ROMA – Piccolo di statura, ma grande nella vita e nel giornalismo. Un gigante. Ettore Mo, storico corrispondente e inviato di guerra, è morto a 91 anni. Come amava ricordare, era stato assunto al Corriere della Sera dopo aver sbarcato il lunario facendo i lavori più disparati: «sguattero e cameriere a Parigi e Stoccolma, barista nelle Isole della Manica, bibliotecario ad Amburgo, insegnante di francese (senza titolo) a Madrid, infermiere in un ospedale per incurabili a Londra e infine steward in prima classe su una nave della marina mercantile britannica». Un giorno, nel 1962, si era spontaneamente presentato al corrispondente di Londra del Corriere della Sera, Piero Ottone, che lo aveva fatto subito assumere nella sede londinese del quotidiano di via Solferino.
Nato a Borgomanero il 1º aprile 1932, giornalista professionista iscritto all’Ordine del Piemonte dal 1° maggio 1969. Al Corriere della Sera presto è stato chiamato a Roma, poi a Milano occupandosi per oltre dieci anni di musica e teatro fino al 1979, quando viene promosso inviato speciale dal direttore del Corriere, Franco Di Bella, che lo manda subito a Teheran per raccontare l’Iran dell’ayatollah Khomeini tornato al potere dopo l’esilio. Quindi, in Afghanistan, con i mezzi più disparati, finanche da clandestino travestito da mujaheddin. Ed ancora in Africa, Medio Oriente, nei Balcani, in Nicaragua, Messico, Liberia, Camboglia, Cuba… ovvero dove scoppiava un conflitto o una rivoluzione o si registrava una tensione meritevole di attenzione. Esperienze puntualmente trasformate in libri di successo consegnati alla storia.
Al Corriere della Sera, per oltre vent’anni, si è occupato di politica estera intervistando i principali protagonisti del XX secolo. A dispetto del giornalismo attuale, quello in mano ad editori che, invece di investire sul capitale umano, tagliano i posti di lavoro, Ettore Mo sottolineava che «per un giornalista l’importante è essere sul posto, vedere con i propri occhi, poter ascoltare dai testimoni diretti quanto è accaduto e poterlo riportare in prima persona».
Il Corriere della Sera ricorda che Ettore Mo è stato «uno dei pochi reporter occidentali ad incontrare il leader del neonato movimento di Hamas a Gaza quando vennero espulsi in Libano dal governo israeliano tra il 1992 e 1993. Rimase nelle loro tende nella terra di nessuno vicino al confine israeliano per 48 ore».
Lorenzo Cremonesi sul Corriere della Sera lo dipinge magistralmente: «Detestava i sotterfugi, le scorciatoie, i furbetti che dicono di essere arrivati prima sul luogo della storia e invece se la inventano di sana pianta aggiungendo di fantasia, copiando dalle agenzie comodamente seduti nelle camere di albergo.
Scriveva con i suoi ritmi, odiava la fretta dello scoop, ma poi, quando arrivava il suo articolo, capivi che era fatto di cose viste e vissute, condito di particolari inaspettati, magari contradditori, però veri, onesti, indubbiamente verificati di persona. E si arrabbiava quando in Direzione non ascoltavano le sue proposte, protestava a modo suo, irrompeva nella sala della riunione di redazione a sottolineare l’urgenza di andare, partire, recarsi sui posti per raccontare. Non gli importavano i soldi, le sue note spese erano sempre in ritardo e carenti, certamente non faceva “creste”, anzi, semmai metteva del suo, perché per lui il giornalismo e soprattutto il mestiere di inviato non era una professione come le altre, ma una sorta di missione, d’impegno totale e totalizzante al servizio del giornale, ma soprattutto del lettore e della necessità inderogabile di testimoniare… Amava raccontarsi, spesso accompagnato da un bicchiere di vino, che – diceva – lo aiutava a “sciogliersi”, a mettere in moto le ali della creatività».
Alla famiglia e ai colleghi del Corriere della Sera il cordoglio del Direttore e della Redazione di Giornalisti Italia. (giornalistitalia.it)