COSENZA – È morto questa notte in Calabria, nella sua casa di via Panebianco a Cosenza, dopo lunghi mesi di malattia, il giornalista Emanuele Giacoia. Aveva 93 anni. Con lui scompare un grande testimone del nostro tempo. La storia di Emanuele Giacoia è in fondo la storia del giornalismo calabrese, soprattutto del giornalismo radiotelevisivo, grande cronista sportivo, ma anche scrupolosissimo direttore del TG regionale, un vero testimone del nostro tempo.
Nato a Grassano (Matera) il 4 marzo 1929, era giornalista professionista iscritto all’Ordine della Calabria dal 15 giugno 1961. Pur non essendo lui calabrese, ma lucano di nascita e napoletano di adozione, cresciuto a Santa Maria Capua Vetere, alla fine Emanuele era diventato più calabrese di tutti noi, lasciando oggi a intere generazioni di giornalisti il ricordo vivo e palpabile non solo di un grande cronista, pioniere del giornalismo radiotelevisivo in Calabria, ma soprattutto di un uomo che ha sempre vissuto con i piedi per terra.
Rispettosissimo del suo pubblico, amatissimo dai suoi compagni di lavoro, rigorosissimo nel fare questo mestiere, amabile e avvolgente come nessun altro prima di lui, e soprattutto capace di fare il giornalista oltre che con la mente soprattutto con il cuore. Altri tempi, forse.
Tanta televisione alle spalle, tantissima radio in corpo, ma ricordo che Emanuele Giacoia, che per lunghi anni dopo l’avventura Rai era stato anche autorevolissimo direttore del Quotidiano del Sud, giornale per il quale Emanuele ha continuato fino a qualche anno fa a scrivere ancora i suoi corsivi dedicati in gran parte al mondo dello sport.
Nessuno meglio di Emanuele Giacoia avrebbe mai potuto ricostruire e raccontare meglio la nascita e la crescita della Rai in Calabria «quando per la prima volta – non faceva che ripetere – mise piede a Cosenza quello straordinario animale del giornalismo italiano che rispondeva al nome di Enrico Mascilli Migliorini».
Quando nel maggio del 1982 io e Gregorio Corigliano arrivammo per il nostro primo giorno di lavoro in Rai, ad accoglierci in via Montesanto trovammo proprio lui, Emanuele Giacoia. Erano gli anni di Gegè Greco, Franco Falvo, Franco Martelli, Lello Malito, Mimmo Nunnari, Vincenzo D’Atri, Franco Bruno, Tonino Raffa, Elio Fata, Enzo Arcuri, Maria Rosaria Gianni, Michele Gioia, Oloferne Carpino, Pino Greco, Cesare Passalacqua, Ugo Rendace, Tonino Arena, Cesare Viazzi.
Stavano per arrivare Pietro Melia, Pasqualino Pandullo, Anna Maria Terremoto, Santi Trimboli, Alfonso Samengo, Fabio Nicolò, Gennaro Cosentino, a Reggio Franco Cipriani, Giovanni Scarinci, Pino Anfuso, a Catanzaro Saverio Carino e Renato Mantelli, in segreteria Vittoria Martire, Tina Fava, Adriana Manna, Pino De Salvo, Giuseppe Nocito, Patrizia Campisani, subito dopo Francesca Pecora, Mario Tursi Prato, Peppino Figliuzzi. Su al quinto piano Sandro Passino, Maria Teresa Succurro, Rosalba Valentini, Carla Vertecchi, Tonino Serafini, Vincenzo Valle, Chiara Spadafora, Vera Lasagni, Maria Ceraudo, Maria Pulitano.
Al secondo piano c’erano i programmi, Antonio Minasi, Pupa Pisani, Maurizio Fusco, Igor Skofic, Olivia Coppola, Marcello Walter Bruno, Giampiero De Maria, Vito Teti, Anna Rosa Macri, Brunella Eugeni, Vincenzo Pesce, Vera Guagliardi, Roberto Salvia, Fausto Lucente, Ines Popolo. In portineria Mario Falcone, Pino Santoro, Rosina Brunetti, e negli studi al piano terra Mario Bucchieri, Pasquale Donato, Roberto De Napoli, Bruno Castagna, Mario Ricca, Mario Manna, Pietro Cantafio, Giovanni Piro, Tonino Perri, Arturo Donato, Ciccio Di Michele, Mimmo Marchese, Ciccio Mazzei, Pietro Bianco, Ciccio Lamanna, Ferdinando ed Enzo Biafora, Enzo Cuccaro, Giancarlo Geri, Claudio Poggi, De Marco, Cecè Pitrelli, Pino Musacco, Tonino Farina, Leo Borrello, i fratelli Perrotta, stava per arrivare Luigi Greco, al Miaf Enzo Pitascio, Tommaso Perri, Sergio Coslovic, Aristide Briganti.
