È stato tesoriere dell’Ordine e del Sindacato della Calabria e fiduciario della Casagit

Addio al giornalista Vincenzo D’Atri, “il mostro”

Vincenzo D’Atri

COSENZA – Sono passati 39 anni da allora. Era il 24 maggio del 1982, ed era il giorno in cui io e Gregorio Corigliano arrivammo per la prima volta in Via Montesanto, in Rai, dove allora al terzo piano di questo enorme palazzo nel cuore di Cosenza città, c’era la redazione giornalistica. E la prima persona che incontrammo, quella mattina davanti alla porta dell’allora caporedattore Franco Falvo che ci stava aspettando, fu proprio Vincenzo DAtri.

Pino Nano

Da quel giorno non ci siamo mai più persi di vista. Abbiamo continuato a sentirci anche dopo, quando lui, andato ormai in pensione, passava di tanto in tanto a salutarci, sempre con lo stesso sorriso e la stessa amabilità che lo ha accompagnato fino a qualche mese prima che se ne andasse. Un uomo buono, questo era soprattutto Vincenzo. Sul piano professionale era, invece, molto di più. Conservo di lui il ricordo di un professionista davvero senza pari, giornalista sportivo completo, sempre attento, sempre molto documentato, informato come nessun altro in redazione, preciso, e soprattutto severissimo con sé stesso. Mai una caduta di stile, mai un errore, mai un refuso, mai un dettaglio non confermato dai fatti, padrone assoluto delle cronache sportive che la Rai mandava in onda in quegli anni. Ma forse, proprio per questo e non a caso, per tutti noi in redazione Vincenzo aveva un nomignolo che non è mai più riuscito a levarsi di dosso per il resto della sua vita. Lo chiamavamo “Il mostro”. Ma perché sul lavoro tale era.
Vincenzino aveva e dimostrava di avere una capacità produttiva fuori dall’immaginabile. Una vera e propria macchina da guerra sul lavoro. Alle otto del mattino lo trovavi nella sua stanza e al suo posto di lavoro, e alle otto della sera lo ritrovavi là dove lo avevi incontrato al mattino: Mi viene da sorridere se penso che quella stanza, che poi Vincenzo suo malgrado fu costretto a dividere e a condividere con Gregorio, era diventata nei fatti il suo studio personale, il suo angolo privato, il suo regno incontrastato e assoluto, giornali e inserti sportivi dappertutto e dovunque, strabordanti anche sulla scrivania che in teoria spettava a Gregorio. Ma guai a obiettare o a lamentarsi.
“Il mostro”, dunque, ma solo perché Vincenzo riusciva a fare mille cose diverse nello stesso tempo. Prima pensava al Gr delle 12.10, poi scriveva il suo pezzo sportivo per il Tg delle 14, poi pensava allo sport dell’indomani, intanto preparava il nuovo pezzo di aggiornamento per il Tg delle 19.30, e contemporaneamente organizzava nel corso della settimana il contenitore sportivo della domenica sera. E, sembra quasi incredibile, trovava anche il tempo per ricevere decine di persone diverse, ogni giorno. Lo faceva nelle sue molteplici funzioni. Come storico capo responsabile della redazione sportiva del nostro Tg, ma anche e soprattutto come tifoso sfegatato del Cosenza-Calcio. E poi ancora come consigliere dell’Ordine regionale dei Giornalisti, lui era il tesoriere dell’Ordine, e lo ricordo alle prese continue con i conti della corporazione, a cui doveva pensare solo lui e intuirete – data l’estrema delicatezza dell’incarico – con quanta attenzione lo facesse. E nell’ultima parte della sua vita da pensionato era anche il fiduciario della Casagit, la nostra Cassa Salute. Insomma, un angelo custode per molti di noi.
Da fuori lo cercava il mondo intero. Lui, negli anni ’80, era davvero uno dei giornalisti Rai più ricercati e più richiesti dal mondo esterno al palazzo di Via Montesanto. E il più delle volte, proprio per evitare di essere perseguitato nei momenti di maggiore pressione professionale, staccava materialmente l’apparecchio sistemato sul suo tavolo dalla presa della corrente, e altre volte faceva finta di non sentirlo, capacità questa che molti di noi, soprattutto i più giovani e gli ultimi arrivati, gli invidiammo per anni.
Sul piano più squisitamente personale e aziendale, Vincenzo credo sia stato uno dei cronisti e dei compagni di viaggio più amati dalla struttura interna di Via Montesanto. Lo era soprattutto dai colleghi degli altri reparti, penso ai tecnici di produzione, per esempio, che per tantissimi anni con lui hanno condiviso gli onori e gli oneri della pagina sportiva. Ma perché negarlo? Lo sport è una di quelle malattie e di quelle passioni che in una redazione accomuna letteralmente tutti, anche quelli che come me confesso non ha mai saputo dove lo sport fosse di casa. Un grande limite professionale per me, lo riconosco caro Vincenzo. Il fatto poi di essere, lui, in via Montesanto, il solo vero responsabile del nostro Tg sportivo che andava in onda la sera di domenica, questo equivaleva per me che allora ero conduttore del Tg ad una sorta di salvacondotto esclusivo. Nel senso che già solo questo, già la sua presenza fisica in redazione, insomma, bastava da sola ad evitarmi la nevrosi classica e caratteristica che si vive quotidianamente nelle salette di montaggio a ridosso del Tg.
Vincenzo riusciva a lavorare con estrema tranquillità sempre e comunque. Nessuno mai che gli ponesse, o gli frapponesse, un problema superfluo. Nessuno meglio di lui, allora, nelle salette di montaggio, riusciva a mietere tanti consensi e tanta complicità, situazioni in altre occasioni, con altri di noi, davvero difficili da registrare. “Il mostro”, ma solo perché aveva saputo imporre i suoi schemi di lavoro anche a chi come noi, come e me e come Gregorio che eravamo allora gli ultimi arrivati, non avevano ancora la minima idea di cosa fosse il giornalismo sportivo radiofonico, e poi quello televisivo, o peggio ancora di come si impaginasse una seria pagina sportiva. Ma forse, proprio per questo, mi piace ricordarlo (oggi che non c’è più) soprattutto come una icona di un giornalismo d’altri tempi, e che purtroppo non esiste più. È stato bello conoscerlo, e soprattutto lavorare con lui per così tanti lunghi anni insieme. (giornalistitalia.it)

