ROMA – Il giornalismo italiano perde uno dei suoi figli migliori. È morto Alfredo Pigna, storico telecronista sportivo della Rai e conduttore della Domenica Sportiva. Aveva 94 anni.
Nato a Napoli il 6 giugno 1926, orfano di guerra a 14 anni, era laureato in legge. Per mantenersi agli studi, all’Università di Napoli, fece lo scaricatore di porto e il camionista.
Giornalista professionista iscritto all’Ordine del Lazio dal 1 dicembre 1951, ha iniziato la carriera nella carta stampata, a Milano Sera, per poi passare al Corriere della Sera, al Corriere d’Informazione e alla Domenica del Corriere, il settimanale del quale fu anche vice direttore.
Grande amico di Dino Buzzati, con lui ha scritto la sceneggiatura del film “Il fischio al naso di Ugo Tognazzi” tratto da un racconto del celebre giornalista e scrittore bellunese. Sempre con Buzzati ha firmato la sceneggiatura de “Il Viaggio di G. Mastorna”, un progetto sempre sognato da Federico Fellini, ma mai realizzato.
Approdato in Rai ha cominciato occupandosi dello sci alpino, del quale ha narrato, tra l’altro, le epiche imprese della Valanga azzurra negli anni Settanta (Piero Gros, Gustav Thöni, Erwin Stricker, Helmuth Schmalzl, Tino Pietrogiovanna), di Paoletta Magoni e Alberto Tomba.
È stato, inoltre, uno degli inviati al Giro d’Italia di ciclismo e tra i primi cronisti della sfida di Azzurra all’America’s Cup di vela. Ha scritto diversi libri tra cui “Il Romanzo delle Olimpiadi”, “I padroni della Domenica”, “I Re dei Ring” e “Monaco ‘74”.
Nell’esprimere profondo cordoglio per la scomparsa del “giornalista poliedrico” Alfredo Pigna, il presidente Marcello Foa, l’amministratore delegato Fabrizio Salini, il Consiglio di Amministrazione e la Rai tutta ricordano che «è stato uno dei volti più noti dello sport in Rai, facendo entrare nella memoria collettiva del Paese racconti indelebili dello sport azzurro. La sua grande cultura, unita alla passione per la scrittura, lo aveva avvicinato anche alla sceneggiatura cinematografica. La sua voce rimarrà per sempre legata al ricordo delle più grandi emozioni sportive italiane».
In Rai sarebbe dovuto approdare nel 1954, da vincitore di concorso, ma all’epoca rifiutò preferendo rimanere al Corriere della Sera dove guadagnava il doppio dello stipendio rispetto al “minimo sindacale” che gli era stato offerto nel Servizio Pubblico. Una rinuncia che pagò cara, considerato che andò in pensione «senza aver mai avuto •– ricordava sempre – né un aumento di stipendio, né una promozione». (giornalistitalia.it)