Una generazione cresciuta formatasi e guidata da professionisti come Emanuele Giacoia, un mondo “meraviglioso” di uomini dettagli ricordi e avvenimenti che sono stati per mezzo secolo di vita la struttura portante del percorso professionale e della storia personale di Emanuele. Come anche della nostra, come quella di tutti noi insieme, insomma. Poi piano piano sono arrivati tutti gli altri, nuovi colleghi, nuove generazioni, nuove risorse e nuovo valore aggiunto alla vecchia tradizione del passato.
L’ultima festa che in privato gli avevamo fatto era stato per i suoi 90 anni. Novant’anni meravigliosamente portati, ancora straordinariamente rappresentati, orgogliosamente palesati, e che non erano soltanto la festa di compleanno di un grande telecronista sportivo come lui lo era stato, ma era soprattutto la festa di compleanno di un’intera generazione di radiocronisti e telecronisti, quelli di “Novantesimo minuto”, la trasmissione più popolare della Rai, che in quei giorni aveva appena compiuto i suoi primi 51 anni di messa in onda, e che grazie anche a cronisti come Emanuele Giacoia ha reso grande il nome e l’immagine della Rai nel mondo.
Per tanti anni ho avuto il privilegio e l’onore di stargli accanto, eravamo nella stessa stanza al terzo piano di via Montesanto, accanto a me Elio Fata, nella scrivania di fronte alla mia c’era Emanuele, e ricordo che io ed Elio vivevamo la sua vita di riflesso, per via delle mille telefonate che ogni giorno riceveva, e il fatto di stare con lui nella stessa stanza ci dava anche la possibilità di sapere in anticipo quale trasferta sportiva lo aspettava la domenica successiva.
I suoi compagni di viaggio, in tutti questi lunghi anni di radiocronache e telecronache sportive, sono stati davvero tanti, e il “grande vecchio”, come ormai in Calabria tutti lo chiamavano, li ricordava uno per uno, senza mai temere un calo di memoria, o peggio ancora un errore di sottovalutazione. Nicolò Carosio, Alfredo Provenzali, Enrico Ameri, Sandro Ciotti, Riccardo Cucchi, Claudio Ferretti, Ezio Luzzi, Piero Pasini, Enzo Foglianese, Gianfranco Pancani, Massimo Valentini, Tito Stagno, Carlo Sassi, Mario Giobbe, Ferruccio Gard.
Ma ancora: Nando Martellini, Bruno Pizzul, Alfredo Pigna, Giampiero Galeazzi, Claudio Icardi, Paolo Valenti, Giorgio Bubba, Lugi Necco, Ninì Talamo, Fabrizio Maffei, Beppe Viola, Andrea Boscione, Nico Sapio, Tonino Carino, Alfredo Pigna, Maurizio Losa, Italo Moretti, Luca Liguori, Italo Gagliano, Mario Gismondi, Adriano De Zan, Lello Bersani, Paolo Frajese, Marcello Giannini, Gianni Minà, Aldo Agroppi, Everardo Dalla Noce Arnaldo Verri, Nuccio Puleo, Cesare Viazzi, Mario Guerrini, Carlo Nesti, Cesare Castellotti, Livio Forma, fino ai più giovani, Tonino Raffa, Santino Trimboli, Antonio Lopez, Marco Civoli, una generazione di cronisti sportivi che hanno accompagnato con la loro voce, le loro cadenze, i loro tic personali e la loro simpatia milioni di italiani per almeno 50 anni di vita italiana.
Attenzione, però, Emanuele Giacoia non è stato soltanto un grande cronista sportivo della Tv di Stato. Per una certa fase della sua vita è stato anche il Capo della Redazione Giornalistica della Sede Rai della Calabria, interprete privilegiato e diretto delle tensioni e delle speranze del popolo calabrese di quegli anni ed è stato, soprattutto per la gente di Calabria, uno degli opinionisti più influenti e più autorevoli del suo tempo e del suo mondo, catapultato in Calabria quasi per scherzo dalla storica sede Rai di Napoli dove ancora ragazzo aveva incominciato a lavorare come semplice annunciatore. Chi l’avrebbe mai detto.
