COSENZA – «Con Mario Brunetti se va per sempre uno di noi che ha fortemente creduto nel pluralismo e nella libertà di stampa, qualunque prezzo servisse pagare». Carlo Parisi, segretario generale della Figec Cisal, ricorda così uno dei grandi signori del giornalismo e della politica calabrese, morto ieri a Cosenza all’età di 91 anni.
«Lucido e appassionato – ricorda Parisi – non aveva mai smesso di progettare il futuro e tenersi aggiornato sulle politiche sindacali. Non a caso, qualche mese, mi aveva telefonato per annunciarmi che in autunno sarebbe voluto venire a Roma per illustrarmi, come spesso avvenuto negli anni, dei progetti a tutela della categoria».
Domani, lunedì 13 agosto, alle ore 17.30, nel cuore della Villa Vecchia di Cosenza, la città nella quale ormai viveva, sarà ricordato da amici e parenti. Nessun funerale, solo una cerimonia privata. Per sua espressa volontà sarà cremato da grande laico della Repubblica.
Mario Brunetti era nato il 20 ottobre 1932 a Plataci, comunità arbëreshe dell’Alta Calabria Jonica. Giornalista professionista dal 17 marzo 1965, era soprattutto un grande meridionalista di ispirazione gramsciana. Fonda, nella seconda metà degli anni Cinquanta, il periodico “La sinistra”; ma successivamente dopo dà vita a “Prospettiva socialista”, e subito dopo viene chiamato a dirigere una delle poche riviste meridionaliste di quella stagione politica che era “Sinistra Meridionale”. È stato per lunghi anni presidente del Centro Studi di Politica ed Economia della Calabria (Cespe.Ca) e direttore dell’Istituto Mezzogiorno Mediterraneo (MeMe), trasformato successivamente in “Fondazione Brunetti”.
Uomo politico di punta della Sinistra Italiana, suoi punti di riferimento formativo erano stati Antonio Gramsci e Rodolfo Morandi, Mario ha rappresentato quello che lui chiamava «il filone critico, libertario e di classe a sinistra del socialismo scientifico, tendente al comunismo ma non discendente da alcun altre esperienze conosciute».
Membro del Comitato Centrale del Psi, prima dell’avventura collaborazionista di Pietro Nenni con la Dc nel primo centrosinistra. Dalla costituzione del Psiup e, via via sino a Rifondazione Comunista – si legge sulla scheda ufficiale diffusa dalla casa Editrice Rubettino che ha stampato quasi tutti i suoi libri – «è stato tra i fondatori e dirigente nazionale del partito».
È stato deputato della Repubblica e segretario della Delegazione Italiana del Consiglio di Europa, con incarichi impegnativi, quale l’Unione interparlamentare, membro della Commissione bicamerale Antimafia e presidente della Commissione per i diritti umani del Parlamento italiano.
Scrittore instancabile ha pubblicato La piazza della rivolta, L’attualità inattuale, Le cose del mondo, La sinistra perduta, Riflessioni sul Mezzogiorno, Gli anniversari che ci parlano, La memoria Cosmopolita del Mediterraneo, Il Risorgimento-Una rivoluzione conservatrice, Il rovello permanente e Il coraggio della coerenza, con la prefazione di Giovanni Russo Spena. Ma la cosa che più lo inorgogliva era quella di poter essere identificato come uno dei difensori più dichiarati e più decisi della conservazione della lingua arberësche nelle scuole dell’obbligo, lui che era figlio legittimo della vecchia terra di Arberia e che era nato e cresciuto in uno dei centri arbëresche più antichi di Calabria.
Nel corso della sua lunga attività parlamentare Mario Brunetti aveva contribuito all’inserimento nello Statuto regionale della Calabria, del “diritto alla tutela delle minoranze linguistiche regionali”, formalizzato poi nell’art.56-lettera r. Ma era stato anche presentatore della prima proposta di “Legge regionale”, negli anni Settanta, di istituzione delle scuole prescolari per la “salvaguardia della minoranza arbëreshe”. Non a caso portava anche la sua firma la nascita e la fondazione, nel 1980, della Lega Italiana della Minoranza arbëreshe, di cui era stato a lungo Presidente, e che, ricordo, ha realizzato importanti scambi culturali con le strutture scientifiche dell’Albania.
Un giorno venne a trovarci in Rai a Cosenza, dove lo avevamo invitato per una intervista proprio sulla lingua albanese e ricordo che ci portò in regalo il suo “Vocabolario arbëresh”, scritto a quattro mani con Damiano Guagliardi, e a cui avevano collaborato anche famosi intellettuali e studiosi dell’Università di Tirana.
Ma c’è ancora di più. Mario Brunetti ha coordinato e pubblicato, lavoro a cui hanno partecipato borsisti, ricercatori e docenti dell’Università della Calabria, testi come “Imparare l’Albanese – Mesoj Gjuhen Shqipe”; “Vecchie e nuove Minoranze Culturali: definizione di una mappa della presenza e dei beni da salvaguardare – Catalogo ragionato dei dati”; “Sussidiario antologico Arberesh”; “Chi Dona tramanda”, “La diaspora della diaspora” (a cura di Mario Bolognari). Chi meglio di lui avrebbe mai potuto raccontare in maniera così autorevole e carismatica la terra di Giorgio Scanderbeg?
