BARI – Chiunque, negli ultimi 60 anni, abbia intrapreso o cercato di intraprendere in Puglia l’attività di giornalista, ha avuto in Franco Chieco, morto martedì a Bari dopo una breve malattia, un punto di riferimento imprescindibile. Giornalista di razza e intransigente difensore dei diritti della categoria, nel sindacato come all’Ordine, in 97 anni di onorata esistenza, con lo stupefacente record di 77 anni di iscrizione all’Ordine dei Giornalisti, nell’albo dei professionisti (trovatemi in qualsiasi categoria professionale una simile anzianità…), è stato testimone dei cambiamenti del Belpaese e, in particolare, del Mezzogiorno.
Se da giovane ha vissuto gli anni sofferti del fascismo e la tragedia della guerra, da giornalista ha attraversato la Prima Repubblica, con le sue contraddizioni, e, seppure con un maggiore distacco dovuto all’età che avanzava inesorabile, la Seconda Repubblica, fino all’avvento della prima donna, Giorgia Meloni, a Palazzo Chigi.
Chi (quorum ego) ha avuto la fortuna di confrontarsi con lui in redazione, ha trovato in lui un maestro severo ma preciso, capace di insegnare grandi verità rimanendo sempre sul filo dell’ironia, di portare con il ragionamento i giovani colleghi a scoprire e correggere gli errori commessi.
Da rappresentante della categoria, dalla Fnsi all’Ordine, passando attraverso Inpgi e Casagit, è stato per decenni un “commesso viaggiatore”: andava a Roma, in treno o aereo, vi restava il tempo strettamente necessario per adempiere al suo dovere e poi tornava in fretta e furia a Bari, alla redazione centrale della Gazzetta del Mezzogiorno, per non fare mancare il suo contributo alla chiusura del giornale.
Notevole anche la sua produzione giornalistica: 5.000 articoli firmati, con una competenza che svariava dallo sport, suo primo amore, ala cronaca, dalla politica alla musica. Da giovane cronista, nell’immediato dopoguerra, riuscì a “imbucarsi” dietro le quinte del Teatro Petruzzelli per ascoltare le prove generali dell’orchestra sinfonica diretta da un mostro sacro come Herbert Von Karajan. E non è un caso che un altro mostro sacro della musica, il Maestro Riccardo Muti, abbia allietato il suo ultimo Natale con una telefonata di auguri.
In pensione da oltre 30 anni, Franco Chieco non ha mai accettato l’idea di essere un ex giornalista: anche se spesso i colleghi più giovani hanno trovato più comodo “rimuoverlo”, lui seguiva con un’attenzione maniacale la carta stampata e la televisione, chiedeva notizie su chi aveva scritto quel tale articolo o realizzato quell’altro servizio tv e per lui era motivo di rammarico dover ammettere di non conoscere la gran parte di loro. Le sue osservazioni, le sue critiche erano però sempre centrate: vista e udito potevano tradirlo, ma il cervello no.
Se ne è andato in punta di piedi, alla vigilia di un traguardo prestigioso come i 100 anni, che sarebbe stato tagliato nel migliore dei modi: ci lascia il suo rigore, la sua fine ironia, le sue mani pulite. E non è un’eredità da poco…
Alle figlie Bianca e Renata e alla famiglia tutta il cordoglio del Direttore e della Redazione di Giornalisti Italia. (giornalistitalia.it)
Amerigo De Peppo