L’ultima festa tra di noi, dunque, a casa sua per i suoi 90 anni, in via Panebianco, di fronte alla sopraelevata, ma quale occasione migliore di questa per non fargli ancora qualche domanda?
– Direttore, se lo ricorda quel suo primo giorno in Calabria? E soprattutto, cosa è stata la Rai per lei?
«È stata davvero lunga la mia epopea giornalistica in Rai. Dall’inizio, fino al giorno della pensione, la Rai è stata la mia casa, e credo di avere avuto da questa azienda più di quanto io stesso potessi desiderare. Lo riconosco, fare poi il giornalista Rai in Calabria non è stato facile, soprattutto in passato, quando cioè questa regione sembrava enormemente complessa e lunga da percorrere. Penso alle strade, erano fatte solo di curve e tornanti, che riducevano la nostra vita ad un frappè. Si arrivava sbattuti, esausti, stanchi, dopo ore e ore di marcia. Da Cosenza a Catanzaro, passando per Rogliano e toccando Soveria Mannelli, si contavano 1867 curve diverse. Non è una battuta, erano esattamente 1867. Da Cosenza a Reggio Calabria servivano, invec,e dalle cinque alle sei ore di macchina. Ricordo che si sostava a Vibo per il cambio dei cavalli, noi dicevamo così, un caffè e due panini, poi si riprendeva il lungo viaggio. A Cosenza io divenni persino caporedattore, un lavoraccio ed una grande responsabilità che porto ancora sulla mia pelle. Oggi la sede è faraonica, ma non fatevi ingannare: se sentite qualcuno mugugnare, scalciare, strepitare contro l’Azienda, non preoccupatevi più di tanto. La Rai non la lascerà mai davvero nessuno».
– Altri tempi, Direttore…
«Oggi forse pochi sanno che la sede Rai calabrese vanta un record nazionale. È quello cioè di essere stata la prima sede Rai del dopoguerra. Solo più tardi, dopo Cosenza infatti, la Rai tenne a battesimo molte delle altre sue sedi regionali. Una per ogni regione. Dopo di noi, ricordo Potenza, Perugia, Pescara. E pochi sanno ancora che Il Corriere della Calabria, o il Gazzettino (come si dice ancora oggi), andava già in onda dalla sede Rai di Napoli, e questo accadeva ancora prima che venisse trasmesso Il Corriere della Campania. Altro primato storico. Io allora ero a Napoli. Capo redattore era Enrico Mascilli Migliorini.
In redazione, ricordo, affluivano le notizie che venivano inviate dai corrispondenti della Calabria. A Reggio avevamo dei colleghi molto bravi, Giuseppe Tassoni, Antonio La Tella, Franco Cipriani, Domenico Morace. Ma da Reggio Calabria arrivavano anche i servizi registrati di Ninì Talamo. Ricordo ancora perfettamente bene le buste del buon Ninì, legate con tanto di nastrino dentro, e alle 12.10 in punto, allora come oggi, ecco gli annunciatori correre a leggere i testi preparati dalla redazione napoletana del giornale radio. Ricordo, via etere, attraverso i ponti e i centri televisivi il Corriere veniva diffuso in tutta la Calabria.
Allora, era il 1957, più di quarant’anni fa, io ero annunciatore a cachet, venivo pagato a prestazione, una specie di lavoro a cottimo. La cosa mi faceva un po’ ridere, mi ricordava la pubblicità del cachet Fiat: sui cartelloni una specie di mago con tanto di tuba in testa e con un gesto delle mani un tantino provocatorio ed osceno propagandava appunto il cachet Fiat. Ma quando, a fine mese, andavo a ritirare la mia busta alla cassa trovavo la cosa meno ridicola e decisamente piacevole. Già a quei tempi quel poco che mi davano mi pareva una somma enorme. Incominciai da Napoli, dunque, a snocciolare le prime notizie sulla Calabria. Curiosità, fatti di cronaca, notizie, avvenimenti di una regione che allora mi pareva sonnacchiosa, tranquilla, bonacciona, tradizionale. I toni drammatici e preoccupati della Calabria di questi anni erano ancora assai lontani. Ricordo che mi incuriosivano i nomi di alcuni paesi, Longobucco, Papasidero, Acquaro, Serrastretta, Cosoleto, Africo e via dicendo. Mi chiedevo: Ma che accidenti di paesi saranno mai questi, con questi strani nomi?”»