E quando nessuno se lo sarebbe mai aspettato presenta, alla Camera dei Deputati, la proposta di legge sulla salvaguardia delle minoranze linguistiche, arrivando alla provocazione più solenne: quando in occasione del dibattito sulla approvazione della legge, si presenta e parla in Aula nella lingua arberesh, spiegando semplicemente che era “la lingua dei padri”.
Alla fine del 1999 il Parlamento italiano, unificando le proposte, approvato la Legge 482/99 di attuazione dell’art. 6 della Costituzione, che si attendeva dall’entrata in vigore della Carta Costituzionale, con la quale si introduce, tra l’altro, “l’insegnamento della lingua albanese nelle scuole dell’obbligo dei paesi di origine arbëreshe”. Era il sogno primitivo di Mario che si trasformava finalmente in realtà.
Nell’ultima legislatura a cui Mario Brunetti ha fatto parte – e da quando non era più in Parlamento lo raccontava dovunque gli capitasse di parlare in pubblico – aveva presentato alla Camera la proposta di legge per la ratifica della “Carta Europea delle lingue regionali e minoritarie”, tanto era il suo amore per le lingue orali che stavano ormai scomparendo per sempre.
E non a caso, nel 20 maggio 2002 il Presidente della Repubblica dell’Albania lo ha insignito della medaglia ”per alti meriti civili”. Dal 3 dicembre 2003, invece, il Ministero degli Affari Esteri italiano ratifica quelle che in gergo tecnico si chiamano le “lettere patenti” e con cui la Repubblica d’Albania lo nomina Console onorario della Repubblica d’Albania a Cosenza.
Una delle fasi forse più delicate e più difficili del suo impegno parlamentare fu quando lo chiamarono a far parte della Commissione Parlamentare Antimafia. Per lui fu un impegno quasi ossessivo, onnipresente alle riunioni della Commissione, e sempre da vero grande protagonista, firmando in prima persona e senza nessuna “rete di protezione” una lunga serie di denunce contro il “traffico delle scorie radioattive ed inquinanti”, con particolare riferimento ad alcune zone della Calabria e della Campania. Fatto sta che la Commissione, in quella occasione, riscontrò davvero forti complicità italiane nel traffico delle scorie e delle armi e, per via delle pesanti inchieste da lui volute e sostenute la Presidenza della Commissione, chiese per lui al Ministero dell’Interno la protezione giornaliera di una scorta, cosa che Mario immancabilmente rifiutò in maniera decisa e totalizzante. Ma questo era frutto di un carattere eternamente riservato e schivo quanto mai.
Nel corso della sua vita credo che Mario Brunetti sia stato uno dei parlamentari calabresi più “internazionali” di tutti. Ha avuto incontri ufficiali con quasi tutti i Capi di Governo e Presidenti dei Paesi ove è stato in delegazione, una lista lunghissima dove compaiono anche i nomi di Yasser Arafat, Fidel Castro, Raul Castro, il padre di Che Guevara (Ernesto Guevara Lynch), Celia Guevara sorella del Che, il Comandante Marcos, Monsignor della Casas in Messico, e di cui lui racconta nel libro “Le cose del Mondo”. Ma come se questo non bastasse, il 20 luglio 2000 la città di Huntsville in Alabama gli ha conferito la cittadinanza onoraria della città per il suo impegno sociale e il rigore delle sue battaglie politiche.
Altrettanto indimenticabile il suo impegno in favore dei diritti umani. Come presidente del Comitato per i Diritti Umani della Camera del Deputati, aveva portato avanti due straordinarie indagini che hanno poi avuto ripercussioni forti a livello internazionale: la prima riguardava la condanna alla Nike per lo sfruttamento minorile in Africa; la seconda i desaparecidos in Argentina e in Cile. Il risultato di questa indagine – raccontava lui stesso – aveva «accelerato la condanna di Pinochet».
In Brasile, invece, ma anche in Argentina e in Cile la delegazione da lui capeggiata aveva fatto emergere drammatici eventi che riguardavano anche molti nostri connazionali italiani. Così come aveva fatto parte di una delegazione che, in Iraq, attraversando rocambolescamente la Giordania, attraverso il deserto, aveva scoperto e denunciato le conseguenze tragiche dell’uso dell’uranio impoverito sulle popolazioni, cosa questa che è avvenuta anche nella guerra dei Balcani. Ma aveva anche fatto parte di una delegazione a Beirut, per verificare le drammatiche vicende del massacro di Sabra e Shatila, e membro della Commissione di indagine sulla Cooperazione internazionale, con poteri giudiziari importanti.
L’altro record di Mario riguarda la sua partecipazione ufficiale alle manifestazioni del 50º Anniversario della Rivoluzione cinese. Si trattava dell’unica delegazione politica italiana invitata a Pechino, e nessun parlamentare meridionale prima di lui era mai arrivato in Cina.
Su una cosa di sicuro tutti converranno, sullo stile modestissimo e rigorosissimo della sua vita pubblica, che coincideva perfettamente con la sua vita privata, e che da vecchio gramsciano lo portava a credere nel rispetto assoluto dell’uomo e dei suoi bisogni.
Questo è il Mario Brunetti che noi abbiamo conosciuto e che non mancava mai di partecipare ai nostri incontri e alle nostre tradizionali adunate.
Al cordoglio dell’intera Figec Cisal, a cui Mario Brunetti è sempre stato molto legato e molto vicino, si aggiunge quello della Redazione di Giornalisti Italia. (giornalistitalia.it)
Pino Nano