Pino Nano

65 anni di giornalismo, domani i funerali a Cosenza

Nato a Castrovillari il 1 giugno 1931, era il decano dei giornalisti calabresi. Iscritto nell’elenco professionisti dal 1 settembre 1956, era infatti, il più anziano d’iscrizione all’Ordine dei giornalisti della Calabria. In pensione dal 1 aprile 1997, ha lavorato dal 1967 al 1970 alla Gazzetta del Sud, con la quale ha collaborato fino al 1973. Assunto in Rai nel 1972, dopo alcune sostituzioni iniziate nel 1970, ha inoltre collaborato dal 1974 al marzo 1997 con l’Ansa.
Attivamente impegnato negli istituti di categoria dei giornalisti, è stato tesoriere dell’Ordine dei giornalisti della Calabria, con Raffaele Nicolò presidente, dalla costituzione nel 1975 al 2003. Nel Sindacato Giornalisti della Calabria, costituito nel 1974, è stato tesoriere dal 1974 al 1976, consigliere dal 1976 al 1983, vicesegretario dal 1984 al 1991, consigliere dal 1991 al 2000. È stato anche delegato all’Assemblea nazionale della Casagit e fiduciario per la Calabria dal 1997 al 2009.
Vincenzo D’Atri lascia le figlie Rosa, Gabriella (collega della Tgr Rai Calabria), Alessandra e Roberta (colleghe pubbliciste). I funerali saranno celebrati domani, sabato 26 giugno, alle ore 16.30 nella chiesa di Sant’Aniello, in via Panebianco a Cosenza.
Alle figlie ed alla famiglia tutta il commosso abbraccio del Direttore e della Redazione di Giornalisti Italia. (giornalistitalia.it)

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