– Direttore partiamo da quel lontano 12 dicembre 1958…
«Quel 11 dicembre di 40 anni fa al numero 25 di via Montesanto, al quinto piano di quel vecchio palazzo, in una Cosenza piovosa, c’ero anch’io. Ricordo che per mandare su al quinto piano autorità e invitati ci fu qualche problema per via di un improvviso blackout. Allora, quarant’anni fa, si diceva più semplicemente “è andata via la luce”. L’ascensore si fermò per qualche minuto, vai a capirne il perché.
La Rai preoccupatissima aveva fatto venire apposta un tecnico specializzato, un ascensorista. Ma questo non impedì che al pianterreno si vivessero momenti di panico generale. La maggior parte di noi si domandava: “Come facciamo ora a mandare su l’ingegner Rodinò, l’allora amministratore delegato della Rai?”, “E il vescovo mons. Aniello Calcara, poeta e pastore della Chiesa cosentina?”. Per fortuna il blackout durò poco. Come Dio volle la corrente elettrica tornò subito dopo, e nessuno di loro fu costretto a quei cinque piani a piedi. Per tutti noi, quel giorno, incominciava una straordinaria avventura».
– Direttore, ma come fa a ricordare tutto questo con perfetta lucidità? Sono passati 60 anni da quel giorno…
«Come potrei non ricordare? Vedi, quel primo giorno fu davvero un grande evento per tutti noi. Spesso e volentieri nel nostro essere giornalisti si fa uso ricorrente ad aggettivi esagerati, e lo si fa per qualunque argomento, anche il più banale, “planetario”, “mitico”, “la fine del mondo”, poi in realtà si sta seduti da MacDonald’s a mangiare un banalissimo panino freddo e magari anche senza nessun sapore speciale. Uso questa metafora per spiegare meglio che cosa rappresentò la nascita della Rai in Calabria. Quel 12 dicembre del 1958 fu davvero una giornata storica per il Paese, e lo fu soprattutto per la Calabria.
Il Corriere della Calabria, che fu il primo appuntamento radiofonico irradiato dalla sede Rai di Cosenza, fu in realtà il primo vero biglietto da visita che questa regione, dopo le tragedie delle alluvioni degli anni precedenti, potè offrire agli ascoltatori di tutta Italia. Furono tredici puntate in tutto, una più geniale e più accattivante dell’altra, che decretarono il successo nazionale della formula e dei conduttori, che eravamo io e Ninì Talamo, lui Ninì Talamo davvero bravissimo. Nessuno ha il coraggio di dirlo, ma 60 anni dopo, la lunga e affascinante storia della Rai in Calabria è ancora tutta da scrivere, e la fine è ancora tutta da scoprire e da raccontare».
– Quando Mascilli Migliorini la chiamò in Calabria, avrebbe mai immaginato di restarci poi per tutta la vita?
«No di certo. Anche se quando l’avvocato Mascilli Migliorini mi chiese di seguirlo in Calabria era chiaro che non si trattava di una gita fuori porta. L’avvocato mi stava proponendo l’assunzione nella nuova sede che stava per nascere a Cosenza. Accettai immediatamente, anche se della Calabria sapevo ben poco. Ricordo che allora, chissà perché? immaginavo che il capoluogo di regione fosse Reggio Calabria. Forse perché sui libri di testo, e sulle carte geografiche, il puntino che lo indicava era più evidente di quello che segnava Catanzaro e Cosenza. Sapevo qualche cosa della Sila, ma la immaginavo una località misteriosa. La conoscenza che avevo della regione dove mi sarei presto trasferito finiva lì, anche se a furia di leggere decine e decine di Gazzettini la mia cultura si era arricchita di quei nomi da Paese dei Balocchi. Ricordo Cinquefrondi, Brognaturo, Intavolata, Acquappesa, Castroregio, Spilinga, ma dove saranno mai? In Calabria arrivai un mese prima della inaugurazione ufficiale della sede. E il mio primo appuntamento ufficiale risale al novembre del 1958. Mi mandarono a Paola per un primo collegamento radiofonico con una trasmissione di Mike Bongiorno. Si chiamava Il Campanile d’oro: era una sfida tra comuni, che si combatteva a suon di quiz, riguardavano la storia locale, la geografia, la storia culinaria e le tradizioni di una località e di una regione d’Italia. Io, ricordo, curavo il collegamento con lo studio centrale di Roma dove c’era Mike Bongiorno, mentre da un altro comune d’Italia arrivavano le voci e i rumori del secondo paese in collegamento con la trasmissione.
