cui il cantastorie è sempre stato un credibilissimo portabandiera, ma l’esaltazione di una accurata ricerca culturale che, del lavoro e del giornalismo in particolare, deve rimanere indispensabile premessa ed ancor più imprescindibile orizzonte. Non a caso, il suo volume “L’Italia cantata dal Sud” che ha contato più edizioni, con la presentazione originaria di Carlo Levi di cui si ricorda la calzante definizione: in lui – scrisse Levi – “l’eterna vicenda dei poveri e dei ricchi si dissolve in saggezza ironica e amara”.
Meridionalista e geniale divulgatore, definito “il Salvemini della Calabria”, Otello Profazio aveva avuto la sua consacrazione nel 2016, anno in cui gli è stato conferito il prestigioso Premio Tenco e nella cui motivazione ben si comprendono il senso e il “peso” della sua produzione artistica: «L’Italia cantata dal Sud non è solo il titolo di un memorabile disco di Otello Profazio ma la summa di una storia musicale e culturale iniziata nel lontano 1953, che negli anni ’60-70 fa di lui una delle figure fondamentali del nostro folk-revival. Non solo ricercatore della tradizione orale ma cantautore a tutti gli effetti, Profazio è attento ai miti arcaici come alle vicende contemporanee, secondo il sentire del popolo meridionale, ma insofferente alla retorica, all’autocommiserazione e al vittimismo».
In “Compagno, lavuraTuni – Canti e cunti sul lavoro”, presentato appunto a Reggio Calabria, Otello Profazio racchiude tutto il suo universo poetico e musicale nella “Ballata consolatoria del Popolo Rosso” presentata (insieme al suo libro-disco “La Storia”) al Parco della Musica di Roma. «Un lavoro – aveva spiegato Profazio a Giornalisti Italia – che racconta la mia storia e la storia del Sud, intrecciate l’una all’altra tanto da non poter immaginare l’una senza l’altra».
L’emigrazione, le lotte dei braccianti per la terra, il fardello dei “padrini” a soffocare ogni diritto, compreso quello a un lavoro dignitoso e onesto: sono i temi clou di uno spettacolo che farà divertire e riflettere, grazie ad un artista che ha fatto della libertà di espressione forse il più alto dei sacramenti laici della propria carriera.
Non a caso quando, per la prima volta nella storia del nostro Paese, è stato fondato il Gispe, gruppo giornalisti dello spettacolo, la scelta unanime è caduta subito su di lui. Otello Profazio, personalità dell’arte calabrese e nazionale (una vera star anche all’estero, dove ha portato la storia in musica con innumerevoli e applauditissime tournée) che ha letto la rara capacità di fare cronaca e storia in musica, portando nella sua arte i fondamenti stessi del migliore giornalismo: la ricerca meticolosa delle fonti, l’analisi instancabile, la capacità di divulgare rimanendo fedele alla storia da raccontare, anche quando questa sposi un pentagramma per arrivare chiara tanto all’ascoltatore quanto al lettore.
Profazio dalla nascita del Gispe ne è stato il presidente, affiancato da un altro grande giornalista e attore reggino, Mimmo Raffa, che ci ha lasciati nell’ottobre scorso, ma anche da tanti giovani e validissimi colleghi che, nel loro nome, porteranno avanti lo spirito e l’azione del gruppo.
«Con la scomparsa di Otello Profazio – afferma Carlo Parisi, segretario generale della Figec Cisal – perdiamo un amico straordinario sempre pronto a sdrammatizzare con una battuta anche il più grave dei problemi, ma nel contempo a riaccendere la fiamma della speranza. Proprio per questo è stato sempre un idolo per il popolo e per gli italiani all’estero e un personaggio scomodo e ingombrante per il potere e per quanti, in ossequio al potere, hanno cercato di limitare la sua voce. Un destino vecchio come il mondo quello per i profeti come lui».
Negli ultimi tempi i problemi di salute di Otello Profazio, come aveva confessato all’altro vicepresidente Valeria Bonacci, lo avevano costretto a ritirarsi nella sua casa di Pellaro. Poi, per l’aggravarsi delle sue condizioni, si era reso necessario il ricovero in ospedale. Stamattina la notizia che ci stringe il cuore ma ci accarezza l’anima riportandoci alle struggenti melodie di Otello, che nessuna morte può fermare perché da tempo consegnate all’eternità. (giornalistitalia.it)
Antonietta Catanese
Riposa in pace grande Otello. Grazie per tutto quello che hai fatto e lasci in eredità a tutti noi.