ROMA – La Piazza Rossa con sullo sfondo la cupola di San Basilio per gli spettatori italiani del secolo scorso era come una cartolina animata mentre in primo piano con il microfono in mano appariva Demetrio Volcic. Solo un’immagine da Mosca, un esempio tra i tanti che salgono alla memoria tra le corrispondenze del giornalista scomparso a Gorizia oggi a 90 anni, compiuti il 22 novembre scorso. Era giornalista professionista iscritto all’Ordine del Friuli Venezia Giulia dal 6 luglio 1958.
Un decano del servizio pubblico, un volto amato dai telespettatori ai quali affacciandosi dai televisori di allora per una ventina di anni dal Tg Rai aveva avvicinato mondi lontani non tanto per distanze quanto per accadimenti, il mondo dietro la Cortina di ferro nell’epoca dei blocchi.
Se ne va un giornalista che è stato modello insieme ad altri di quell’epoca, come Citterich, Barbato, Pastore, Selva, Orlando, una figura rispettatissima. Enrico Mentana lo ricorda commosso: «Quando cominciai a fare il giornalista, più di 40 anni fa, avevo un solo mito nell’informazione televisiva. Era Demetrio Volcic, che se ne è andato oggi. Ho avuto la fortuna di lavorare con lui e di essergli amico. Era ed è restato inarrivabile, dalla Primavera di Praga all’Urss tra Breznev e Gorbaciov, dalla Polonia di Walesa alla Germania di Schmidt e Kohl, Demetrio ha raccontato la storia mentre si dispiegava con la passione, la brillantezza e la cultura che ammiravamo. È stato un grande, per me il più grande, e lo piango con tutti quelli che lo hanno conosciuto e amato».
Parole toccanti che intrecciano il valore professionale di Volcic al momento storico: era in quei luoghi dove si faceva la storia, in prima linea, raccontando cosa accadeva, grande testimone del tempo e narratore, un maestro del dettaglio, dotato anche di grande ironia, oltre che di un’aria da gentiluomo di altri tempi.
Volcic aveva nel dna l’essere un uomo di confine, per nascita essendo nato a Lubiana da padre triestino e madre goriziana e per vocazione, raccontando da giornalista tutti quei fatti di sconfinamento che siano l’invasione della Cecoslovacchia o la Perestrojka o da super esperto, anzi da cremlinologo, le complesse vicende moscovite.
La famiglia si era trasferita in Slovenia durante il fascismo, per poi rientrare in Italia alcuni anni più tardi. Aveva vissuto in varie città, tra cui Vienna e Parigi. Entrò alla Rai a metà anni Cinquanta per poi esserne corrispondente dall’estero per oltre venti anni e direttore del Tg1. Ha tenuto al corrente gli italiani su quanto accadeva al di là della parte libera dell’Europa, in Unione Sovietica e in Paesi dell’Est fino al collasso di quei sistemi politici.
La Rai lo ha ricordato con gratitudine per questo e per il suo stile diffusamente «improntato a ricerca della verità e chiarezza», secondo le parole della presidente della Rai Marinella Soldi e l’amministratore delegato Carlo Fuortes. «Un punto di riferimento sui temi della politica internazionale», ha sottolineato l’Usigrai.
Volcic fu anche senatore venti anni fa circa eletto con il centrosinistra ed europarlamentare. Scrittore, aveva pubblicato numerosi libri di successo, – 1956. Krusciov contro Stalin, 1968. L’autunno di Praga, Mosca I giorni della fine, Il Piccolo Zar, Sarajevo. Quando la storia uccide, Est – l’ultimo dei quali uscito nel 2021, una sorta di collage di quanto aveva scritto in precedenza con capitoli inediti. Volcic lascia la moglie e un figlio, che vive a Mosca e una figlia che vive a Londra. (ansa)
Alessandra Magliaro