Paola venne eliminata dal gioco, ma in seguito toccò a Bagnara. La città del pesce spada arrivò in finale, ma questa è un’altra storia ancora. Bene in quella occasione conobbi per la prima volta i tecnici calabresi che erano stati chiamati all’allestimento di questa prima trasmissione nazionale, Ciccarone, Esposito, e ultimo più giovane di tutti Roberto Salvia, di cui sarei poi diventato amico carissimo. Il giorno dopo la trasmissione mi portarono in macchina a Cosenza perché mi rendessi conto di quale sarebbe stato il mio nuovo posto di lavoro. Era novembre, pioveva, una giornata uggiosa, senza colore. Non ne fui entusiasta…».
Il vecchio Emanuele Giacoia quel giorno era attorniato dalla sua grande famiglia, un uomo tutto di un pezzo, avvolgente, ironico, istrionico, straordinariamente ed eternamente affabile, giornalista di razza, severo, scrupolosissimo, rispettoso della notizia, ma soprattutto un cronista alla vecchia maniera, profondamente rispettoso dei sentimenti e dell’umanità della gente che ha incontrato nella sua vita. Così lo si vedeva in televisione, ma così Emanuele è sempre stato per tutti noi nella vita di ogni giorno. Per me è stato, e rimarrà per sempre nella mia vita, un indimenticabile e meraviglioso Caporedattore. Credetemi, mai come nel suo caso personale, la televisione è stata così sincera e così reale, dando di lui prima alla radio e poi alla televisione l’immagine fiera di un grande romanziere delle immagini. Indimenticabile il timbro della sua voce, e la maniera con cui salutava il suo pubblico: «Dal vostro…Emanuele Giacoia».
Il vecchio Maestro anche quel giorno non aveva avuto dubbi, e sulla sua torta di compleanno aveva chiesto al figlio prediletto Riccardo che venisse scritta questa frase «Vi aspetto tra dieci anni, sempre qui!».
Dopo la sua lunga esperienza in Rai era stato per anni anche direttore del Quotidiano della Calabria. La sua morte è giorno di lutto per tutto il giornalismo calabrese e per tutta la Rai.
Gli sono accanto i figli Riccardo, Valerio, Sergio, Antonella, Arianna e i suoi nipotini a cui aveva dedicato gli ultimi anni della sua vita. A loro il più grande abbraccio del Direttore e della Redazione di Giornalisti Italia.
I funerali si svolgeranno a Cosenza domani, venerdì 19 agosto, alle ore 17 nella Chiesa di Santa Teresa.
Un uomo tutto di un pezzo, avvolgente, ironico, istrionico, straordinariamente ed eternamente affabile, giornalista di razza, cronista severo, scrupolosissimo, rispettoso della notizia, ma soprattutto un inviato alla vecchia maniera, profondamente rispettoso dei sentimenti e dell’umanità della gente che ha incontrato nel corso della sua vita. Così lo si vedeva in televisione quando lui ancora lavorava alla Rai, ma così Emanuele è sempre stato per tutti noi nella vita di ogni giorno. Per noi poi è stato, e rimarrà per sempre nella nostra vita, un indimenticabile e meraviglioso Direttore. (giornalistitalia.it)
Pino Nano
Se ne va un pezzo della mia gioventù.
Non solo un ottimo giornalista da cui apprendere come cercare e dare la notizia, ma una bella persona con cui trascorrere qualche momento insieme. Capitava così quando Emanuele realizzava i suoi servizi da Reggio. Giornalista e persona sensibile, di garbo e grande educazione; sempre elegante. Addio Emanuele: per Te ci sarà sempre un ricordo. Vicinanza a Riccardo ed ai familiari.
Affettuosamente vicino a Riccardo, amico, collega, complice. E ai suoi fratelli. Rip, Maestro.
Emanuele era Speciale. Un abbraccio ai figli che possono essere orgogliosi per sempre di un genitore come Emanuele. Il suo è stato un giornalismo colto signorile inimitabile. Ciao Emanuele.
Condoglianze
Accanto a Riccardo e Valerio. Buon viaggio, Emanuele.
Mi dispiace moltissimo! Una bella persona con una bellissima voce.
Un abbraccio a Riccardo e Valerio. Indimenticabile, unico, un cronista di razza, un gentleman del giornalismo, grande direttore, amico di tutti. Sono molto addolorato è affranto, addio Emanuele.
Un grande sul serio. Un abbraccio a Riccardo e a tutta la sua famiglia.
R.I.P.
Un caro saluto a Riccardo e alla famiglia. Il ricordo di Emanuele Giacoia, un grande maestro, rimarrà sempre nella storia del giornalismo… sentite condoglianze.
Buon viaggio Direttore. Un abbraccio a Riccardo e Valerio. Condoglianze alla famiglia.
R.I.P.
Avevo appena 20 anni e lui era il mio primo capo redattore, bei ricordi. Rip Emanuele.
Come amico, collega, decano del giornalismo calabrese, mancherai a tutti noi in maniera insostituibile. A Riccardo, Valerio, Sergio, Antonella e Arianna le mie più sentite condoglianze e un abbraccio fortissimo. Hai raggiunto la tua Petra che nella vita tanto hai amato. R.I.P.
Ho avuto il piacere di conoscere Emanuele alla fine degli anni Sessanta a Villa San Giovanni. Era venuto a fare un servizio per una partita di rugby. Mi fece una intervista radiofonica registrandola su un enorme registratore a bobina. Un Grande Uomo e un Grande Giornalista.Condoglianze alla famiglia.
Sei stato un grande giornalista ma, soprattutto, una persona perbene, buona, gentile. Non hai mai rimproverato, ma semmai corretto gli errori di qualche giovane collega. Con la tua storia professionale alle spalle, da caporedattore ti ho visto scendere le scale Rai di via Montesanto con le braccia cariche di videocassette per montare i servizi di colleghi lontani dalla sede. Al mio tentativo di rilievo rispondevi: anche questo è lavoro giornalistico. L’umiltà dei grandi!! Ti ricordo con grande affetto, più di quello che avevi per me.
Se n’è andato un Grande. Vicino a Riccardo. Riposi in pace.
Addio Emanuele. Un fratello maggiore. Riccardo, ti sono vicino. Condoglianze a tutti i familiari.
Ho sempre visto in Emanuele Giacoia un grande maestro di giornalismo e di vita. Sentite condoglianze a Riccardo, a Valerio e a tutta la famiglia. Ci ha lasciato un altro grande. Riposi in pace.
Buon viaggio maestro. Un abbraccio alla famiglia.
Che dolore! Riposa in pace.
La terra gli sia lieve.
Un abbraccio.
R.I.P.
Quando muore un Maestro, gli allievi non possono fare altro che cercare di mettere ancor più in pratica gli insegnamenti da lui ereditati. Affettuose condoglianze a Riccardo e a tutta la famiglia. Grazie Emanuele. Rip.
Un abbraccio grande
Un forte abbraccio a Riccardo.
Bellissimo ricordo di un grandissimo giornalista italiano. Condoglianze ai suoi figli, nipoti e amici veri. Rai e Rai Calabria dovranno ricordarlo per come merita.
Grande professionista.
Una voce inconfondibile, una capacità di racconto senza pari. Ha fatto tanta Tv diventando praticamente il volto della Calabria sui canali Rai nazionali. Ma era la radio la sua vera grande passione. Inviato di Tutto il calcio minuto per minuto. ha narrato le imprese del Catanzaro, ma anche di tante altre squadre in particolare del sud Italia. Ovunque era accolto con grandissima gioia, le sue origini campane non le tradiva mai pur con una dizione assolutamente perfetta. Emanuele Giacoia ha svolto tutti ruoli nella sua lunga e prestigiosa carriera dando sempre di sé innanzitutto un’immagine dio straordinaria persona e poi di insuperabile professionista.
Alla triste notizia ho pianto come un bambino. Ci sentivamo al telefono quasi tutti i giorni…due mesi fa l’ultima telefonata che non pensavo fosse veramente l’ultima. Mi sono preoccupato quando la sua telefonata mi è mancata la settimana prima dell’inizio del campionato di serie B. Ho pensato: fa troppo caldo preferisce rimanere ancora a riposo, ma non era cosi. Buon viaggio.
Sono nato e cresciuto con il tuo papà, caro Riccardo, una persona speciale che ha capito subito cosa potevo dare in termini qualitativi alla Rai. Ciao caro Emanuele